Cap.51 Tormento

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JANETTE

Continuo a pensare al messaggio che ho ricevuto.

L'ansia mi fa rabbrividire, costringendomi a serrare le gambe. Mi sposto nervosamente sul sedile, incapace di trovare una posizione comoda. La sento. Sento come si sta impossessando del mio corpo, impedendomi di reagire come vorrei e come dovrei. Ho trent'anni, cazzo. Non sono più una ragazzina. Eppure, le sto permettendo di manipolarmi a suo piacimento, evitando di agire razionalmente.

«Mi stai torturando», il suo tono pacato riempie l'abitacolo.

Sento il cuore fermarsi nel petto; intreccio le mani sul grembo e aspetto pazientemente che le gambe cessino di tremare.

«Scusa?»

«Il tuo muoverti continuamente mi sta innervosendo», continua, questa volta con tono più duro.

«Scusami tanto, eh! Avresti anche potuto evitare di accompagnarmi», lo rimbecco, acidula.

«Non fare la stronza con me, Jensen. Caschi male», ribatte allo stesso modo.

Mi volto nella sua direzione, furiosa. Michael guida con la mano destra mentre il braccio sinistro è poggiato all'altezza del finestrino; stuzzica le sue labbra massaggiandole appena, ha lo sguardo fisso sul traffico. Non riesco a decifrare la sua espressione e inspiegabilmente, come se un temporale d'acqua ghiacciata fosse precipitato su di me, mi tranquillizzo. Respiro a fondo, contando fino a dieci e permettendo alla me interiore di metabolizzare i miei pensieri senza sputarli addosso al mio sfortunato collega di lavoro.

«Da quando ti rivolgi a me utilizzando il mio cognome?»

«Da quando hai bisogno di essere ripresa come una liceale che disturba la classe dall'ultimo banco», si blocca davanti al semaforo rosso, mantenendo lo sguardo sulla carreggiata.

Sospiro sonoramente. Mi sistemo meglio sul sedile, portando una gamba sotto l'altra e poggiandomi con la spalla allo schienale. La camicia sale adagio lungo le cosce, scoprendole quanto basta per attirare l'attenzione di Michael che, silenzioso e con sguardo infuocato, percorre ogni centimetro di pelle scoperta.

Schiarisce la voce, tossicchiando e tornando con l'attenzione sulla strada. Preme sull'acceleratore ma anziché aumentare la velocità, rallenta.

«Di questo passo arriveremo in ritardo», gli faccio notare, mantenendo lo sguardo fisso sul suo profilo. Barba curata, capelli più lunghi del solito, mascella pronunciata quanto basta, piccole rughe d'espressione contornano i suoi occhi.

«Dovresti fare un po' di skincare, sai?», azzardo, mantenendo viva una conversazione morta da almeno cinque minuti.

Michael accenna un sorriso che reprime quasi subito.

«Perché mai? La mia pelle non ha nulla che non va».

Janette 1- Michael 0. Colpirlo nell'orgoglio è sempre la mossa vincente.

«Tesoro, è evidente che tu non ti sia guardato allo specchio stamattina», continuo a punzecchiarlo mentre lascio vagare il mio sguardo alla ricerca di un dettaglio, anche il più piccolo.

«Hai ragione», ribatte con tono sicuro, troppo sicuro. «Preferisco guardare il riflesso di entrambi nel mio specchio, non solo il mio. Tu inginocchiata mentre stai divinamente in silenzio».

Le guance mi si colorano velocemente al ricordo. Bastardo.

«Occhio a quello che desideri, potrebbe accadere il contrario. Tu inginocchiato in religioso silenzio», ribatto, cercando di celare la vergogna dietro un finto tono sfacciato.

(UN)fortunately we are in loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora