Rocce rosso sangue (parte prima)

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Giovanna represse uno sbadiglio e posò la sua borsa e il sacchetto dell'indifferenziata per poter chiudere a chiave la porta del suo appartamento, poi li riprese e scese in fretta le scale.

Quel mattino avrebbe dovuto fare un appostamento con Edoardo per verificare l'identità della persona che la telecamera di sorveglianza del bar Oasi aveva ripreso nel giorno indicato dalla signorina Apricena: era riuscita a convincere il questore a richiedere quei filmati e sapeva che l'aspettava un lunedì davvero noioso. Se però le parole di Laura erano vere, in quei video c'era l'uomo che le aveva rubato e poi riportato il portafoglio e non poteva lasciarsi scappare l'occasione di trovarlo.

Una volta scesa nell'ingresso principale, aprì il portone e si lasciò avvolgere dalla pungente aria di novembre.

Si strinse nelle spalle: indossava un giubbotto leggero e si maledisse per non aver messo addosso un indumento più pesante.

Arrivò ai cassonetti dell'immondizia e buttò l'indifferenziata; l'odore che proveniva da quei recipienti le solleticò il naso, ma poi si dissolse nel freddo novembrino.

Con una mano rinsaldò la borsa su una spalla e proseguì verso la macchina, una Honda Civic nera pece.

Proprio quando stava per aprire l'auto, vide una figura appoggiata alla parete dall'altra parte della strada.

Assottigliò gli occhi: quell'uomo avvolto in un lungo impermeabile nero le ricordava qualcuno.

Osservò con attenzione il volto, rotondo e dalla pelle raggrinzita. Nonostante i capelli brizzolati, gli occhi grandi e neri erano rimasti gli stessi che ricordava.

Si guardò intorno e poi attraversò la strada per raggiungere quell'uomo che si allontanò dalla parete e tolse le mani dalle tasche, sollevando le braccia. "Finalmente!"

Giovanna rimase immobile quando sentì la sua voce ed ebbe l'ennesima conferma di trovarsi davanti all'uomo che aveva distrutto per sempre la sua famiglia.

"Papà..." disse lei in un sussurro, abbassando lo sguardo. La corazza che mostrava di fronte agli altri era crollata non appena l'aveva rivisto. "Cosa ci fai qui? Come hai saputo dove abito?"

Lui liquidò la questione con un gesto della mano destra. "L'ultima volta che ci siamo visti mi hai detto che ti saresti trasferita. Ho contattato alcuni tuoi amici, è stato facile rintracciarti."

Lei si morse l'interno della guancia destra: perché nessuno le aveva detto che suo padre la cercava? Con quale coraggio i suoi amici avevano dato il suo indirizzo proprio a lui dopo tutto ciò che aveva fatto?

L'uomo le si avvicinò e tese le mani in avanti. "Non mi abbracci?"

Lei inarcò un sopracciglio sottile e scuro. "Non ci vediamo da cinque anni e la prima cosa che mi chiedi è un abbraccio? Dopo che abbiamo litigato pesantemente l'ultima volta?" Sospirò e poi scosse il capo. "Non ho tempo da perdere, devo andare a lavoro."

Detto ciò, attraversò di nuovo la strada e si avvicinò all'auto.

Lui la seguì furtivo e le bloccò un braccio. "Aspetta. Ti prego, voglio parlarti. Ho bisogno di te."

Giovanna guardò con orrore quella mano rugosa che la bloccava e ringhiò: "Toglila subito o te la stacco a morsi."

Lui spalancò gli occhi dalla sorpresa e alzò le mani, colpevole. "Mi dispiace."

Lei, da vicino, poté vedere meglio il suo volto e in effetti notò che anche la pelle della faccia era rugosa, più rugosa dell'ultima volta in cui si erano parlati. Era come se le rughe avessero colonizzato la sua fronte e sottili linee gli incorniciavano le labbra. Pensò che fosse invecchiato male, ma al momento non le importava. Non gliene fregava nulla di lui dopo ciò che aveva fatto.

Chiave: il lato oscuro della luceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora