Cap.22 Caccia o verrai cacciato

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TW: riferimenti sessuali espliciti, linguaggio esplicito.

MICHAEL

È quasi sera, ormai. Io e J ci siamo fatti prendere un po' troppo dal lavoro, non ci siamo fermati un attimo. Non metto qualcosa nello stomaco da stamattina e inizio a risentirne. Tuttavia, la mia compagna di avventure sembra non accusare nessun tipo di colpo. Sorseggia il suo decimo caffè della giornata con una nonchalance che quasi le invidio. Ha raccolto i capelli in una coda morbida, rendendo così vulnerabile il suo collo ai miei occhi. Se mi soffermo a guardarla più del dovuto, il mio cervello si impalla. Così, mi sono autoimposto di lavorare a testa bassa per tutto il tempo necessario, approfittandone di tanto in tanto solo nelle pause.

«Possiamo ordinare qualcosa d'asporto? Sto morendo di fame», brontolo, girando sulla sedia e lanciando in aria un aeroplanino di carta.

«Smettila di giocare e concentrati», mi ammonisce subito lei, categorica.

Sbuffo. È così pignola ed è una vera testa dura quando ci si mette. Da quando Curtis le ha detto che lavoreremo con la White Enterprise, sembra abbia messo il turbo. È come se non esistesse altro se non la collezione e sì, questo è un bene; ma finirà per diventare esaurita se non si concede una pausa.

«Basta», dico, chiudendole il monitor con uno scatto fugace.

«Sei scemo o cosa?», urla in preda al panico.

«Cosa», la schernisco, «non l'ho spento, comunque. Hai bisogno di una pausa, abbiamo anzi. Forza», mi alzo e l'invito a fare lo stesso.

«Non mi alzo da qui nemmeno sotto tortura», impunta i piedi, stringendo l'angolo della scrivania con le mani.

«Conto fino a tre», mi avvicino maggiormente.

«Per fare cosa?»

«Uno...»

Janette inarca un sopracciglio. Le sue labbra si schiudono appena mentre il suo naso si arriccia in una buffa espressione. Adoro quando perde il controllo.

«Due...», continuo, avvicinandomi ancora.

«La smetti? Non hai più due anni da un pezzo», mi ammonisce seria.

«Tre!», con uno scatto faccio girare la sua sedia e l'afferro lungo le gambe, caricandomela sulle spalle come fanno i pompieri nei film.

«Mettimi giù!», schiamazza, colpendomi con leggeri pugnetti sulle spalle.

Scoppio a ridere, divertito.

«È solletico quello che sento?»

«Stronzo!»

Janette pesa meno di quanto pensassi il che è un gran aiuto, soprattutto vista la sua testardaggine. Si dimena come un pesciolino nell'Oceano, speranzosa di non finire nelle grinfie dello squalo cattivo. Che poi, a ben vedere, non ho mai capito perché si dipinga sempre lo squalo come il cattivo della situazione; semplice catena alimentare, si caccia da sempre. Cosa dovrebbe cambiare se a farlo è un pesciolino o uno squalo? Spero di cacciare e non di essere cacciato.

Le sue gambe toniche attirano la mia attenzione; le ha incrociate, tirandole su abbastanza da far scostare la minigonna che senza ombra di dubbio non ha scelto lei. Se è stato Jordan, gliene sarò grato a vita. L'istinto mi dice di poggiare una mano sulla sua coscia per poi farla risalire lentamente, molto lentamente, fino al suo inguine. La ragione mi costringe a tenerle a bada quelle mani, se non voglio che la mia collega mi decapiti tra qualche minuto.

Percorro i corridoi con un passo degno di un bradipo. Janette sembra essersi arresa; non si dimena più, non oppone resistenza. La sua testa si poggia dolcemente alla mia, solleticando il mio orecchio con le ciocche ribelli della sua coda. Il calore improvviso scatena una scossa di adrenalina lungo la mia schiena; sento un fuoco pervadermi tutto. Porto anche l'altro braccio attorno a lei, cingendola lungo le spalle e portando "a sedere" le sue chiappe sul mio avambraccio. Irradia un calore tale che potrebbe riscaldare l'intero globo per i prossimi trecent'anni. Ne sono certo. A meno che qualcosa non stia andando a fuoco in questa stanza ora, il fuoco è lei.

(UN)fortunately we are in loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora