Cap18.8 - alcune volte, l'amore non basta -

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Dopo quel tramonto passato nel più completo silenzio, io ed Angelina continuammo a non parlare, finché la quarta puntata del serale non si concluse pure.
Ad uscire era stato Alessio, iniziando a scoprire la mia squadra, da 4 eravamo rimasti in 3 e, quello, per me, era un pessimo campanello d'allarme.

-Come stai?- Un'altra domanda di questo tipo e forse, questa volta, avrei pure potuto urlare dalla rabbia. Ma il suono della sua voce, così riconoscibile e dolce e lenta, sottile, mi provocò solo un leggero brivido sulla schiena, costringendomi a voltarmi.

La guardai senza fiatare, non sapevo cosa rispondere e quale parole usare per non ferire nessuna delle due. Mi metteva ansia il suo sguardo fisso al mio, così intenso da costringermi ad abbassare gli occhi al pavimento. Sentii le mie mani fredde, umide di nervi.
Ma un'impercettibile gesto mi riportò lucidità: la sua mano sul mio braccio, a sfiorarlo in modo così calmo da farmi addrizzare la pelle.

-Come stai?- Domandò ancora.
-E tu?- Se non potevo trovare risposta consona allora avrei dovuto, per forza di cose, rigirarle la domanda.

-Io sto bene. Ma tu? Come stai?- La risposta di Angelina non mi convinse nemmeno per un istante, il suo incarnato così pallido e gli occhi cerchiati di sonno avevano già parlato abbastanza al suo posto.

-Sto bene pure io.- Mentii. Non stavo bene affatto.
-Dove vai?- Mi era appena voltata di schiena. Cercando di uscire in maniera pulita da una conversazione priva di senso.
-Vado in camera mia.-
-Posso venire?- Quella richiesta, così fuori luogo, mi mise, ancora una volta, rabbia.
-No che non puoi.- Ripresi a guardarla. La sua espressione difronte alle mie urla mi fece sentire una stronza.
-D'accordo, ti lascio da sola.- Disse solo quello, poi, prontamente, accelerò il passo nella direzione opposta alla mia. Non la fermai.

Una volta in camera mi precipitai sul letto fiondandomici a capofitto. Il cuscino continuava ad assopire i miei piagnistei; le lenzuola continuavano a riempirsi del mio sudore. Mi addormentai. Non riuscivo a fare altro se non dormire. Dormire e dormire ancora, nella vana speranza di potermi svegliare un giorno e scoprire che quel suo gesto maledetto, in verità, era stato solo uno spiacevole sogno.

Pov Angelina

Dopo la mia ricaduta ero riuscita, ancora una volta, a perdere ogni cosa. Il rispetto dei miei compagni, la benevolenza della produzione, gli occhi innamorati di Fede.

Non c'era stato istante in cui io non avessi pensato a lei fino a quel giorno, fino a quando la lama iniziò piano a sfiorarmi il braccio e, sempre con più forza, ad entrarmi dentro iniziando a lacerare brandelli di pelle sudata dalla paura.
Non so nemmeno io il perché l'avessi fatto. Perché mi fossi fatta trascinare, un'ennesima volta, in quel vortice tanto buio e spaventoso che era il riassunto poco chiaro dei miei pensieri. Mi ero legata così tanto a Fede da dipendere da lei, ma avevo scordato come si facesse ad autovalutarsi, ad apprezzarsi da soli senza che nessuno, ogni giorno, ti ricordasse il tuo valore di essere umano: che la tua vita ha un prezzo ed il prezzo conta centesimi di libertà che, seppur poco considerati, nell'ammontare di un barattolo di vetro, prima o poi, fanno conto e peso.

Mi sentivo sterile di comprensione verso me stessa, non potevo accettare di essere così. Che poi, così come? Chi era Angelina Mango? Dove voleva arrivare? Io mi vedevo, spesso, in esclusiva ammirazione di occhi a me estranei. Se mi apprezzavano, io facevo altrettanto; se mi odiavano, mi odiavo pure io. Che vita è? Una vita in cui si dipende inesorabilmente da qualcuno diverso da te?
Fede. Fede non era messa in conto. In un momento di buio e vuoto e freddo, avevo perfino scordato di amarmi tanto quanto mi amava lei. Fede.
Era il chiodo fisso dei miei pensieri, quel vacillare di luce che sbarca all'improvviso, ma sapevo bene che, con i miei guai in vista, prima o dopo, anche lei avrebbe potuto rinunciare a mettere ordine all'interno della mia testa. Aveva ragione.
Io le piacevo così, ma non poteva accettare di vedere che la persona che tanto amava stava ricominciando a distruggersi.
Un episodio fisico, seguito da crisi mentali: il nulla.

Passati i giorni continuavo imperterrita a guardarla da lontano, a studiare, ancora una volta, la sua vita senza di me. Ad immaginarla fuori, tra le braccia di qualcuno che avrebbe potuto prendersene cura meglio di come avrei potuto fare io.
Lasci andare una persona che ami quando pensi che tu possa essere il mostro della vostra storia? O forzi la mano?
C'era una terza opzione, ed era quella più pesante di tutte: fare pace con la testa, amare me prima di amare lei.

Dopo l'uscita di Alessio della quarta puntata, le chiesi se stesse bene. Quel magone allo stomaco che stava provando, inevitabilmente, aveva raggiunto anche me. Come se fossimo collegate da un sottilissimo filo ingarbugliato sui nostri intestini: potevo percepire la sua ansia.

-Come stai?-
-Dove vai?-
-Posso venire?-
-D'accordo, ti lascio sola.-

La lasciai sola, di nuovo, senza però lasciarla davvero. Mi era impossibile non preoccuparmi di lei, nonostante le mie crisi esistenziali.

-Nina, come va?- La voce di Wax ridusse il rumore dei miei passi facendomi bloccare.
-È tutto ok Wax, va tutto alla grande, non lo vedi?- Imitai i gesti plateali del mio amico allargando, inconsciamente, le braccia verso il nulla.
-Mi accompagni fuori? Ho bisogno di una sigaretta.- Il suo invito percepito come un interrogatorio, mi fece sentire l'obbligo di doverlo per forza seguire. Voleva occuparsi di me.
-Ne vuoi una?- Mi porse il tabacco e gli accessori inclusi, li afferrai iniziando, quasi subito, a rullare.
-Wax. Non so cosa fare.- Ammisi chiudendo poi il drum.
-Cosa vuoi fare?- La domanda riciclata mi risuonò strana in testa.
-Che vuoi dire?-
-Perché hai fatto ciò che hai fatto?- Mi guardò le braccia per poi passarsi la sigaretta tra le labbra e accenderla in maniera svelta.
-Perché.- Mi bloccai. I miei occhi scesero sulle mie ferite. iniziai a ricordare.
-Perché?- La voce di Madda tuonò come un fulmine, la bionda si aggregò all'istante al discorso, prendendo posto a fianco a Wax.
-Perché io faccio così. Quando le cose vanno bene, filano lisce, non hanno margini di merdate attorno, io non le accetto, penso di non meritarle, quindi le rovino.- Svuotai tutto d'un fiato senza battere ciglio, ma con tanta vergogna incastrata in gola.
-Eri arrabbiata con Lorella.- Madda intervenne subito.
-Lo ero.-
-Perché tu sei la figlia di Mango, tuo padre, non l'artista.- Il ricciolo rosso completò la frase.
-Tu sei Angelina.- Madda continuò. Sentii le mie braccia tremare.
-Tu sei Angelina.- Wax si soffermò a ripetere.
-Mi manca.- Parlai di Fede senza neppure nominarla.
-Fai la brava con te stessa che lei torna.- Svizzera cercò di consolarmi, ma il suo sguardo non era del tutto sincero.
-Ho rovinato le cose troppe volte, ho sbagliato tanto dal giorno 0, come posso aspettarmi che ritorni un'altra volta?- Ripensare a quanto l'avevo fatta soffrire in quei mesi mi fece sentire, letteralmente, una merda di persona.
-Tu la ami e lei ti ama.- Wax cercò di consolarmi, ma senza alcun risultato.
-Alcune volte, l'amore non basta.- Quella frase, quella voce, il rumore dei suoi passi verso il nostro posto mezzo vuoto, disabitato dai nostri baci, dalle nostre confidenze, dai nostri abbracci. Quelle parole che pesavano d'aria. Federica. Federica.

*Spazio Autrice*
Perdonatemi l'assenza. Purtroppo quando inizio ad impegnarmi a vivere non ho mai tanto tempo da dedicare alla scrittura, o meglio, non ho "l'ispirazione" giusta per farlo. E, piuttosto che accontentarvi con testi scritti tanto per, preferisco scrivere con l'interesse giusto che ho sempre cercato di portare all'interno della mia scrittura. Ringrazio tutte le persone che puntualmente mi contattano per richiedere aggiornamenti o, addirittura interessarsi a me, siete molto carin*, voglio concludere al meglio la storia senza lasciare nulla al caso, quindi spero che voi riusciate ad attendere, insieme a me, gli ultimi sviluppi delle nostre protagoniste.
Ps. Questo mese, dopo anni in cui ci "lavoro", ho finalmente pubblicato il mio primo libro su Amazon, si chiama "il grigio della poesia", e come si capisce già dal titolo in sé, si tratta di una raccolta poetica, ma organizzata in modo tale da raccontare una storia; se la cosa vi interessa è facilmente acquistabile sul sito, basta cercare "il grigio della poesia" sul motore di ricerca... e niente, a farmi pubblicità sono abbastanza pessima. A presto🤍*

Scivola nelle mie Mani vuoteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora