<<Keller, respira, Cristo.>> Doug mi guarda preoccupato mentre io la cerco dappertutto intorno a noi e non faccio altro che imbattermi in espressioni tutte simili le une alle altre, costernate, stupite e impaurite, perché al diavolo, la morte fa paura eccome, specialmente quando si porta via un uomo giovane e bello come Steve, qualcuno che sembrava inviolabile.
No, non è stata la morte a portarselo via, è stato lui ad andarsene.
Doug mi tiene per il braccio, ha paura che possa afflosciarmi su me stesso, che possa svenire. Non l'ho fatto per Robert e non lo farò adesso.
<<Sto bene, molla la presa, >> lo avverto.
Alcuni visi sono familiari, altri del tutto anonimi, in prima fila intravedo Odette piegata in avanti, la bara è aperta, il cadavere di Steve è stato trovato in condizioni accettabili. I bambini, i suoi figli, se ne stanno rigidi e composti nella loro postura infantile.
<<Kate mi ha detto che...>>
<<Non mi interessa, sta zitto.>>
La testa martella, la stanchezza degli ultimi giorni, degli ultimi anni, ha il sopravvento.
Non sono mai i colpevoli ad andarsene, sono sempre le figure di contorno a pagare lo scotto.
<<Ancora non hai capito che essere così testardo non ti porterà da nessuna parte? Dannazione, Nash! Non si merita questo, dovresti esserle grato, dovresti...>>
Lo ignoro e mi avvicino a Odette, c'è un posto libero proprio dietro di lei. Mi siedo, faccio il segno della croce. Un'altra delle mie bugie. Da qui vedo i capelli biondi di Steve, dello stesso identico colore di quelli della figlia maggiore, Sara. Le dita rigidamente incastrate le une nelle altre sono già bluastre e contrastano dolorosamente coi polsini, bianchissimi, della camicia.
Mi siedo, poi ci ripenso e poggio una mano sulla spalla di Odette. Si volta verso di me, scandisce, sottovoce " non può essere vero", infine poggia la sua mano sulla mia. È calda, terribilmente calda in questo luogo pieno di morte.
<<Mi dispiace.>> Le dico mimandolo con le labbra.
<<Non è colpa tua.>> Ribatte lei convinta, ignara.
La stessa cosa che ha detto lei.
Non è colpa tua.
Invece lo è, so che è così. Anche quando l'ho trovata raggomitolata per terra fuori da quella topaia con le mani ancora premute sulle orecchie e gli occhi chiusi lo sapevo.
Lo sapevo quando l'ho presa in braccio e lei si è aggrappata a me, ho respirato il suo odore e poi ho poggiato la mia guancia contro la sua giurandomi che sarei stato debole per l'ultima volta. Ma ero così felice che fosse viva.
Questo cazzo di casino è stata colpa mia, della mia ossessione, della mia perenne, fottuta infelicità. Se solo non avessi messo in mezzo Steve, se solo non avessi messo in mezzo lei.
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Once Upon Three Times
General FictionQuando Nash Keller incontra Earnestine Cox per la prima volta non si rende conto che è perfetta. Quando ha l'opportunità di incrociare di nuovo la sua strada, però, fare finta di niente è impossibile: i suoi occhi verdi sono solo leggermente più chi...