Il segreto di Mario (parte seconda)

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Si sentiva distrutto, perso tra le mille disgrazie della vita. Aveva sempre pensato alla sua esistenza come a una montagna da scalare. Più la salita era impervia, più era bello il panorama sulla cima. Più gli ostacoli sarebbero stati pericolosi, maggiore sarebbe stata l'energia per affrontarli. Ma in quel momento non ne aveva più. Ogni sua forza era stata consumata per la rabbia di quella tremenda ingiustizia. Edoardo l'aveva arrestato e, per umiliarlo maggiormente, l'aveva fatto passare per l'imponente entrata dell'hotel Excelsior. Aperte le porte a vetri, aveva sentito i flash dei fotografi su di sé, come laser pronti a imprimerlo a vita. Quei flash, quelle voci, gli articoli che di sicuro stavano uscendo con il suo volto smunto in prima pagina l'avrebbero marchiato a vita. Sarebbero stati un tatuaggio impossibile da togliere. Lui desiderava diventare famoso, sì, ma voleva che il suo nome apparisse al fondo degli articoli, come firma, e non come criminale. La sua carriera, i suoi sogni, tutto finito. La sua montagna era crollata per colpa di una stupida erosione. Non gli importava che quell'equivoco fosse chiarito. Perché per l'opinione pubblica lui sarebbe sempre stato quello: l'oggetto di un articolo di cronaca nera e non l'autore, il responsabile di un furto e non chi aveva il compito di raccontarlo.

Sentì la porta aprirsi e tirò su la testa, togliendosi le lacrime dagli occhi rossi.

Davanti a sé trovò Edoardo che lo guardava con espressione ferrea.

"Vuoi che ti racconti per l'ennesima volta ciò che è successo?" domandò Damiano con voce tremante.

Provava freddo, un freddo che gli entrava nelle ossa e che stava alterando le sue facoltà mentali.

"Complimenti" si congratulò ironicamente Edoardo, sedendosi davanti a lui. "Ti sei preso pure gioco di quella povera ragazza. Sapevi che Cherifa ti avrebbe creduto. Lei era l'alibi perfetto!"

Lui strabuzzò gli occhi, sorpreso. "Pensi che... io l'abbia usata per avere qualcuno disposto a giurare sulle mie buone intenzioni? Come ti permetti? Sei un pezzo di..."

"Non ti conviene insultare colui che può decidere la tua vita. Damiano, io ho in mano il tuo futuro e posso scegliere come cambiarlo. Non ti conviene farmi arrabbiare!"

Il giornalista continuò a tremare.

Chiuse gli occhi per evitare che le lacrime potessero uscire, ma scoppiò in un pianto disperato.

Edoardo lo osservò accigliato. "Speri di impietosirmi? Su quella sedia si sono seduti criminali ben più temibili di te. Persone corrotte o corrose da un'insana malvagità. Non mi faccio intenerire da due stupide lacrime."

Il giornalista scosse la testa e sospirò più volte per evitare che l'agitazione avesse la meglio su di lui. "Come puoi davvero pensare che io possa essere stato complice di Dark Rose, della stessa donna che ha messo in pericolo la vita di Elisabetta? È vero, ho camminato più volte sul filo dell'illegalità, ma stavolta no. Non ho commesso alcun crimine, mi devi credere!"

Edoardo alzò una mano. "Un attimo, partiamo dall'inizio. Stasera ti ho visto mentre parlavi al telefono e sembravi parecchio agitato..."

"Stai insinuando che stessi parlando con Dark Rose? Ero al cellulare con Cherifa e i tabulati telefonici te lo potranno confermare."

Edoardo proseguì senza battere ciglio: "Mentre Einaudi stava suonando i suoi pezzi, ti sei alzato di colpo creando parecchio brusio intorno a te. Sembravi una furia, ti ho visto e anche altri lo possono confermare!"

Il giornalista si lasciò andare a una risata liberatoria. "Hai frainteso." Si calmò e diede una spiegazione: "Mentre Einaudi suonava, ho pensato a un incontro avuto poco prima, quando avevo parlato con una donna dal timbro di voce familiare e non avevo capito chi fosse. Poi, però, ho avuto la risposta: era Dark Rose!"

Chiave: il lato oscuro della luceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora