24 - Earnestine Cox - Just Say No

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 Kat insiste per aiutare a prepararmi, tira fuori vestiti su vestiti mentre io mi dirigo al gabinetto, è su di giri perché le ho detto che può venire con me al locale

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Kat insiste per aiutare a prepararmi, tira fuori vestiti su vestiti mentre io mi dirigo al gabinetto, è su di giri perché le ho detto che può venire con me al locale. Ho bisogno di una spalla, non ce la faccio ad affrontare tutto questo da sola.

So che Kat, esattamente come me, sta facendo una specie di conto alla rovescia. Le ho detto che è assolutamente prioritario che lei faccia finta di non sapere nulla, che non si tratta di un gioco, e nel farlo, non volendo, ho scimmiottato le parole di Keller.

Non è un fottuto gioco, Cox. Scaliota non troverà in te quello che cerca.

Così come non ce l'ha trovato lui, così come per Keller non sarò mai abbastanza.

<<Earn tu prima...hai...>> Kat è imbarazzata quando mi vede uscire dal bagno, i suoi occhi scuri mi scandagliano con affetto. La mia rassicurante ancella, la mia amica. Eppure le mentirò, la vita può essere un tale casino, un tale ingiusto incoerente caos di azioni e pensieri. Aiuto gli altri e non lo so fare con me stessa. Non so da dove cominciare.

<<Cosa?>>

Le passo vicino lisciandomi i capelli, per un attimo ho pensato fosse ancora la mia chioma castana che stavo toccando, evito gli specchi da quando li ho tagliati. Invece sono le punte ossigenate che sfioro mentre stempero la tensione della mia amica e mi sforzo di sorridere.

Kat non trova le parole, non vorrebbe accusarmi. Questo riserbo che gli altri hanno di ferire, di parlare apertamente manifestando il problema, come se questo potesse contribuire ad alimentarlo, è un potente scudo per le persone che come me hanno sofferto di qualche tipo di problema alimentare e contemporaneamente è un deterrente abbastanza efficace per chi vorrebbe porvi rimedio. E così io mi accomodo proprio lì, in quel piccolo fragile spazio in cui so che Kat non si addentrerà. A volte mi chiedo se la scelta di studiare psicologia non sia stato altro che un'espediente per prendere meglio in giro chi ho intorno, per fargli credere che se aiuto gli altri è scontato che sappia fare la cosa giusta anche con me stessa.

<<Stai bene?>> Domanda infatti Kat mentre i suoi occhi mi abbracciano come solo quelli di una persona che ti vuole bene possono fare. E' alla ricerca di un'incertezza nei mie gesti che tradisca la verità, vorrebbe averla e contemporaneamente vorrebbe sbagliarsi, perché in fondo i miei problemi l'hanno fatta sempre sentire impotente.

Ma a parte il nervoso insistere dei miei polpastrelli sui capelli già in ordine, non trova niente che la spinga ad accusarmi e a tirarci addosso tanta angoscia in un momento in cui vorrebbe divertirsi insieme a me.

<<Si, non vedo l'ora di raggiungere gli altri al Nine Hour. Vedrai che sarà fantastico, Doug è divertente e ...>>

Kat tira giù la testa e mette un po' di spuma volumizzante sui capelli, quando la rialza sorride a sua volta.

<<E Nash?>>

<<Cosa c'entra lui?>> Dico distrattamente, ma il cuore inizia a battere. Il sapore delle sue labbra si insinua nella smorfia di disappunto che dedico alla mia amica.

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