«Non pagherai il mio abito da sposa. Non se ne parla» protestai, quando Niall tirò fuori la carta di credito nello stesso istante in cui io avevo preso la mia.
«Si che lo pagherò. Ricorda che l'ho trovato io» affermò, consegnando la carta a Jess che osservava la scena divertita.
«Niall» lo avvertii.
Litigammo per altri venti minuti su chi dovesse pagare l'abito e alla fine, ovviamente, vinse lui. Per mettermi a tacere però, mi permise di pagare il velo bianco di pizzo, mentre la madre di Steven pagò un paio di decolletè bianche che costavano tanto quanto l'abito e il velo insieme. Quando le avevo scelte sapevo di non potermele permettere, ma lei aveva insistito tanto e le avevo provate lo stesso. Erano meravigiose. In fondo ero stata fortunata ad averla portata con me, altrimenti avrei dovuto sceglierne un altro paio che non sarebbe stato mai all'altezza di quello.
Uscimmo dall'atelier e ci diriggemmo verso la macchina, mentre Jess ci salutava e mi ricordava di ritornare a provare l'abito una volta finito.
«Credo di aver dimenticato le chiavi di casa» mormorò la signora Nelson, frugando preoccupata dentro la borsa.
«Scusatemi, torno subito».
E fu così che rimasi nuovamente sola con Niall, senza sapere cosa dire o fare. Mi sedetti sul sedile accanto al suo e cominciai a frugare nella borsa alla ricerca del mio cellulare. Trovai tre chiamate perse da Steven.
«Richiamalo, pensa sicuramente che io ti abbia rapito e abbia mollato sua madre da qualche parte» disse Niall sorridendo quando lo colpii con un pugno sulla spalla.
«Spiritoso» lo schernii, controllando l'ingresso dell'atelier in attesa che la signora Nelson si decidesse a tornare.
«Mi spieghi perchè non volevi che ti regalassi l'abito da sposa?» domandò all'improvviso. Lo guardai e aprii la bocca, pronta per parlare, ma la richiusi subito. Dovevo trovare le parole giuste per dirglielo.
«Ellie, dimmi la verità e basta. Voglio sapere semplicemente quello che pensi».
Sospirai. «Devo dimenticarmi di te Niall. Devo starti lontano, cancellarti completamente. Quell'abito mi ricorderà per sempre te e non volevo. Semplicemente non posso continuare a farmi del male pensandoti. Sei come un fuoco che cerco costantemente di spegnere, ma ogni volta senza accorgermene non faccio che avvicinarmi sempre di più, bruciarmi, tornare indietro e avvicinarmi ancora. Non ce la farò per sempre». Decisi di non aggiungere altro. Avevo detto tutto quello che pensavo. Doveva capire che non potevamo più continuare a comportarci come se niente fosse successo, come se ci fosse davvero la possibilità di stare insieme.
Prima che potesse rispondere, la signora Nelson ci raggiunse in macchina e Niall ci riaccompagnò a casa. Il viaggio fu in assoluto il più silenzioso e imbarazzante che avessi mai fatto. Lo sguardo di Niall non lasciò mai la strada, neanche per un attimo, nemmeno quando scesi dalla macchina e mi avviai verso il cancello della villa di Steven. Non si era voltato per guardarmi, non aveva detto nulla. Ma forse era meglio così.
Steven mi raggiunse nella mia stanza con un piccolo vassioio di biscotti al cioccolato.
«Li ha fatti mia madre. Prendine uno, sono ancora caldi».
Scossi la testa e tornai con lo sguardo fuori dalla finestra, perso tra le nuvole grigie. Persino il cielo rispecchiava come mi sentivo.
«Ti preparo una cioccolata?» suggerì Steven, poggiandomi una mano sulla spalla. Il contatto con la sua mano fredda mi fece rabbrividire e lui la tolse subito, confuso.
«Sei congelato» dissi, anche se il mio cuore, in quel momento, lo era di più. Era racchiuso in un bozzolo di ghiaccio, tanto spesso quanto fragile. Volevo tanto scappare, lasciare che tutti si dimenticassero di me.
«Ho saputo che Niall ti ha pagato l'abito da sposa. Un gesto molto carino da parte sua».
Il suo nome mi arrivò fino al cuore, scalfendo leggermente la corazza che lo circondava. Sospirai e annuii.
«Non hai voglia di parlare oggi, ho capito. Comunque, perchè tu lo sappia, stamattina ha chiamato Paul, il tuo capo. Mi ha detto che stasera sei di turno fino a tardi».
«Ah, si. E' vero» mormorai, coprendomi il viso con le mani. Avevo completamente dimenticato di quel turno extra che avevo promesso a Paul.
«Vuoi che ti venga a prendere poi?» domandò Steven, appoggiando il vassoio di biscotti sul mio comodino. Guardandoli, mi convinsi a prenderne uno.
«No, tranquillo. Me la cavo da sola».
Annuì, poco convinto, e uscì dalla stanza. Mangiai altri tre biscotti e mi preparai per andare a lavoro. Quando uscii, una sottile nebbiolina umida ricopriva le strade, quindi affrettai il passo e mi rifugiai dentro il bar. La serata sembrò non passare mai, tra un cliente e un altro, un tavolo e un altro, un ordine e un altro.
«Ellie» mi chiamò Paul, quando già metà dei clienti era andata via.
«Si?».
«Io dovrei andare. Ti dispiacerebbe chiudere quando tutti vanno via?». Annuii e lo salutai. Passò circa un'ora prima che anche gli ultimi clienti andassero via. Pulii i tavoli e controllai l'ora: mancavano dieci minuti a mezzanotte. Quella sera avevamo finito sicuramente più tardi del solito. Controllai che la cucina fosse apposto e uscii dal retro, avviandomi verso la fermata dell'autobus. Non era la prima volta che facevo quella strada, ma di notte aveva tutto un'altro aspetto. La nebbiolina aveva ricoperto tutto il quartiere e vedere davanti a se era davvero difficile. Due fari illuminarono il piccolo vicolo su cui si affacciava la porta del bar. Qualche secondo dopo mi accorsi che non si trattava di due fari, ma di un unico punto di luce che si avvicinava verso di me. Dal sedile della moto scese una ragazza con il volto coperto da un casco rosso decisamente troppo grande. Rimasi immobile, fino a quando la ragazza decise di voltarsi verso di me.
«Dana?» chiesi, sorpresa.
«Sta per venire giù un temporale. Ti accompagno a casa».
Ero confusa. Non solo per il fatto che Dana avesse una moto e che la stesse giudando in piena notte, incinta per di più. Ma soprattutto, ero stupita da questa gentilezza inaspettata.
Mi porse un altro casco e mi aiutò ad allacciarlo. Poi mi prese la mano e si assicurò che fossi seduta bene sulla moto prima di partire.
«Come facevi a sapere che ero qui?» le chiesi, anche se la vera domanda era "Per quale motivo sei venuta a prendermi se ci odiamo?".
«Dovevo parlare con Steven. Quando ho chiesto dov'eri, mi ha detto che avresti lavorato fino a tardi».
Non riuscii a trattenermi. «Sei andata da Steven per parlare di cosa?».
Mi guardò per qualche istante. Nel suo sguardo non c'era la stessa cattiveria che avevo sempre visto. Era più compassionevole, più caldo. Poi si voltò a guardare la strada e partì.
Sotto le luci soffuse che illuminavano la villa di Steven, mi accorsi di quanto ci somigliassimo io e Dana con i capelli coperti dai caschi. Avevamo lo stesso naso stretto, le stesse fossette, gli stessi occhi. Mi chiesi davvero se Niall l'avesse scelta per quello o se era stata una pura casualità.
Tolsi il casco e lo posai sul sedile della moto.
«Grazie» sussurrai, sfregando le mani sulle braccia per scaldarmi. Ci guardammo per un lungo istante. Poi successe qualcosa che mai mi sarei aspettata. Le braccia di Dana mi strinsero forte a lei, tenendomi stretta. Fu un abbraccio confortante e per niente imbarazzante, e questo mi confuse ancora di più.
«Ellie» mi chiamò Steven, fermo sulla porta.
Mi staccai da quell'abbraccio e le sorrisi. Poi, salì sulla moto e partì.
«Non dirmi che adesso siete diventate grandi amiche» mormorò Steven, freddo.
«L'hai visto anche tu? Dana mi ha abbracciata? Mi ha sorriso? Non ho immaginato tutto?».
«I suoi ormoni devono averla fatta impazzire. Vedrai che domani ritornerà tutto come prima».
Magari ero stanca e non del tutto lucida. Ma avevo capito che Steven mi stava nascondendo qualcosa di importante. E Dana era la mia unica speranza per scoprire di cosa di trattasse.
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Cause you make my heart race || Niall Horan
FanfictionTutto intorno a lei le ricordava la sua infanzia: la soffitta impolverata, un baule pieno di cose, una piccola collana di creta. Tutto sembrava riportarle in mente il suo migliore amico, con il quale non aveva più parlato per paura di risultare inva...