Disclaimer: il capitolo contiene scene esplicite. Come avrete capito, questo romanzo ha una piega "leggermente" piccante. Domare la personalità di Michael è alquanto impossibile quindi vi chiedo di leggere senza giudicare. Godetevi il tutto. Grazie. :)
MICHAEL
Penetra un silenzio assordante dalle pareti. La camera di Janette e Chase sembra essere vuota o quantomeno, stanno facendo tutto in modo troppo silenzioso. Mi chiedo se quel profumo permei nell'aria in questo momento; la voglia di scoprirlo è tanta. Tantissima. Non sono mai entrato in competizione con Chase prima d'ora ma è come se sentissi il bisogno di scoprire se anche lui ne è capace. Non so definirlo, onestamente. So solo che non ho bisogno di tuffarmi tra le sue gambe per percepirlo. Il solo pensiero mi stuzzica a tal punto da averlo nuovamente in tensione. Marion dorme distesa sul lato. È una bella donna ma non è nulla di particolare, a guardarla meglio. Il biondo finto dei suoi capelli quasi mi innervosisce. Possibile che io attiri donne esteticamente uguali? Mai una novità. Sbuffo, eliminando il senso di disagio. Non voglio rovinare il terzo round. Mi avvicino a lei, appoggiandole il membro all'altezza dello stomaco. I suoi seni marchiati le ricorderanno con chi ha passato la notte. Sorrido all'idea di lei in preda a una crisi isterica dopo aver notato tutti questi succhiotti. Cazzo, devo darmi una regolata. Non ho più sedici anni. Tuttavia, è la parte che più preferisco. Mi piace vedere come si sottomettono e come godono mentre lo fanno. Devo ammettere che nei primi dieci minuti ho avuto il pensiero fisso sul perizoma in pizzo LaPerla della stronza. L'avrà davvero scostato? Ci sarà venuto sopra? No, non voglio saperlo davvero.
«Sveglia, è l'ora dello spuntino», le sussurro all'orecchio, attirando la sua attenzione.
Marion sbuffa, girandosi dall'altro lato e dandomi le spalle.
«Sul serio?», borbotto tra me e me, «vai al diavolo», continuo, alzandomi dal letto.
Sono ormai le cinque inoltrate e dato che la signorina non ha nessuna intenzione di replicare, io non ho nessuna intenzione di darle un risveglio da famiglia del mulino bianco. Mi rivesto – con il membro ancora in tiro – ed esco in fretta e furia dall'hotel.
Tornare a casa non se ne parla, tra due ore comunque dovrei uscire per raggiungere l'azienda. Perché non portarmi avanti con i tempi? Prendo il primo taxi e mi dirigo in ufficio. Ho giusto il tempo per riposare un'oretta e mettermi poi in carreggiata. Non tutti i dipendenti possiedono le chiavi per poter entrare. Io e pochi altri rientriamo in questa categoria. Attraverso la hall vuota e mi dirigo all'ascensore che mi porterà magicamente al tanto odiato e amato decimo piano. Adoro il silenzio che accompagna la mia ascesa verso il trono. Mi ritrovo con le spalle poggiate allo specchio dell'ascensore – dolorante per non aver consumato – stanco e con la voglia di sprofondare sul divanetto della sala relax. Ho bisogno di dormire e di eliminare il ricordo di Marion dalla mia mente e dalla mia pelle. Per la seconda sarà necessaria una doccia che non arriverà prima della pausa pranzo.
Il dong dell'ascensore mi fa rinsavire, spingendomi a catapultarmi fuori a passo decisamente troppo svelto. Godersi l'ufficio in completa solitudine è un altro tipo di piacere che è difficile spiegare a parole. Le scrivanie sono vuote, le stampanti non lavorano in modo incessante e nessun dipendente si dispera tra i corridoi. Tutte le luci sono spente a eccezione di una. Rallento, poggiando appena i piedi sul pavimento lucido che riflette la mia figura. La noto lì, piegata sulla scrivania, con le labbra schiuse quanto basta per poter respirare. I capelli arruffati, l'abito tirato un po' troppo in su e le gambe leggermente divaricate. Cazzo. È così, dannatamente, bella. E no, non sono ubriaco. Non ho giustificazioni ora. Mi avvicino alla porta, schiudendola con tocco leggero, non voglio svegliarla. La luce fioca della lampada le illumina il viso; scosto una ciocca di capelli dal suo naso, portandola dietro l'orecchio. Al solo contatto, una scossa mi percorre la schiena, arrivando a drizzare i peli dietro alla nuca. Mi chino su di lei, annusandole i capelli. Chiudo gli occhi, inspirando a fondo; questo dannato profumo finirà per fottere anche l'ultimo briciolo di buon senso che mi ritrovo in corpo. Vorrei morderla. E baciarla. E morderla ancora.
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(UN)fortunately we are in love
Romanzi rosa / ChickLitJanette Jensen ha trent'anni e per la prima volta in vita sua da quando si è laureata in economia e marketing, è stata contattata per lavorare in una delle più prestigiose aziende di Manhattan: la Royals & Fashion. Michael Moore ha trentatré anni, u...