I ricordi dell'infanzia,soprattutto se piacevoli, non si dimenticano mai. Così come le persone che ne hanno fatto parte.
Tolsi le cuffiette dalle orecchie e le posai sul comodino accanto al letto. Mi misi seduta sul materasso, temporeggiando ancora un pò sotto il calore delle coperte prima di alzarmi e andare in biblioteca a studiare. Tra meno di qualche giorno avrei dovuto affrontare gli esami finali dell'ultimo semestre, ma durante gli ultimi mesi anzichè ascoltare le lezioni e prendere appunti, mi ero limitata a guardare fuori dalla finestra e a cercare tutti i modi possibili per fuggire da quella monotonia senza fine. Guardai il display del cellulare, indecisa se chiamare qualcuno per passare il tempo o semplicemente aspettare che accadesse qualcosa. Che magari qualcuno dei miei amici si facesse vivo e mi chiedesse di andare al cinema o anche di andare a mangiare una pizza. Ma nulla. Sembravano tutti troppo presi da quegli esami assurdi. Mi feci coraggio e abbandonai le coperte, dirigendomi a gattoni fino all'armadio di fronte al letto. Presi una tuta grigia e la indossai, alzando il cappuccio della felpa sulla testa e prendendo lo zaino nero appeso lì vicino. Mia madre sosteneva che i colori così spenti non mi donavano molto e che dovevo provare a variare il mio guardaroba, un tempo molto più variegato. Ma non mi andava di andare in giro a comprare vestiti, perchè non ci sarebbero state molte occasioni speciali in cui indossarli. Il mio itinerario giornaliero prevedeva tre o quattro tappe fondamentali: scuola, casa, biblioteca, casa di Pamela. L'ultima era più o meno variabile. Su Pamela si potevano dire molte cose, tranne che fosse una ragazza insicura. La sua sicurezza e la sua prontezza mi avevano sempre affascinato e non capivo perchè io non potessi godere di un carattere forte come il suo. Probabilmente era per quello che era diventata la sorella che non avevo mai avuto. Non per invidia, ma per ammirazione più che altro.
Il cellulare si illuminò e cominciò una delle mie canzoni preferite. Le note di Moments ruppero il silenzio della mia stanza e io non potei fare a meno di sorridere, nostalgica. Era veramente strano come la vita potesse rivoluzionarsi da un giorno all'altro senza che tute ne rendessi conto. Non sapevo quanto tempo era passato dall'ultima volta che vidi quello che fino a qualche anno prima era il mio migliore amico. Erano passati più di due anni dal'ultima volta che avevo avuto l'occasione di parlare con Niall. Avevo perso il conto dei momenti in cui mi capitava di pensare a lui e a quei momenti seduti sul prato di fronte casa. Era come se riuscissi a sentire ancora il suono della sua chitarra, come se il suo sorriso fosse ancora davanti ai mieiocchi. Non ricevevo un suo messaggio da molto tempo. Sapevo quanto fosse impegnato, ma temevo che avesse scordato quanto importante fosse stata la nostra amicizia. Il fatto che stessi per lasciare la scuola mi riempiva ancora di più il cuore di una strana nostalgia, piena di rancore. Avevo provato diverse volte a chiamarlo, ma non aveva mai risposto. Poi avevo smesso per paura di risultare invadente. E per molto tempo provai a dimenticarmi di lui. Ma non era facile.
Risposi al telefono e ascoltai le parole della direttrice della biblioteca, che si scusava di non poter aprire oggi per un imprevisto che l'aveva costretta a rimanere a casa.
«Ellie!» urlò mia madre. Sentii un leggero rumore di tacchi e capii che stava uscendo. Chiusi la chiamata e scesi le scale,raggiungendola all'ingresso.
«Tesoro vuoi un passaggio?» domandò, lanciando un'occhiata di disapprovazione ai miei vestiti. La ignorai e scossi latesta.
«La signora Miller mi ha chiamata in questo momento. Oggi la biblioteca rimane chiusa».
Mia madre annuì e poi mi sorrise. «Perchè non chiami Pamela e le dici di venire qui da noi? Potrebbe fermarsi anche acena» suggerì.
«E' andata con i suoi genitori a trovare i nonni. Non penso che torni in tempo per venire qui» risposi. Mia madre sospirò, scostandosi una ciocca di capelli dal viso.
«Ci vediamo più tardi allora». Chiusi la porta d'ingresso e mi resi conto di avere ancora lo zaino sulle spalle. Lo abbandonai accanto alla porta e andai in cucina, sperando di trovare qualche distrazione nel cibo. Preparai una cioccolata calda e la versai dentro una delle mie tazze preferite di colore blu, un regalo di Pamela di tanti anni prima, poi ne bevvi unsorso e mi sentii pervadere dal suo calore che riuscì a rilassarmi all'istante.Un'ora e due tazze di cioccolata più tardi decisi di salire in soffitta. Tolsi il telo trasparente che copriva un piccolo telescopio che mio padre aveva comprato quando avevo compiuto dieci anni e lo guardai, ripendando alla prima volta che lo usai e a quanto ero stata felice divedere finalmente le costellazioni da vicino. Non era granchè, ma agli occhi di una bambina appassionata di stelle era la cosa più preziosa che si potesse possedere. Mio padre mi diceva sempre che se il mio sogno era scoprire il cielo e i suoi misteri, allora dovevo impegnarmi fino in fondo per riuscirci. Ma, al momento, non ero più sicura di quale fosse il mio sogno. Mi sarei concentrata su quel diploma tanto voluto e poi... chissà. Magari sarebbe arrivato un gufo bianco a consegnarmi una lettera per Hogwarts. O magari - cosache più speravo - sarebbe arrivato qualcuno con in mano la lettera di ammissione ad Harvard, l'università dei miei sogni. Ma le probabilità che succedesse la seconda cosa mi sembravano molte di meno rispetto alle probabilità che accadesse la prima.
Alla mia destra, coperto da una decina di vecchi libri e da uno spesso lenzuolo bianco c'era un baule in legno di faggio che conteneva un'infinità di cose. Considerando che quando lo riempii avevo appena compiuto nove anni, il suo contenuto andava da qualche bambola in edizione limitata a due o tre libri di astronomia per bambini. Mentre tiravo fuori una palla da spiaggia, qualcosa scivolò accanto a me finendo sul pavimento. La presi con delicatezza e ci soffiai sopra per togliere la maggiorparte della polvere che la ricopriva. Poi sorrisi e la indossai. Era una catenina argentata con un ciondolo di cera modellato a forma di cuore, nel quale erano state incise una N e una E.
«Niall e Ellie» sussurrai, felice di averlo ritrovato. Era il regalo che Niall mi fece prima di partire.
Sentii la porta di ingresso aprirsi e subito la voce entusiasta di mia madre che urlava il mio nome. Riposi nel baule tutto quello che avevo tirato fuori - eccetto la collana - e richiusi con cura la stretta apertura che portava alla soffitta, appena sopra il corridoio che portava in cucina.
«Mi cercavi?» chiesi a mia madre, raggiungendola in camera da letto. Tolse i tacchi in fretta e furia e prese velocemente la sua borsa nera, rovistando ansiosamente tra mille scartoffie, fino a quando non trovò quello che cercava.
«Va tutto bene?» le chiesi,confusa. Cominciò ad agitare qualcosa davanti al mio viso, ma non riuscii a capire di cosa si trattasse.
«Potresti fermarti un attimo e spiegarmi per quale motivo sei così contenta?». Rise e mi porse il pezzo di carta che teneva in mano.
«E' stato un caso che io l'abbia trovato. La figlia di una mia collega doveva partire, ma sta male e quindi ho pensato che ti sarebbe piaciut...».
«Non può essere vero» la interruppi.
«Consideralo il tuo regalo anticipato per esserti quasi diplomata» affermò sorridendo.
Era mio. L'avevo tanto sognato e adesso era lì, tra le mie mani. Mi trattenni dall'urlare e rimasi immobile per qualche minuto a guardarlo,con la paura che potesse improvvisamente scomparire dalle mie mani. I biglietti per il concerto dei One Direction a Londra erano esauriti da settimane ormai. Ma il mio era lì, davanti ai miei occhi. Sentii mia madre abbracciarmi, ma ero talmente sorpresa che non ricordai neanche di aver ricambiato. Nei giorni successivi provai ad impegnarmi e superai gli esami arrivando quasi al massimo. Non ero mai stata così felice e determinata. Raccontare a Pamela del concerto era stata un'impresa colossale, dal momento che non la smetteva mai di parlare e abbracciarmi e parlare ancora e dirlo a tutte le persone che conosceva e abbracciarmi ancora. Il suo entusiasmo mi travolse e pensai di portarla con me, a Londra. Non aveva mai lasciato l'Irlanda e sapevo quanto lo desiderasse. Ma il giorno della partenza arrivò troppo velocemente e dovetti rassegnarmi a partire da sola. La notte prima non riuscii a prendere sonno, perchè continuai a pensare a cosa avrei provato rivedendo Niall. Non avrei potuto abbracciarlo, ne lui avrebbe saputo che ero lì. Sarebbe stata solo un'occasione per ascoltarlo di nuovo e capire se dentro di lui fosse rimasto un pò del Niall che conoscevo. Quando arrivai a Londra un taxi mi portò fino al mio hotel.Presi un respiro profondo e mi lasciai cadere sul letto.«Sto arrivando» mormorai e poi, stanca e assonnata, mi addormentai.
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Cause you make my heart race || Niall Horan
Fiksi PenggemarTutto intorno a lei le ricordava la sua infanzia: la soffitta impolverata, un baule pieno di cose, una piccola collana di creta. Tutto sembrava riportarle in mente il suo migliore amico, con il quale non aveva più parlato per paura di risultare inva...