Cap18.5 - prenditi cura di me papà -

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Pov Angelina
Avvilente. Avvilente è la parola giusta. Sprizza di dubbi, fantasia, rimprovero e amore. Sto male e non posso dirlo a lei. Sto male e ne è la causa. Sto male, ne è la cura.

Non avrei mai pensato di vivere così le settimane del serale, dallo sconforto per le eliminazioni eminenti ad ogni puntata fino alle assegnazioni di Lorella.

Il solo pensiero di dover preparare un pezzo pensato apposta alla storia di mio padre mi mandava in bestia, io che dal primo giorno avevo provato a distaccarmi dalla sua figura, adesso ne avrei dovuto fare i conti. Parlarne con Fede non era tra le opzioni, ma tenermi tutto dentro mi stava facendo male.

-Allora?-
-Cosa?-
-L'anello quando vuoi darglielo?- Mi grattai la nuca cercando una risposta tra lo stridere delle mie unghia, non ne trovai una.
-Non lo so.-
-Angelina, prima vieni da me per un consiglio e adesso ti tieni ancora bloccata? Aspetti che una delle due esca per dare una forma reale alla vostra relazione?- Gli occhi di Madda divennero scuri di ira.
-Aspetto si. Aspetto perché è l'unica cosa che so fare: aspettare. Aspetto perché non ne ho il coraggio. Aspetto perché in questo momento ho altro per la testa.- Non avevo mai urlato tanto. Sentii la saliva diminuire all'interno della mia bocca e la schiena curvarsi dall'ansia. Sentii la mano di Madda avvicinarsi alla mia spalla e, in men che non si dica, le sue braccia avvolgere il mio corpo morente.
-Che succede? Se continui su questa strada non vai da nessuna parte.- Fu allora che capii perché Fede aveva visto in lei una buona confidente, così le raccontai del pezzo per mio padre e di quanta rabbia mi facesse il solo pensiero che la gente lì fuori potesse ancora vedermi solo per la figlia di Mango.

-Nina capisco le tue ragioni. Ma credo che Lorella l'abbia fatto apposta. Vuole che gli altri sappiano che tu sei tu indipendentemente da tuo padre. La canzone è una cosa per lui. Per il tuo papà. È la tua storia personale. Non quella di una ragazza che dipende da un'artista esistito.- Cercai di afferrare ogni singola parola, aveva ragione, ma non riuscivo comunque a digerire al meglio la faccenda.
-Questo è un tuo pensiero. Ma chi mi ha puntata come raccomandata dall'inizio non penso affatto che la penserà allo stesso modo.- Era ancora una volta quella la mia ansia: il parere della gente.
-Pensavo che del parere degli altri non ti importasse molto.- L'affermazione di Svizzera mi fece riflettere ancora.
-È questo che si vede da fuori?-
-Sei una persona solare, quasi sempre con il sorriso sulle labbra.-
-Già. È quel sorriso il problema.-
-Che intendi?-
-Nulla, lascia stare.-
-Angelina parla.- L'imitazione dell'occhiataccia di Fede mi fece spuntare un lieve sorriso sulle labbra.
-Il fatto che io sorrida sempre non vuol dire che non do peso alle cose.- Ammetterlo era già un passo avanti.
-Allora fallo vedere. Non nasconderti. Canta per tuo padre. Canta per te.-

Una volta arrivate alla puntata iniziai a saltellare nel dietro le quinte. Vedevo Fede in panico e non riuscivo a fare nulla per tirarla su.

Cantai lift me up e non piansi nemmeno una volta. Sentivo il peso degli sguardi. Con la coda dell'occhio vagavo tra la folla sulle scalinate. Non riuscii a sentire la canzone. Non riuscii a sentire nulla.

Prenditi cura di me papà.
Era solo questo che avrei voluto dire.

Corsi in bagno alla prima occasione, Maddalena mi seguì a ruota.

Mi fiondai sul lavandino del bagno ancorandomi a quest'ultimo con il palmo delle mani. Tenni la testa china sullo scarico.

Sentii la mano di Madda poggiarsi ancora una volta sulla mia spalla nell'arco di pochi giorni.
Cercai di regolare il respiro, gli occhi ancora secchi di lacrime mai uscite.
Non mi voltai, ma Madda non si spostò, fin quando non fu il momento di ritornare in studio.

A conti fatti erano rimasti Wax e Samu al ballottaggio finale, un altro motivo per non stare bene. Due persone a cui mi ero legata molto rischiavano di abbandonare la casa.

Rientrati mi diressi subito in camera mia, avevo bisogno di silenzio e di riflette, forse anche di capire. Afferrai al volo una cosa dalla scrivania e corsi in bagno chiudendomi la porta alle spalle. Ma sola, a quanto pare, non potevo proprio starci.

-Mi spieghi che cazzo stai combinando?-

Vidi Fede varcare la porta e tirarmi un ceffone sul volto.
Le mie braccia colavano ancora di rosso e, la mia guancia si era riempita dello stesso colore. Ma ancora, nessuna lacrima.

-Ange parla cazzo.- Vedere i suoi occhi così arrabbiati, ma al tempo stesso pieni di lacrime mi stava togliendo il respiro, non riuscivo a parlare, restai immobile.
La lama che, un istante prima impugnavo con tanta tranquillità, cadde sul pavimento facendo gelare pure questo.
Sentivo il freddo scorrermi fra le vene e le labbra entrare in ipotermia. Lo sguardo di Fede stava diventando pesante da reggere.
Chiusi gli occhi. Si spense il mondo.

-Engy!- L'ultimo boato. Poi, il vuoto.

*-Papà, papà.- Correvo tra le margherite piantate male e gli alberi secchi di quella villetta in periferia, in mezzo al nulla, in mezzo al silenzio.
-Papà aspettami. Ho bisogno di te.- Continuavo ad aumentare il passo, la strada si faceva fitta in discesa, più pericolosa quando era al buio.
-Papà, smettila di scappare.- Varcai il confine del cancello esterno, trovandomi di fronte ad una strada deserta.
-Papà, non so attraversare.- Lo vidi sul lato opposto della carreggiata, una luce bianca fatata gli avvolgeva con un alone forzato la testa.
-Papà, vienimi a prendere, ho bisogno di te.- Lo vidi voltarsi e sussurrare qualcosa di incomprensibile. Riprese a camminare lasciandomi lì, da sola, con il buio e me stessa.*

-Engy cazzo fai, non farlo più ti prego, ti prego non farlo più.- Sentii le lacrime di Fede cadermi addosso. Mi ritrovai stesa per metà sul pavimento del bagno e per l'altra metà sulle ginacchia della mia mora. Sentii Fede cullarmi e accarezzarmi ripetutamente la fronte, con intervalli colmati da baci caldi e salati.
-Mi dispiace.- Riuscii a sussurrare solo quello mentre riaprivo gli occhi.
-Perché? Perché? Ho ignorato per mesi le tue cicatrici. Ho sperato di farti tanto bene da non aver bisogno di questo. Dimmi cosa ho sbagliato. Ti prego, dimmelo.- I suoi singhiozzi mi stavano facendo più male dei tagli. Cosa cazzo mi era venuto in mente? Adesso non ero più sola. Avevo lei e dovevo prendermene cura.
-Mi dispiace.- Non sapevo cos'altro dire. -Mi dispiace- continuai -Mi dispiace.- Finalmente i miei occhi si bagnarono. -Mi dispiace.

Scivola nelle mie Mani vuoteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora