Capitolo 74

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Rimango ferma, a guardarla. La donna che mi ha abbandonato è qui di fronte a me.
Lele mi prende la mano, e me la accarezza. Lui ha capito cosa sta succedendo, e sa che in questo momento sto male.
"E-Elodie?" dice la donna davanti a me con voce tremante. Ho sbagliato a chiamarla 'Mamma.', lei non lo è. Le mamme non abbandonano i figli.
A giudicare da tutti quegli accessori che ha addosso, e quegli abiti costosi, ora lei sta bene, economicamente. Ha abbandonato me e mio padre, per una bella vita da ricca?
La donna di fronte a me trema ancora, come me. Mi guarda negli occhi, cercando di dirmi qualcosa che non capisco, anzi non voglio capire.
Quando una lacrima scende dal mio viso, stringo forte la mano di Lele, inizio a correre.
"Elodie!" sento la donna chiamarmi più volte. Mi volto per guardarla.
"Andiamo." dico con un filo di voce a Lele, che annuisce.
Camminiamo a passo svelto verso la stazione, in silenzio. Troppi pensieri ho nella mia testa, ma non voglio dirli. Sono cose inutili.
Aspettiamo il treno, con sottofondo le persone che parlano, tranquille. Ma nella mia mente è tutto un casino. È come se quelle persone stessero urlando, e la testa mi stesse per scoppiare.
Lele mi sta guardando da quando mi sono scontrata con quella donna. Quella donna dal mio stesso sangue, ma così lontana da me, come non dovrebbe essere.
Piango silenziosamente. Nessuno se ne accorge, tranne lui. Lele mi abbraccia.
"Amore, non piangere."
Lo stringo forte a me, come se lui fosse l'unico mio punto di forza, e in effetti lo è.
"Oddio." dico asciugandomi gli occhi.
"Dai, cerchiamo di non abbracciarci, sennò ci scoprono." dico poi piano.
"Come faccio a non abbracciarti? Stai male, Elo."
"Lele, non voglio perdere anche te." dico ancora più piano di prima.
Lui mi sorride, ma non è uno di quei bei sorrisi, e so il perché. Lui mi ha sempre detto che se sto male io sta male lui.
Il treno è arrivato, con cinque minuti di ritardo. Entriamo, e ci sediamo ai primi posti disponibili. La testa mi sta per scoppiare. Non riesco a smettere di pensare al volto di quella donna, tremante, che conoscevo prima, ma che mi ha abbandonato. Pensavo che non l'avrei mai più rivista, invece eccola.
"Amò." bisbiglia Lele.
Mi giro a guardarlo, a guardare l'unica mia salvezza.
"Vuoi ascoltare un po' di musica? Può essere che ti fa stare meglio." mi accarezza la mano.
"Sinceramente non penso che la musica basterebbe per far passare questo dolore." confesso.
"Hai ragione, infatti io ho detto che ti fa stare meglio, non che basta per questo."
Io gli sorrido, con uno strano sorriso.
Annuisco. Lui prende le cuffie, e me ne da una a me, e una se la mette lui.
Mette una canzone, che non ho mai sentito.
"Questa canzone l'ho conosciuta quando mia madre è morta." dice Lele guardando il finestrino.
"È bellissima." gli prendo la mano.
Ma poi ricordandomi del fatto che non dobbiamo far vedere agli altri che stiamo insieme, gli lascio la mano.
Lui mi sorride.
"La canzone è del Negramaro, si chiama 'Lacrime'."
Lui mi riprende la mano, e nasconde le nostre mani intrecciate sotto la sua coscia, per non farle vedere.
"Mi piace la frase 'Quante volte ho stretto in mano, una mano che non c'è. Per sentirmi meno solo, ti ho inventato accanto a me.'. Sembra fatta apposta per me." dico.
Lui mi sorride.
"Lo so." dice accarezzandomi la mano.
Poi inizia guardare il finestrino, e inizia a cantare "E invece no, non c'eri tu a far smettere, dal mio viso questa pioggia di lacrime."
È tremendamente vera, questa canzone, per me.
Una lacrime scende dal mio volto. Mi giro a guardare Lele. Anche a lui una lacrima gli ha rigato il viso.
Inizia a guardarmi.
Mi abbraccia, stringendomi forte a sé.
"Pensavi a tua madre?" gli domande piano.
Lui annuisce, sciogliendo l'abbraccio. Si asciuga le lacrime con il dorso della mano.
La canzone finisce.
"Ne ascoltavo anche altre di canzoni, quando mia madre morì. Sempre dei Negramaro. Hanno delle canzoni che mi fanno pensare a lei. Anche perché, lei li adorava, erano i suoi cantanti preferiti." fissa il vuoto.
"Fammele sentire." lo guardo negli occhi, accennando un sorriso.
Lui accende il telefono e pigia la canzone da ascoltare.
"Questa si chiama 'Quel matto sono io'."
Mi stringe la mano più forte, e poi la accarezza. Io guardo lui, e lui guarda me.
Penso alla donna che dovrebbe essere mia madre, se non mi avesse abbandonato.
Lele mi fa stare meglio. Grazie a lui adesso riesco ancora a respirare.
Se lui non ci fosse stato, a quest'ora mi sarei chiusa in me stessa, sarei scappata via, lontano.
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Oggi ho postato prima...

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