30 - Earnestine Cox - Rude Boy

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Prima che Keller si spinga dentro di me con una furia quasi disperata sento il fastidio delle mattonelle fredde sotto la schiena e mi chiedo se avere a che fare con lui, con Nash, si trascinerà sempre dietro il retrogusto amaro delle cose accennate, abbozzate quali siamo in questo preciso momento io e lui.

Non penso ad altro da quando me lo sono trovato di fronte con l'espressione spiritata in mezzo alla strada, per tutto il percorso ho pensato che io fossi, nella sua vita, solo un impulso di cui si pentirà presto.

Uno dei tanti, con lo stesso rilievo della biondina che aveva sulle gambe al locale.

<<Earn... dì di no...>> Mi sussurra all'orecchio, il sudore passa dalla sua mascella alla mia guancia, non riesco a vedere i suoi occhi ma so che in questo momento è combattuto, la voce si rompe in mezzo ad un verso di godimento, una specie di rantolo che basterebbe a farmi venire.

Vorrei scappare ma lui pesa sopra di me e la cosa tragica è che se solo me lo permettessi capirei la straordinarietà di quello che sta accadendo, noterei la frizione perfetta tra i nostri due corpi, impazzirei di eccitazione per il dettaglio delle sue braccia muscolose che si flettono sopra di me, per le sue spinte eccezionali.

È un ottimo amante, mi strappa un gemito. Vorrei mettermi una mano davanti alla bocca per averglielo permesso, lui in tutta risposta aumenta le spinte e mi bacia il collo, le guance e le labbra in un impeto di intimità che mi fa sbarrare gli occhi.

La pioggia ticchetta contro la finestrella, la sirena di un'ambulanza si allontana, qualche piccola luce della città si riflette sul vetro. L'appartamento di Keller affaccia proprio sul centro di Philadelphia. Una goccia perde e si infrange sulla porcellana bianca del lavandino. Perché Keller vive in questo modo? Con un materasso buttato in mezzo alla stanza, contenitori di cibo da asporto disseminati in giro e troppe donne intorno per non legarsi ad una sola?

Keller si ferma, mi osserva, si muove dentro di me come se fosse il posto migliore del mondo. La sua espressione è enigmatica.

<<Stai bene? Insomma... volevi, non ho forzato le cose...>>

Mi dà un leggero colpo di reni, lo sento, Dio, lo sento con tutta me stessa e vorrei che non fosse così. Un altro gemito, lui sorride, il sorriso sicuro di Keller, non certo dell'uomo che ha lasciato la sua esistenza a metà.

Che potrei dirgli? Che non riesco a rilassarmi perché so la risposta alla mia domanda? Che so perché sembra che niente sia davvero concluso? Che non è mai andato da nessuna parte?

Dovrei usare la mia professione contro di me, contro questo momento perfetto? Dovrei fargli presente che domani sera la mia concentrazione dovrà tutta essere per un uomo che non conosco?

<<Dì di no.>> Sussurra eccitato fraintendendo i miei pensieri e baciandomi il lobo dell'orecchio.

<<A te? Un po' troppo tardi non credi?>> Indico i nostri corpi allacciati con un risolino nervoso.

Once Upon Three TimesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora