Capitolo 51 - Fine della storia

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FINE DELLA STORIA

"Ciao Rob, come hai dormito quest'oggi?"

"Beh direi bene, a parte quella storia successa questa notte, immagino tu sappia di cosa parlo"

"Si, ma voglio che mi dai la tua versione"

"Immaginavo. Ok, ecco la mia versione. Stavo dormendo profondamente, facevo il solito sogno che faccio ogni notte, lo stesso medesimo con gli stessi particolari, la stessa scena, gli stessi odori, gli stessi suoni ma questa notte mi sveglio di colpo perché qualcuno non faceva che urlare, urlare e urlare a squarciagola, un urlo disumano, animale, roba da lasciarci la voce e poi mi vedo le infermiere accorrere nella mia stanza in preda al panico e penso subito sia successo qualcosa a qualcuno, magari un tizio che ha dato di matto o che so io, così comincio a chiedere se va tutto bene, se il tizio che urlava stava male e loro mi dicono "Rob, eri tu che urlavi, non te n'eri accorto?" Al che io cado dalle nuvole e rispondo "no, certo che non ero io a urlare, io stavo sognando" ma ovviamente ero stato io a produrre quelle urla disumane. Fine della storia"

"Fine della storia, hai detto bene. Robert, si avvicina il giorno e la giuria ha bisogno di sapere la tua versione dei fatti, quindi, se per te va bene, è questo quello di cui vorrei parlare oggi, la fine della storia che è anche il tema del tuo sogno ricorrente. Cosa dici, sei in grado di ripercorrere quella giornata, nel dettaglio? Te la senti?"

"Direi che è giunto il momento. Giusto doc? D'altronde lo faccio ogni notte"

Quella mattina di Agosto mi sono svegliato nell'ennesima pozza di sudore, mentre la mia Johanne, la Sex Doll, mi fissava distesa al mio fianco. Appena ha notato il mio primo segno di coscienza, ha insistito nel fare sesso, "la nostra sveltina quotidiana", diceva, altrimenti sapeva avrei avuto una giornata di merda. Ho lottato un po' ma alla fine ho ceduto, lasciando che il mio membro facesse ciò che voleva, lasciando a lui, per l'ennesima volta, le redini delle situazioni. Dopo aver finito mi sono fatto una doccia, saranno state le sette e trenta, forse trentacinque. Alle otto meno dieci ero già in macchina nel mio pickup, direzione lavoro e alle otto e cinque ero già all'interno del mio edificio. Quel giorno mi sentivo ok, non in forma, ma nemmeno a pezzi, nella norma direi, semplicemente pronto ad arrancare per un giorno ancora. Alle otto e trenta ho cominciato il turno, dopo aver bevuto un caffè alla caffetteria con Gabe e gli altri, poiché dopo quella scena al bagno, si era sparsa la voce che ero uno spasso a raccontare storie assurde, nonché un attore niente male in grado di fingermi disperato, con tanto di lacrime e sguardo da pazzo. Alle ore tredici in punto ero in mensa a mangiare spezzatino e purè di patate assieme alla ciurma, a parlare della nuova stagione degli Eagles e degli ultimi acquisti fatti nella off-season. Alle quattordici e dieci, mentre sedevo già nella mia stazione di controllo, ricordo di aver pensato a Maryanne, quando ad un certo punto, ricevo una chiamata dal numero di Johanne. Quando rispondo, sento un rumore di sottofondo, come di gente e mezzi pubblici e di colpo penso che la stronza sia scappata dall'appartamento. Al telefono non capisco cosa dice, sembra stia blaterando, sembra spaventata ma non riesco a dare un senso alle parole, quasi fosse andata in una specie di cortocircuito, così interrompo il macchinario ricevendo le maledizioni del tecnico del nastro, dicendo che devo scappare a casa per un emergenza. Alle due e trenta sono nuovamente in macchina a provare a chiamare Johanne che sembra non rispondere. Accendo la macchina e mi dirigo a casa, quando ricevo un messaggio da Johanne che dice "sono uscita dall'appartamento e sono andata in strada. Spero di non perdermi"

Penso immediatamente che sia una cosa stupida e un messaggio altrettanto idiota. Perché uscire, perché per strada, perché proprio quel giorno? Per un momento penso sia una farsa per farmi tornare a casa e mi ritrovo a pensare, mentre sto titubando fermo nel parcheggio, che forse sto facendo esattamente ciò che vuole lei e che quella chiamata serviva a mettermi in allarme per nulla. Mi sento per l'ennesima volta come un burattino nelle sue mani, schiacciato dai dubbi, indeciso sul da farsi. Tornare a casa o fare finta di nulla? Decido che se non si tratta di una messa in scena, andrei a perdere più di un pomeriggio lavorativo, rischiando non solo di perdere un robot da ventimila dollari, ma soprattutto la faccia, se questa finisse nelle mani sbagliate e si venisse a rintracciare il proprietario, per non parlare del fatto che forse, era uscita per trovare Maryanne. La cosa mi colpisce come un pugno nello stomaco e capisco che devo agire immediatamente. Provo a chiamare Maryanne ma il numero è bloccato, trucchetto di Johanne per evitare che mi mettessi in contatto con mia moglie, così, decido di guidare fino a casa, dove trovo ovviamente tutto chiuso, dato che a quell'ora Maryanne era ancora a lavoro. Decido così di andare al salone di bellezza, dove trovo Patrice la sua collega, che dopo avermi accolto con una smorfia di disgusto e dopo avermi detto che non merito una ragazza come Maryanne, mi dice che lei sta bene ed è andata a trovare un'amica fuori città. La mia mente fa due più due e penso immediatamente che dietro ci sia lo zampino di Johanne, che con qualche trucchetto si è finta amica di mia moglie per attirarla da qualche parte per fare Dio solo sa cosa, ma in quel momento, tutti i miei dubbi svaniscono nel nulla, quando ricevo l'ennesimo messaggio dal numero di Johanne: "a breve torno nell'appartamento, sono uscita a prendere la cena per stasera. Tutto ok. Voglio farti una sorpresa". Anziché tornare a lavoro, dato che avevo dichiarato un emergenza a casa, corro come un missile nell'Iraq di Philadelphia, in quel buco del mio appartamento, al quarto piano di quello squallido condominio, perché di colpo, dal nulla veramente, in me nasce l'assurda idea di nascondermi e fare fuori la mia Johanne. L'idea non mi era venuta subito, a dire il vero, avevo guidato in maniera automatica per la città e solamente quando avevo imboccato l'uscita mi ero reso conto di dove stessi andando. Sarei potuto tornare a casa mia, la mia vera casa, ad aspettare Maryanne, o anche al bar a bere fino a scoppiare, fregandomene di tutto, invece ho guidato fino al monolocale. Sono rimasto parcheggiato per dieci minuti sperando di spiare la mia Johanne che ritornava dal supermercato, fino a che l'idea si è palesata nella mia mente, come una sorta di momento "eureka". Sono sceso dalla macchina, ho rovistato nel retro, nella cassetta degli attrezzi rossa che tengo sempre con me, fino a che ho trovato il grosso martello dall'impugnatura in gomma gialla e nera e ho semplicemente pensato "ok, lo faccio, è ora".

Sex Doll (COMPLETO)Where stories live. Discover now