Capitolo 39

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La mattina dopo mi svegliai presto. Per qualche strano motivo ero felice.

Quando scesi al piano di sotto trovai Suga e Rapmon che parlavano durante la colazione.

Così presi qualcosa da mangiare e mi aggiunsi anche io.

"Buongiorno." salutai sorridente.

"Giorno." rispose Rapmon.

Suga fece un semplice gesto con la mano accompagnato da un mezzo sorriso.

"Capiti al momento giusto, stavamo proprio parlando di Federico." disse lui.

"Bene." replicai rigirando il cucchiaio tra le mani.

"Per il manager non ci sono problemi a patto che firmi questo."

Suga mi passò un foglio da compilare e poi continuò.

"È per costringerlo a tenere la bocca chiusa, questa è un'abitazione segreta. Naturalmente sarà solo per una settimana, poi tornerà in italia. D'accordo?" concluse spedito.

"Grazie mille."

"Non capisco perché vuoi aiutarlo. Da quello che ho capito non ti piace no?" intervenne Rapmon.

Io sorrisi imbarazzata e provai a rispondere quando Suga mi interruppe.

"Ha le sue motivazioni."

Dopo la colazione salii a dare il foglio a Federico. Lui lo prese e lo compiló senza pensarci due volte.

Allo stesso tempo stavo cercando Jimin. Dov'era finito?

Comunque che mi fregava di che stava facendo?

Assolutamente nulla.

Decisi di andare a farmi una doccia. Percorsi il corridoio e aprii la porta del bagno, quello in cui avevo dormito il primo giorno.

Che ricordi.

Solo che mi ero dimenticata di bussare e, sfortunatamente, ci trovai Jimin.

Era quasi nudo.

Aveva soltanto un asciugamano intorno alla vita.

Mi bloccai non appena vidi i suoi addominali e diventai completamente rossa.

Poi però mi accorsi di un'altra cosa.

I primi giorni in cui vivevo nella villa lui era entrato mentre io mi stavo facendo un bagno e mi aveva rubato i vestiti. Mi ero completamente scordata che mi avesse preso anche il mio anello.

E beh, quello stesso anello pendeva sul suo petto insieme ad una catenina.

Cosa significava?

Rimasi un altro po' a fissarlo e poi lui interruppe i miei pensieri.

"Hai finito di guardare?" disse mettendo le mani sui fianchi e girandosi verso di me con un ghigno sul viso.

"Io, ehm... Scusa." esclamai sbattendo la porta e correndo via.

Che imbarazzo.

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