Inferno (parte prima)

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Il giorno dopo il cielo era nuvoloso e il sole tentava invano di illuminare il mondo. Il vento fresco salutava i cittadini di Roma appena svegli. Le macchine occupavano le strade vicino all'entrata in città, ai monumenti e agli ospedali. Si sentivano di continuo le risate dei bambini e i clacson delle auto.

Una vettura si fermò vicino a un albero.

Leonardo scese sbuffando e dalla portiera posteriore prese un'orchidea.

Guardò attentamente i petali del fiore, li toccò e chiuse la macchina.

Entrò in un ospedale di Roma e si diresse subito nel reparto dove era ricoverata la collega.

La porta della sua stanza era aperta ed Elisabetta stava riposando.

Il suo cellulare squillò, lei sbadigliò, guardò il numero e rifiutò la chiamata.

Leonardo sorrise ed entrò: "Adesso non puoi più inventare scuse."

La donna lo fissò stupita. "Non dovresti essere a Mestre in redazione?"

Lui alzò le spalle e indicò il fiore. "È un regalo per te!"

Elisabetta lo guardò sottecchi. "Ci siamo parlati solo una volta due settimane fa. Non pensavo fossimo così in confidenza..."

Leonardo si sedette vicino al letto. "Proprio per questo sono qui. Volevo solo accertarmi che stessi bene."

Lei ribatté: "Conosco molte persone come te. Non viaggerebbero per un totale di dieci ore solo per una visita. Esistono i cellulari e poi non credo che tu sia partito questa notte."

Il giornalista si alzò e mise la pianta sul davanzale. "Hai ragione: ho preso una settimana di ferie per visitare Roma. Alloggio all'hotel Alba."

"Non ti conviene sprecare tempo con me. Ti ringrazio dell'orchidea, ma ora devi andare. I medici saranno qui tra poco" esclamò lei a disagio.

Lui abbassò il capo e si torturò le mani. "A dire il vero sono qui per un altro motivo: vorrei avere qualche informazione su quello che è successo poco meno di due settimane fa a villa Bacco. Tu eri presente e potresti aiutarmi."

Elisabetta sorrise. "Con questa richiesta capisco il ruolo dell'orchidea: era solo una gentilezza per indurmi a cambiare idea sul tuo conto, ma non mi sbagliavo. Lavori in redazione da due settimane e solo un raccomandato potrebbe permettersi una vacanza dopo così poco tempo."

L'uomo alzò un sopracciglio. "Le tue parole sono piene di odio e credo che il tuo allontanamento da Damiano contribuisca ad aumentare la rabbia. Volevo solo essere gentile con te, ma vedo che non sei in grado di capirlo. Ci vediamo a lavoro!"

Elisabetta fissò l'uomo fino all'uscita.

Per un attimo Leonardo si voltò concentrandosi sull'orchidea.

La giornalista guardò il fiore ancora stupita e pensò che in quel luogo di dolore la pianta avrebbe rallegrato l'ambiente.

***

Due ore dopo Damiano stava sistemando i vestiti nella valigia. L'Accademia di Medicina sorgeva imponente sulla città di Algeri. La sua grandezza era in netto contrasto con la desolazione e la morte che ormai regnavano incontrastate. La guerra tra cristiani e islamici continuava senza tregua in un campo di battaglia in cui gli unici ripari erano le macerie dei grandi edifici e i mucchi di cadaveri. Quel paesaggio rattristava Damiano, che però era felice di rivedere Elisabetta e di tornare in Italia. Il letto di Ali era sistemato e presto un altro studente avrebbe dormito lì. Tramite computer il giornalista aveva mandato l'articolo riguardante la catena di delitti che aveva oscurato l'Accademia.

Chiave: il lato oscuro della luceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora