Cap.53 Round 1

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MICHAEL

Michael e le pessime idee: connubio perfetto.

Ho davvero portato un paio di guantoni in più per permetterle di allenarsi con me? Ovviamente no. Sono uscito per comprarli? Assolutamente sì. Non so cosa mi abbia spinto a considerare seriamente la mia proposta ma voglio assolutamente farlo; voglio insegnarle a difendersi da sola più di quanto già non sappia fare, voglio che riacquisti fiducia in sé stessa e più di ogni altra cosa, voglio stabilire un contatto diretto con la sua anima prima ancora che con il suo corpo. Janette ha bisogno di questo e io ho bisogno di sapere che lei si fida. Non mi importa cosa pensano gli altri di me; mi importa cosa pensa lei. E farò di tutto affinché ne valga la pena per lei. Non ho idea di quando io abbia sviluppato questa consapevolezza ma ora ne ho bisogno.

«Eccomi qui, puntuale», la sua voce mi travolge da dietro, costringendomi a voltarmi nella sua direzione.

Il bendaggio che stavo arrotolando attorno alla mano cade sul pavimento. Se non fosse che ho imparato a mantenere un certo contegno, la mascella avrebbe fatto lo stesso. Metaforicamente parlando, ovviamente. Indossa un completo bianco che le dona un'aria angelica; il top fascia alla perfezione il seno prosperoso che, quasi come se mi stesse implorando di liberarlo da quella morsa, ondeggia vistosamente sotto al mio sguardo attento. Le gambe toniche sono coperte da un leggins dello stesso tessuto del top; leggins che dovrebbe essere illegale in ogni fottuto Stato di questo pianeta se indossato da questa donna. Più il mio sguardo saetta sul suo corpo, più il mio amico lì sotto scalpita per uscire fuori. È dura. In tutti i sensi.

«Aspetta che la raccolgo», si abbassa velocemente con uno scatto, attirando la mia attenzione.

«Cosa?», chiedo confuso, seguendo ogni singolo movimento.

«La bava che sta uscendo dalla tua bocca», mi rimbecca divertita.

«Simpatica come sempre», sbuffo, raccogliendo il bendaggio, «è meglio che tu ti dia una mossa con queste», continuo, porgendole un paio di bende.

Janette corruga la fronte. Il suo sguardo saetta sui bendaggi prima, su di me poi. Ne srotola uno, imitando i miei movimenti. È impacciata, non ha la più pallida idea di quello che sta facendo e non prova nemmeno a nasconderlo. Se c'è una cosa che più apprezzo di lei, beh, quella è la sincerità.

«Che disastro», borbotto, osservandola.

Ha combinato davvero un disastro. Non ha fasciato il polso, a malapena è riuscita a coprire le nocche e probabilmente ha stretto troppo, lo vedo dall'impossibilità di ruotare il polso.

«La fai facile tu», risponde a tono, leggermente risentita.

«Lascia fare a me».

Mi avvicino, portando la sua mano nella mia. Janette sussulta appena; faccio lo stesso quando il calore della sua mano penetra nella mia. Infilo il cappio nel pollice, lentamente; procedo allo stesso ritmo, indugiando un po' troppo sul suo palmo aperto. Lo accarezzo, stringo leggermente la presa, guadagno un gemito in tutta risposta. Impunto i miei occhi nei suoi e per uno strano motivo che ignoro, sembra che anche l'aria si sia surriscaldata.

«Smettila di guardarmi così», bisbiglia.

«Così come?»

«Come uno che vorrebbe legare le mie mani per motivi diversi», arrossisce, «ti stai divertendo, eh?»

«Preferirei divertirmi diversamente», chiudo la fasciatura sulla mano destra.

Lo sguardo di Janette si spegne improvvisamente; sembra che abbia voglia di scappare da qui. Una strana ansia monta nel mio petto, costringendomi a stringere maggiormente la presa sulla sua mano.

(UN)fortunately we are in loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora