Capitolo 13

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Jimin mi aveva fatto stare davvero male in quei giorni e anche se per lui poteva sembrare solo un gioco, per me era puro stress.

Mi affrettai a scendere le scale e raggiunsi i ragazzi in salone, poi mi avvicinai al tavolino davanti al divano e presi il mio telefono mentre sentivo sempre più sguardi posarsi su di me.

Si stavano sicuramente chiedendo cosa stavo facendo dato che avevo uno sguardo assassino e i pugni chiusi in una stretta ferrea.

Sentii qualcuno sussurrare il mio nome e subito dopo uscii dalla villa sbattendo rumorosamente il portone.

Era abbastanza presto, ma ero uscita poche volte così decisi di fare un piccolo giro in città. Iniziai a controllare gli orari dell'auto che mi avrebbe portato fuori da quel posto isolato mentre percorrevo una piccola via di ciottoli.

Una pausa da quel diavolo che avevo in casa mi avrebbe fatto bene.

Appena scesa dal veicolo il mio telefono iniziò a squillare: Era Suga.

Ma non potevo rispondere, mi serviva il relax assoluto, quindi spensi il telefono e lo misi in tasca.

Feci dei giri magnifici e vidi dei monumenti spettacolari, la Corea era davvero un posto strano. La cosa più divertente erano le espressioni della gente del posto che mi guardava con stupore bloccandosi di colpo.

Quando chiedevo delle indicazioni a qualcuno, le persone sgranavano gli occhi non aspettandosi che una come me potesse parlare coreano, e così iniziavo a chiacchierare con chiunque.

Per fortuna avevo trovato un ristorante italiano dove pranzare perché sinceramente avevo paura di assaggiare i cibi strani che vedevo in giro.

Quando iniziò a farsi buio cercai di capire come tornare a casa. Ma dove mi trovavo di preciso? Cavolo, avevo camminato troppo.

Mi ero forse persa?

Living with BTSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora