Sentii uno strano formicolio alla testa mentre sbattevo leggermente le palpebre, proteggendo gli occhi dalla luce accecante che mi investiva il viso. Avvertii la leggera sensazione delle lenzuola sulla pelle e capii che qualcuno mi aveva svestita e sdraiata in un letto. Mi sentivo sfinita, come se avessi corso per chilometri senza fermarmi un attimo. Non avevo abbastanza forze per muovere la testa, ne qualche altra parte del corpo.
Cercai di scavare nei miei ricordi alla ricerca di qualche segno che mi facesse capire cosa fosse successo. Chiusi gli occhi per qualche secondo e li riaprii, osservando la luce bianca sopra la mia testa. All'improvviso il mio cervello mi riportò nel passato e vidi i fari di una macchina venirmi addosso. Prima che avessi il tempo di rielaborare ciò che avevo visto, qualcuno entrò furiosamente nella stanza, precipitandosi accanto al mio letto. Era un ragazzo, probabilmente un mio coetaneo. I suoi occhi mi guardavano preoccupati e solo dopo qualche istante realizzai che io quella persona dovevo averla già vista. Non sapevo dove o come l'avessi conosciuta, ma era da qualche parte imprigionata in ricordi lontani che non sentivo più miei.
«Lo sapevo! Lo sapevo che non mi avresti lasciata» esclamò entusiasta, stringendo la mia mano fra le sue. La ritrassi, diffidente, e il suo sguardo mi trafisse come una lama.
«Ellie? Stai bene?» chiese, nervoso.
Non sapevo come confessare a quel ragazzo che non sapevo chi fosse. Aveva gli occhi gonfi di lacrime e continuava a guardare la porta e poi me, frustrato. Qualche secondo dopo entrò una ragazza insieme a quello che doveva essere il suo fidanzato. Anche i loro volti non mi erano nuovi, ma la mia mente era diventata un puzzle del quale avevo smarrito i pezzi più importanti.
La ragazza si fiondò su di me, in lacrime. Il suo abbraccio, seppur impacciato per via dei tubicini che mi circondavano il corpo, era la cosa più familiare che avessi sentito fino a quel momento, e questo non faceva che aumentare il mio senso di colpa e la mia paura. Perchè non ricordavo queste persone?
«Siamo stati qui ogni giorno, sperando che ti svegliassi. Non mi sembra vero» affermò la ragazza, ritornando tra le braccia del suo fidanzato. Continuai a guardarli con aria delusa, sperando che nel giro di qualche secondo avrei riavuto la memoria e mi sarei ricordata di loro. Ma non successe niente. Ne dieci secondi dopo, ne un minuto dopo.
«Steven» disse il ragazzo numero due, quello entrato insieme alla ragazza. «C'è qualcosa che non va».
Il ragazzo numero uno, che doveva chiamarsi Steven, lo guardò confermando il suo dubbio.
«Ellie? Ti ricordi di me?» chiese la ragazza a bassa voce. Le lacrime le avevano sbavato il mascara, che le aveva lasciato dei solchi neri sulle guance. Avvertii un enorme senso di disprezzo nei miei confronti, perchè non sapevo come rispondere alla sua domanda. Mi limitai a scuotere la testa e a tenere lo sguardo basso, mentre il ragazzo numero uno, Steven, la guardava incredulo.
«Non ricordi proprio niente?» chiese il ragazzo numero due. Scossi nuovamente la testa. Mi sentivo come una bambina alla quale i genitori facevano domande per capire se avesse rubato le caramelle. La loro voce era tenue, misurata, ogni parola scandita bene come se avessero paura che non li capissi.
La ragazza sembrò riflettere per qualche secondo prima di continuare a parlare. «Forse non ti ricordi di noi, ma di Niall?».
Niall. Ricordavo di aver pensato a quel nome diverse volte mentre la mia mente vagava nel buio del coma in cui dovevo essere caduta, ma non riuscivo a ricollegarlo ad un volto. Il mio cuore, però, accelerò i suoi battiti, e io mi ritrovai a pensare chi fosse Niall e perchè il suo nome mi facesse questo effetto. Scossi nuovamente la testa e mi portai una mano sulla gamba dolorante, interamente fasciata da una garza bianca e spessa. Ero imprigionata nel mio stesso corpo, incapace persino di muovere la testa. E in più negli ultimi minuti avevo capito di aver completamente perso la memoria.
Steven attraversò la stanza svariate volte, camminando nervosamente davanti al mio letto. La ragazza si precipitò fuori dalla stanza ad avvertire un infermiere del mio risveglio inaspettato, mentre il ragazzo numero due continuò ad osservarmi a distanza, studiando il mio volto come se volesse cercare una spiegazione alla mia improvvisa mancanza di ricordi legati a loro. Qualche minuto dopo entrò un uomo sulla cinquantina e riuscii immediatamente a ricollegare il suo volto a qualcuno che avevo visto di recente. Ricordavo anche il suono rassicurante della sua voce mentre piano piano mi addormentavo tra le sue braccia. Doveva essere il dottore che mi aveva portata in quell'ospedale e che mi aveva salvato la vita. Sul camice era ricamato, in corsivo, il nome dott. Dan MacCray.
«Signorina Edwards è un piacere riaverla di nuovo fra noi» disse, regalandomi un piccolo sorriso. Con mia sorpresa riuscii a sorridere anche io nonostante i tubi, la mascherina dell'ossigeno e le fasciature in tutto il corpo. Doveva essermi capitato qualcosa di molto grave se mi trovavo in quelle condizioni. Sentii la ragazza raccontare ansiosamente il mio risveglio e la mia perdita della memoria, ma il dottor McCray non mostrò alcun segno di preoccupazione.
«E' normale che a seguito di un incidente grave come quello della sua amica si manifesti una perdita di memoria temporanea. I ricordi sono ancora lì, intatti, ma spesso si trova molta difficoltà a ricollegarli alla realtà» replicò, scarabocchiando qualcosa nella sua cartellina.
«Quindi prima o poi riuscirà a ricordarsi tutto?» chiese Steven.
«Tecnicamente si, ma non ci sono il 100% di possibilità che anche i rapporti che aveva instaurato precedentemente con voi ritornino come prima. Al momento è come se la mente della vostra amica fosse azzerata, come se non vi conoscesse. Ha bisogno che voi conquistiate la sua fiducia e le facciate recuperare ciò che è perso dentro la sua testa».
A questa affermazione seguirono altre domande a cui decisi di non prestare attenzione. Io sentivo di conoscere quelle persone, ma avevo un muro davanti a me che non mi permetteva di ricostruire nulla. Volevo far tornare tutto come prima, e non solo per me stessa, ma anche perchè quei ragazzi che mi erano rimasti accanto fino a quel momento se lo meritavano, qualunque posto avessero avuto fino a quel momento nella mia vita.
Erano passate un paio d'ore dall'ultima visita della ragazza, della quale adesso sapevo anche il nome.
Pamela.
Non aveva smesso di parlarmi neanche per un attimo, raccontandomi ogni cosa dal momento in cui ci eravamo conosciute fino alla nostra laurea ad Harvard poco tempo prima. Avevo posto qualche domanda riguardo il misterioso Niall, perchè non riuscivo a smettere di pensare a quel nome, ma Pamela ignorava sistematicamente ogni mia curiosità su di lui.
«Perchè non rispondi alle mie domande? Sei stata tu a nominare questo ragazzo, chiunque sia, o sbaglio?» affermai. Non mi sarei arresa. Sentivo che questo 'Niall' avrebbe potuto mettere a posto un pò della mia confusione.
«Il dottor McCray è stato chiaro: non posso stressarti in alcun modo, ne rischiare di darti troppe informazioni tutte in una volta» mormorò, porgendomi un bicchiere di aranciata insieme a delle piccole antidolorifiche.
«Troppe informazioni? Non rispondi alle mie domande e svii continuamente ogni discorso che porti a lui. Puoi almeno dirmi cosa mi ha fatto? Deve avermi fatta soffrire tanto se non vuoi che io mi ricordi di lui».
Il suo sguardò si posò sul mio per un istante, poi tornò basso sul pavimento. Capii che quello che mi nascondeva era molto più grande di quello potessi immaginare.
«Hai intenzione di raccontarmi qualcosa del mio incidente almeno?» chiesi, cambiando argomento. Pamela si tranquillizzò e mi prese la mano.
«Io ero in America e sono arrivata a Londra quella notte stessa. Ho saputo solo qualche ora dopo del mio arrivo che qualcuno vi era venuto addosso e che vi avevano portati in ospedale».
Avevo già intuito che il mio incidente doveva essere stato provocato da qualcuno, perchè nei pochi frammenti di ricordi erano apparsi più di una volta due fari accecanti che puntavano su di me. Avevo anche notato che, durante i suoi racconti, Pamela aveva usato sempre il plurale per parlare di quello che era successo.
«Chi era l'altra persona con me?» chiesi.
Dall'occhiata che mi lanciò, capii che quella persona doveva essere Niall. Quel ragazzo mi era entrato nella testa e avevo continuato a pensare a lui anche durante le visite a cui ero stata sottoposta dopo il mio risveglio. "Sei distratta", continuava a ripetermi il dottor McCray, e io scuotevo la testa, dicendo che stavo solo provando a ricordare. Ma non era vero: pensavo a Niall, a che aspetto potesse avere. Pensavo che se solo l'avessi visto, avrei potuto ricordare.
Sentii bussare alla porta. Pamela si alzò e aprì, poi mi lasciò sola. Davanti alla porta c'erano due persone, un uomo e una donna, che si precipitarono accanto al mio letto e mi strinsero le mani. Loro li ricordavo: erano i miei genitori.
«Mi ricordo di voi» mormorai con un filo di voce, immaginando cosa stessero per chiedermi. Mia madre tirò un sospiro di sollievo e mio padre sorrise, posandole una mano sulla spalla.
«Andrà tutto bene vedrai. Ti aiuteremo a ricordare e presto tutto tornerà come prima».
Non feci caso a chi dei due parlò, perchè intravidi l'ombra di qualcuno fermo davanti alla porta della stanza. Lo sguardo di mio padre seguì il mio, intercettanto ciò che stavo guardando. Lo vidi reprimere un sorriso mentre andava ad aprire. Entrò un ragazzo alto e spettinato, dagli splendidi occhi verdi. Lo conoscevo? Speravo di si. Nel giro di pochi secondi me lo ritrovai davanti, mentre dei miei genitori non c'era più traccia.
«Ciao» disse, sorridendo.
«Ciao» dissi.
«Sei messa peggio di quanto pensassi» affermò ironicamente, avvicinando una mano al mio viso. Mi accarezzò la guancia con delicatezza e io chiusi gli occhi, lasciandomi trasportare dalla dolcezza di quel gesto. Il mio cuore batteva forte, come impazzito. Era forse lui il Niall di cui mi avevano parlato?
Lo guardai attentamente, studiando ogni particolare del suo viso, ma la mia mente era in confusione. Fermai il mio sguardo sulle sue labbra e accennai un sorriso. Possibile che fossimo stati insieme? Prima che potessi rifletterci con più attenzione, il ragazzo dagli occhi verdi si chinò su di me, sfiorandomi la bocca con un dito. Il mio respiro divenne irregolare e lui se ne accorse, ma non si allontanò. Il suo viso era a pochi centimetri dal mio. E se baciare quel ragazzo mi avrebbe aiutata a recuperare qualcuno dei miei ricordi? Non ci fu bisogno di pensarlo, perchè all'improvviso fu lui a farlo. Ne fui sorpresa, ma le sue labbra erano così morbide che ricambiai immediatamente.
«Se solo potesse essere sempre così, Ellie» sussurrò, poi si alzò velocemente e se ne andò.
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Cause you make my heart race || Niall Horan
FanfictionTutto intorno a lei le ricordava la sua infanzia: la soffitta impolverata, un baule pieno di cose, una piccola collana di creta. Tutto sembrava riportarle in mente il suo migliore amico, con il quale non aveva più parlato per paura di risultare inva...