34 - Nash Keller - The end of the Bait

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Noto che per tutto il tempo Earn non fa che guardare il piccolo ciondolo con il fiocco di neve. Lo fa una prima volta quando l'uomo vestito da maître – sono abbastanza certo che abbia un'arma nascosta sotto l'uniforme– ci accompagna per lo stretto corridoio di legno. Le assi scricchiolano, Cox guarda in basso e mi precede di poco, poi di nuovo riecco che osserva il braccialetto. Tento di non pensare al desiderio che provo, a quelle curve che rimpiango da quando sono stato tanto meschino e ipocrita da cacciarla in quel modo dal mio appartamento.

È un desiderio che alla luce dei nuovi fatti non conta niente. Razionalmente so che non è colpa sua se mi sono lasciato andare e se non sono stato fedele a Nat ma irrazionalmente è tutta un'altra storia. La verità è che provo una rabbia sconfinata e dei sensi di colpa cocenti per quello che è successo, per aver abbassato la guardia con lei.

E stasera, quando il maître le poggia leggero una mano sul fianco col solo, innocente scopo di accompagnarla, vorrei tanto strattonarla per un braccio e dirle di stare attenta, di non fare il mio errore, di non darsi in pasto a questi pescecani vestiti in giacca e cravatta e dal sorriso facile. Invece finisce che resto poco dietro di lei e mi faccio gli affari miei.

Ci sono persone che non imparano mai da proprio errori, persone che sacrificano tutto per le proprie pulsioni. Non io, in passato tutto questo mi è costato caro, ho perso Nat per dare retta al mio istinto.

Quindi è il mio cervello, anche mentre varchiamo la sala dove ceneremo, che ha la meglio.

Cox smette di torturare il braccialetto, si guarda intorno e poi si accarezza un braccio con la mano. È nervosa, non si aspettava certo che questa casupola tanto fatiscente dall'esterno, all'interno facesse sfoggio di un lusso così sfacciato.

Si ferma, si gira e mi osserva stupefatta ma deve notare che io non sembro sorpreso, che non faccio una piega.

Lo nota sicuramente. È quello che voglio? Che di nuovo mi legga dentro con tanta facilità?

Non lo so, ma è quello che le sto permettendo di fare.

Lo so, Cox, è tutto perfetto. Le tovaglie bianche sono della migliore qualità esistente, Scaliota gestisce persino un traffico di stoffe in Fiandra, è lui che rifornisce molto generosamente il proprietario. Per questo ti pare che brillino quasi, perché lo fanno. E quei bicchieri? Ti pare che anche quelli siano i più lucenti che tu abbia mai visto?

Lo sono, anche quello è, ovviamente, il miglior cristallo esistente, viene dalla Boemia.

Per questo adesso hai l'impressione che le stelle siano meno luminose.

O sono le stoviglie che ti incantano? È perché credevi che solo gli specchi potessero riflettere in quel modo? E che la porcellana, la semplice porcellana dei piatti non potesse sembrare così diversa da quella che conosci tu? Hai mai sentito parlare della ditta Royal Copenhagen, riconosci quel disegno vagamente geometrico e spiraliforme? Non ti sembra che richiami subito alla mente la filigrana delle banconote? Non ti sembra che debba esserci qualcosa di marcio sotto tutto questo splendore?

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