Cap.7 Fuoco che arde

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MICHAEL

Oh oh. Spring- summer collection. Abbiamo tra le mani la prima bozza della collezione primavera- estate e ora capisco il perché dell'espressione di Janette. È tanta, tanta, roba. E sicuramente non ti aspetti di ricevere un compito così importante il primo giorno di lavoro. Ma il tempo è denaro e noi non possiamo perderne. La guardo sottecchi, cercando di passare inosservato. Massaggia il collo con una mano mentre porta una penna alla bocca con l'altra. Mangiucchia appena il tappo, immersa completamente nei suoi pensieri. È tesa. Posso immaginare lo strato di sudore che accarezza la sua pelle ora; non ho bisogno di toccarla per sentirla. Anche se... anche se nulla.

«Allora J, come ci muoviamo?», chiedo improvvisamente, attirando l'attenzione di tutti.

Lei alza lo sguardo nella mia direzione. Molla la penna sul tavolo e assume una posizione composta, inchiodando lo sguardo nel mio.

«Janette, intanto», m'istruisce acida, «devo valutare meglio il tutto. Ti dirò non appena avrò fatto». Continua a fissarmi con quello sguardo attento e indagatore. Detesto che riesca a muovere qualcosa dentro di me. Non so bene cosa. Ma lo fa.

«E noi nel frattempo pettiniamo le bambole?», rispondo a tono, sfidandola.

Sbuffa, alzando gli occhi al cielo.

«Fai un po' come ti pare. Per me puoi anche pettinare l'ego smisurato che ti ritrovi, purché tu non interferisca nel mio lavoro», mi ammonisce.

Curtis sorride a quella battuta per niente pensata e io accuso il colpo. Farmi mettere in imbarazzo da lei davanti a tutti non mi piace.

«Altrimenti? Cosa succede se il mio ego smisurato sfiora la tua fantastica testolina?», continuo a punzecchiarla, cercando di recuperare terreno. I colleghi ci fissano con un'espressione che è un misto tra divertimento e terrore.

«Altrimenti troverò qualcun altro che possa rimpiazzarti. Non sei la mia priorità, posso fare a meno di te».

Curtis strabuzza gli occhi. Cosa diavolo sta dicendo questa matta? Non è lei che prende le decisioni qui. Mi sposto in avanti sul tavolo, poggiando i gomiti su di esso. Intreccio le mani e sono a un passo dal risponderle quando il capo prende la parola, impedendomelo.

«Ok, va bene. Per oggi può bastare. Tornate pure al vostro lavoro, ci aggiorniamo più tardi».

Janette è la prima che si alza, fiondandosi fuori dalla sala. La raggiungo, bloccandola per un braccio.

«Sei forse impazzita?», stringo leggermente la presa, obbligandola ad alzare lo sguardo nella mia direzione.

Il mio petto sfrega contro il suo, scatenandomi un leggero brivido lungo la schiena. Percepisco il respiro veloce di lei su tutto il mio corpo.

«Mollami», ordina. La evito. «Hai voluto tu tutto questo, non stupirti di ciò», conclude, strattonandomi e uscendo dalla mia presa.

«Sei tu che hai invaso il mio spazio, non il contrario», ringhio.

«Per quel che so, tu sei un account manager e io un brand manager. Chi ha invaso chi?», mi rimbecca.

Resto in silenzio, fissandola. Il suo seno fa su e giù mentre quella lingua tagliente inumidisce il suo labbro inferiore. La tensione nell'aria è quasi palpabile, sento di aver trovato il bersaglio giusto da martellare durante le ore di lavoro. È un cazzo di fuoco che cammina. E io sono la benzina. Farle perdere il posto sarà ancora più facile.

«Ci vediamo in giro, J», scandisco l'iniziale del suo nome, soddisfatto.

Mi volta le spalle e torna a camminare verso il suo ufficio, adirata.

Colpita e affondata.

Afferro il telefono e scrivo un sms a Chase.

M.M: Cenetta per le ventuno? Ho bisogno di parlarti di una cosa.

La risposta positiva di Chase non tarda ad arrivare.

Sorrido soddisfatto mentre faccio roteare il telefono in una mano. Sarà dannatamente divertente.

JANETTE

Un inferno. Un dannato inferno. La primadonna dell'azienda ha deciso di mettermi i bastoni tra le ruote. Un cazzo di adulto che si comporta come un bambino. Sono nera. Non riesco a concentrarmi e tutto ciò che guardo è lo schermo del computer che sembra implorare pietà. Ticchetto l'indice sul mouse in preda ai nervi. Alzo lo sguardo nella direzione dell'ufficio di Michael e il vuoto totale invade il mio stomaco. Dov'è finito? Non mi spiego il perché di tanta curiosità. Tuttavia, mi interessa. Afferro una caramellina dal mio kit di sopravvivenza e mi lascio andare a un minuto di relax, sprofondando sulla sedia in pelle che coccola la mia schiena ora. Sembra che abbia camminato per giorni interi nel deserto talmente i miei nervi sono tesi. Ho bisogno di un massaggio, decisamente.

«Ehi Jan, ti andrebbe di cenare con noi stasera?»

La voce di Maddy mi fa rinsavire, portandomi nuovamente alla realtà. Cena tra colleghi già il primo giorno? Perché no. Magari mi aiuterà a sbloccarmi e non mi lascerà pensare a quell'idiota di Michael.

«Sì, certo», le sorrido. «A casa o al ristorante?», chiedo curiosa. Se la risposta sarà casa, dovrò comprare un pensierino di ringraziamento. Se sarà ristorante, potrò fare con calma.

«Ti aspetto al Peak per le ventuno», dice, uscendo dall'ufficio. «Ah, Michael non ci sarà, tranquilla», conclude rientrando dentro con la testa, scoccandomi un occhiolino dalla dubbia interpretazione.

Le sorrido. Era tutto quello che volevo sapere.


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