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«JISUNG!»

L'unico suono udibile tra i corridoi dell'istituto era la voce di Minho, un leggero sottofondo della festa in piena vita esattamente sotto di lui.

Camminava alla rinfusa avanti e indietro, forse sperando di svoltare un angolo e trovarlo rannicchiato nel completo buio, gli sarebbe andato bene anche mentre disegnava le corna su una sua foto, gli bastava trovarlo e al più presto.

Perlustrato ciascun piano, controllata ogni cabina dei bagni, si ricordò di un piccolo particolare. Jisung amava l'aula d'arte.

Gliel'aveva riferito durante una delle loro conversazioni casuali per occupare il tempo delle detenzioni, continuando a ripetere di quanto le grandi finestre rinfacciate sul vasto cortile della scuola gli davano un senso di libertà, una tranquillità che avrebbe volentieri utilizzato per ascoltare la musica e buttare giù qualche traccia delle sue canzoni soliste.

Si strofinò una mano tra i capelli, esultando internamente e scattando nuovamente al secondo piano, da dove era appena sceso dopo il suo terzo giro andato a vuoto.

Se il se stesso di qualche mese fa l'avesse visto in questa situazione, si sarebbe dato del patetico, convinto che i sentimenti fossero una cosa futile, un'insieme di sensazioni contrapposte che prima o poi erano costrette a svanire, a tramutare in delusione e dolore.

Non aveva un vero motivo per dargli una tale definizione, così macabra e grottesca, tuttavia - osservando le diverse relazioni dei suoi amici e conoscenti - aveva sempre pensato che nelle relazioni amorose fosse sempre meglio limitarsi al contatto fisico, senza mai mettere di mezzo il cuore.

Lo dava per scontato, come aveva dato per scontato il fatto che Jisung la pensasse come lui, che quella sera alla festa, quando l'aveva istigato in mezzo a quel fottuto corridoio, per lui era stato tutto un gioco, uno sfogo che ripeteva ogni giorno con persone diverse solo per il gusto di avere qualcuno con cui condividere una parte di sé, anche se esclusivamente fisica.

Ecco qual era il suo problema, dava tutto per scontato, soprattutto quando si mettevano di mezzo le emozioni.

Giunto alla sua destinazione spiò dalla piccola finestrella rinfacciata sul corridoio, sciogliendosi in un piccolo sorriso quando intravide un'ombra esattamente accanto alla seconda finestra.

Non bussò, semplicemente abbassò la maniglia e con un lieve cigolio aprì lentamente la porta, chiudendola alle spalle.

«Se sei venuto a chiedermi se sto bene Lix, sprechi solo il tuo tempo.» la voce fuoriuscì flebile, appena percettibile dalla guancia spiaccicata sul suo braccio poggiato sul banco.

«Mi dispiace deluderti, ma non sono Felix.»

Non ottenne risposta, riconoscendo perfettamente il timbro vocale del ragazzo da cui era scappato. 

Minho sospirò, accendendo la luce per almeno vedere dove mettere i piedi e raggiungere facilmente il moro.

Aveva il volto posizionato sulle braccia piegate sul banco, sguardo rivolto verso la finestra e cuffie alle orecchie, anche se probabilmente a volume basso dato che aveva udito il minimo rumore della porta.

Il ramato procedette verso di lui con passi calmi, spostando la sedia del banco accanto al suo e prendendo posto.

«So che stai per alzare il volume così non mi ascolti.»

Jisung assestò il suo dito, già posizionato sul tasto del volume, e sospirò rumorosamente in modo da farsi sentire, ricacciando la mano sotto la sua testa.

«Puoi ascoltarmi, per piacere?» non voleva invadere i suoi spazi personali, non sapeva nemmeno lui con che autocontrollo si stava trattenendo per strappargli quelle cuffie dalle orecchie e baciarselo su quel banco, non nel modo brusco e passionale solito, ma coi sentimenti che aveva capito di provare nei suoi confronti.

Shared reputation~MinsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora