Capitolo 50 - Confesso tutto a Gabe

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CONFESSO TUTTO A GABE

Sento di essere arrivato alla fine del mio film e il mio personaggio non può che togliersi di mezzo in un finale scenico che non fa che mettere in mostra il fatto che sono sempre stato l'antagonista della vita di qualcun altro. E' una brutta sensazione, la più brutta forse, il percepire di essere la persona che tutti odiano e che tutti vogliono far fuori e d'altronde, sono stato io l'artefice di questa evoluzione del mio personaggio, quindi, lamentarsi non serve a nulla. Vivo in un perenne stato d'ansia, la testa mi esplode ad ogni movimento, sudo acido e fare anche il più piccolo gesto, come bere un bicchiere d'acqua, mi costa una fatica immane. Questa notte ho fatto un sogno che spero non sia profetico, anche se non credo a questo genere di cose, in cui sedevo nel divano del monolocale e mi stavo masturbando davanti alla televisione, dove apparentemente mandavano un film porno o una scena di sesso spinto, non ricordo i dettagli, quando ad un certo punto, dalla porta, entra Maryanne, seguita da Johanne, quella vera, perché la mia Johanne spunta subito dopo dalla camera da letto. Mentre io continuo a masturbarmi loro non fanno che parlare e osservarmi, complottare, strizzare gli occhi, parlarsi all'orecchio per poi esplodere in una risata collettiva che mi provoca una spiacevole sensazione di imbarazzo, quasi mi fosse servita quella risata per accorgermi di cosa stavo facendo. Mi sono svegliato di soprassalto in una pozza di sudore, le lenzuola appiccicate alla pelle, le mutande completamente madide e la mia Johanne che mi fissava ad occhi spalancati, adagiata sul cuscino come una bambola di porcellana. Mi sono immediatamente ripreso e sono fuggito in bagno dove mi sono fatto una doccia lunga e bollente per poi fuggire a lavoro senza passare per le sue gambe, che quando sono uscito dal bagno erano già spalancate in un invito, come a dire "cosa c'è, niente sveltina oggi?".

Sbattendo la porta alle mie spalle, mi sono messo in macchina, con le tempie che battevano come due martelli e le ascelle già sudate, quasi non mi fossi lavato per nulla. Probabilmente avevo una febbre da cavallo, ma non potevo stare a casa quel giorno, dovevo uscire, evadere, rintanarmi a lavoro per otto ore, lontano da Johanne. Arrivato di fronte all'edificio della LuxGlass ho ricevuto un messaggio.

Buona giornata di lavoro amore mio, ti aspetto per la solita ora. Già mi manchi. JB

Respiravo a fatica, la camicia sembrava pesare una tonnellata e provavo una sensazione spiacevole a sentire la mia pelle venire a contatto con qualsiasi cosa avessi addosso. In quel momento maledivo la mia esistenza e mi sembrava tutto privo di speranza e grigio, privo di senso, privo di una ragione per fare tutta quella fatica per tirare avanti. In quel momento sentivo un tale nodo alla gola che avrei voluto urlare al cielo qualcosa come "sarebbe questa la vita?! Non ho chiesto io di nascere e vivere così!" Per poi esplodere in un pianto, tra le macchine parcheggiate di operai come me, invece tenni tutto dentro, imbottigliato, pressato come una bomba pronta ad esplodere non sapevo nemmeno io quando, né dove.

Arrivato all'interno dell'edificio sono stato investito da un'aria gelida che mi fece tremare come una foglia, mentre le narici si riempivano di odori di plastica fusa che mi fece venire un conato tale dal costringermi a correre in bagno. Quell'odore non faceva che ricordarmi l'odore dell'imballaggio di Johanne.

Mentre fissavo la tazza del cesso di un bianco splendente, aspettando di vederla riempirsi del contenuto dei miei intestini, sentii la porta aprirsi per far entrare un'altra persona, che in quel momento stava urinando sul cesso affianco. Immediatamente la nausea svanì tornando dallo stesso posto da dov'era venuta, quell'oblio di emozioni e sensazioni sgradevoli, dandomi la forza necessaria per rifuggire anche quel luogo che non mi faceva sentire più sicuro e libero di esternare il mio dolore. Forse stavo davvero male, forse stavo delirando e non percepivo il tempo o i movimenti del mio corpo, so solo che credevo di aver calcolato i tempi molto meglio, quando sentii una mano afferrarmi la spalla per trattenermi e la voce di Gabe chiedermi se andava tutto bene. In quel momento sentii come se venissi trascinato nuovamente all'inferno da una presenza demoniaca, l'ennesima della mia vita, così reagii istintivamente, di scatto, come un'animale predatore messo all'angolo, e con occhi strabuzzati sbattei al muro Gabe, mentre lo tenevo per il colletto della camicia, madido di sudore, stralunato, strafatto, privo di speranza, con nulla da perdere.

Sex Doll (COMPLETO)Where stories live. Discover now