Cap.57 D.T. M.

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MICHAEL

Continuo a guidare lungo la carreggiata semivuota mentre, di tanto in tanto, lancio occhiate alla mia compagna di viaggio addormentata. Ha il capo reclinato leggermente, la mia giacca le copre il petto e parte delle cosce, i suoi capelli cadono morbidi su un lato mentre la sua boccuccia arrossata è schiusa tanto da permettermi di sentire il suo respiro calmo.

Sorrido mentre con il braccio poggiato alla portiera, massaggio il mio labbro inferiore. Janette non ci è andata giù leggera; mi ha torturato tanto quanto io ho torturato lei. Mi piace sentire la pelle morbida leggermente spaccata, il sapore amaro del sangue che delicatamente inebria le mie papille gustative. Mi piace sentire che lei c'è ancora, nonostante le sue labbra non siano fisicamente poggiate sulle mie.

E ci sarà anche domani, quando la prima cosa che farò sarà stringerla al mio petto nel mio letto; ci sarà anche quando le farò trovare il suo caffè doppio con cannella nell'ufficio o quando la farò uscire nell'aria fumatori con una scusa, solo per poterla baciare e per poter respirare nuovamente. Cosa ne è del vecchio Michael? Dove sei finito, amico mio? Non ricordo di essermi mai sentito così prima d'ora. Che diavolo di sortilegio mi ha fatto la strega seduta al mio fianco?

«Janette, siamo arrivati», sussurro, slacciando la sua cintura delicatamente.

«Mm», mugugna muovendo la bocca goffamente.

Mi fa sorridere, tanto. Sembra una bambina addormentata in uno di quei boschi fatati. Ha le guance rosse, una ciocca sfiora le sue labbra, solleticandola al punto tale da farla sbuffare. Ma lei torna nello stesso punto, insistente. Delicatamente, la porto dietro al suo orecchio, avvicinandomi maggiormente al suo viso. Inspiro ancora una volta il suo profumo, come se non potessi farne a meno.

«Siamo a casa, svegliati», sussurro, baciandole candidamente la guancia.

Di tutta risposta, la vedo rannicchiarsi sul sedile, dandomi completamente le spalle.

«E va bene», borbotto a bassa voce, scendendo dall'auto.

Apro la sua portiera, assicurandomi che non si sbilanci e finisca al suolo. L'afferro tra le braccia, portandola su con uno scatto e attirandola maggiormente al mio petto. Le sue gambe penzolano dal lato mentre la sento sistemarsi meglio nell'incavo tra la mia clavicola e il mio collo. Il suo corpo è un calorifero, nonostante la pelle sia più svestita che altro. Affondo dolcemente le mie dita nella carne delle sue gambe e mi incammino verso l'ascensore. Se non fosse che abito al settimo piano, l'avrei portata volentieri su così. Pigio il tasto con un dito e mi blocco in attesa che arrivi; Janette si muove leggermente, adagiandosi meglio. Le sue labbra soffici sfiorano per una manciata di secondi il mio collo, scatenandomi una serie di vibrazioni per tutto il corpo. Il solo contatto, seppur fugace, mi manda fuori di testa.

Non pensarci, Michael. Impara a tenerlo a bada o sarò impossibile anche solo respirare la sua stessa aria di questo passo.

Ma nonostante io mi sforzi, le emozioni prendono il sopravvento, spingendomi a sorridere come un'idiota mentre guardo il mio riflesso nello specchio dell'ascensore. Lei che dorme tra le mie braccia mentre io la stringo forte, spaventato che possa svegliarsi da questo "sogno" e possa scappare via. Via da me, da tutto quello che stiamo costruendo, via dalla felicità.

Janette non è una donna semplice, non lo è mai stata. È fuoco, dinamite, calamità. Le peggiori calamità, aggiungerei. Non ama che le si parli con un tono di voce alto, non ama che le si dica cosa fare e quando farlo, non ama stare sotto i riflettori ma non si rende conto che la luce più potente è proprio la sua. È forte, indipendente, audace. Ma allo stesso tempo, ho come l'impressione che sotto la corazza della donna guerriera ci sia molto di più. Qualcosa che sto imparando a conoscere piano piano, qualcosa che non voglio assolutamente perdermi.

(UN)fortunately we are in loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora