JANETTE
L'ufficio stamattina è in fermento. I miei colleghi corrono da un lato all'altro, spaesati e in preda al panico. Mi guardo intorno, attonita. Cosa diavolo sta succedendo?
Cerco con lo sguardo Jordan ma di lui non c'è traccia così come non c'è traccia di Michael. Un brutto presentimento si sta facendo strada nel mio petto. Cammino a passo spedito verso il mio ufficio quando intravedo la porta della stanza di Curtis leggermente aperta. Mi blocco istintivamente, contando fino a dieci prima di entrare. Voci ovattate provengono dall'interno; distinguo bene quella di Michael ma fatico a riconoscere le altre.
«Ok, vediamo cosa sta succedendo», bisbiglio, facendomi coraggio.
Una volta spalancata la porta, lo spettacolo che mi ritrovo davanti è alquanto raccapricciante: Michael, Jordan, Maddy e Georgette accerchiano la scrivania. Non riesco a vedere chi siede dietro di essa. Cammino a passo lento, deglutendo più volte per illudere il senso di nausea che invade il mio stomaco; le sensazioni provate non sono per niente buone.
«Ciao», dico, attirando i loro sguardi su di me, «che succede?»
I ragazzi continuano a fissarmi mantenendo uno strano silenzio. Di tutti, quello che più mi preoccupa è proprio Michael; sguardo spento, umore sotto ai piedi, corpo rigido. C'è qualcosa che non va e per assurdo, non vogliono che io sappia.
«Allora?», insisto, «Jordan?», richiamo la sua attenzione, avvicinandomi a lui.
«Ecco», bisbiglia, «C- C-Curtis», balbetta, «si è sentito male».
Cosa?
Strabuzzo gli occhi, sconvolta.
«Cosa diavolo vuol dire?», impreco, alzando di un tono la voce.
Michael sospira, raggiungendo la vetrata che dà sulla città. Si perde con lo sguardo aldilà del cielo, come se stesse riflettendo su qualcosa. La sua preoccupazione è evidente a tutti, me compresa. Non credo di averlo mai visto in questo stato prima d'ora. E pensare che come una stupida ho anche messo su il broncio stamattina.
«Curtis è malato da tempo», la voce di Michael è incrinata, «non voleva farci preoccupare, ecco perché nessuno di noi ne era al corrente. Stanotte si è sentito male di colpo e ora è in ospedale, non abbiamo ancora avuto sue notizie», conclude, mantenendo lo sguardo fisso sul panorama.
Un cratere si è formato all'altezza del mio petto. Curtis è malato da tempo. E nessuno di noi se ne è reso conto. Sospettavo ci fosse qualcosa che non andava; il suo pallore, i vestiti troppo larghi, la tuta indossata durante una riunione. Ma non pensavo che potesse essere questo.
«Io non...», le parole mi muoiono in bocca.
Qualsiasi parola ora sarebbe superflua.
«Dobbiamo solo pregare affinché tutto si risolva», la voce di Maddy è quasi un sussurro.
«Curtis è un uomo forte», la interrompe Jordan, «ce la farà sicuramente»
«Già», concordo con lui, «andrà tutto bene».
Le lacrime inondano il suo viso, rigandolo; Maddy si spiega su sé stessa mentre, singhiozzando, sbiascica parole senza senso. Jordan corre in suo soccorso, accovacciandosi ai suoi piedi e accarezzandole il capo. In tutto ciò, Michael è rimasto nella sua posizione; fermo e statuario, con la mente altrove, distaccato da tutto e tutti. Mi avvicino lentamente a lui, affiancandolo; per una manciata di secondi l'osservo, volgendo poi lo sguardo sul panorama a mia volta.
«Mi dispiace tanto», sussurro, «se solo avessi saputo...»
«Non avresti potuto fare comunque nulla», m'interrompe lui, serrando la mascella.
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(UN)fortunately we are in love
Literatura FemininaJanette Jensen ha trent'anni e per la prima volta in vita sua da quando si è laureata in economia e marketing, è stata contattata per lavorare in una delle più prestigiose aziende di Manhattan: la Royals & Fashion. Michael Moore ha trentatré anni, u...