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Il lunedì bussò alle porte di Minho come un'ondata d'acqua gelida, soprattutto dopo la festa di capodanno fatta con i suoi amici.

Con festa si intendeva una vasta moltitudine d'alcool e con alcool ci si riferiva a un'unica parola: sbronza.

Sbronza il primo giorno di scuola di un nuovo fottuto anno e circa la metà del suo ultimo anno in quinta.

Si portò le mani in faccia, desideroso fosse solo un incubo e che la sveglia del suo cellulare non riportasse veramente le sette in punto di un lunedì mattina.

Con solo tre ore di sonno in corpo si obbligò ad alzarsi, interrompere la sveglia e scendere in cucina.

Prese una pastiglia per il mal di testa e, aiutandosi con un sorso d'acqua, la ingoiò con una smorfia disgustata in pieno volto.

Odiava qualsiasi tipo di farmaco, da tachipirine e aspirine a pastiglie e compresse, di qualunque genere.

Mangiò una banana accompagnata da mezzo bicchiere di succo, per poi trasferirsi in bagno a fare una doccia.

Rimase sotto il soffione per un buon quarto d'ora, indossò un asciugamano attorno alla vita e si diede una veloce passata di fono sulla chioma tinta, viste le temperature esterne piuttosto rigide.

Dopodiché si soffermò in camera sua per scegliere l'outfit della giornata. Jeans cargo, termo nera, giacca in pelle sopra e un paio di Nike bianche ai piedi.

Si lavò i denti, si truccò non troppo pesantemente, aggiunse un po' di lacca per i ciuffi più ribelli e, riempita la sua cartella, uscì di casa.

Infilò il casco e salì in sella alla sua fidata moto, sfrecciando verso l'istituto scolastico.

In 10 minuti contati parcheggiò fuori dal grande edificio, sistemò il casco sotto la sella e infilò le chiavi nella tasca della sua giacca.

Si diede una rapida rassettata ai capelli e si fece largo in mezzo alla folla di studenti accalcati all'ingresso, ignorando i borbottii di sottofondo che lo adulavano e lo chiamavano in continuazione, chi con voce sensuale chi con più convinzione.

Quando superò la porta, la figura del suo migliore amico gli saltò letteralmente addosso, avvolgendogli un braccio attorno al collo.

«BUONGIORNO MINHO!»

Il ramato soffiò, alzando gli occhi al cielo «come mai stamattina sei così felice?»

«Guarda.» lo prese per le spalle, sballottandolo per un breve tratto del corridoio e sbattendolo davanti ad una lunga fila di armadietti blu.

«Perché cazzo hanno aggiunto degli armadietti? È la cosa più inutile che potevano fare.»

«L'ha proposto Jurin, ha sprecato tutte le sue vacanze di Natale per noi studenti. Sai quanto tiene al suo titolo di rappresentante.» si poggiò al maggiore con un braccio sulla sua spalla, sorridendo come un ebete.

«Figurati, un'idea così cretina poteva sfornarla solo lei.»

«Eddai, guarda che nell'ultimo periodo ci sono stati un sacco di furti.»

«Non è colpa mia se la gente non sa custodire le proprie cose.»

«Non tutti sono bastardi come te che pesti il primo che vedi, vorrai dire.»

Minho gli lanciò un'occhiataccia atroce e, quando stava per protestare di nuovo, un'idea gli balenò per la mente.

La sua smorfia di disappunto lasciò il posto ad un ghigno stronzo «sai, ho cambiato idea, credo che questi armadietti siano davvero utili.»

Shared reputation~MinsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora