Gli aghi degli alti pini marittimi emettevano un leggerissimo fruscio, dondolando e cigolando ogni volta che una folata di vento particolarmente intensa investiva il promontorio a strapiombo sul mare. Tutti gli animali si erano rifugiati nelle loro tane e annusavano a fondo l'aria per assaggiare il temporale imminente, chiedendosi quando avrebbero di nuovo potuto uscire a godersi il sole. Sulla costa del Galles il brutto tempo era inevitabile. Era il venticinque di ottobre e il cielo non era mai del tutto sgombro dalle nuvole. Non faceva caldo ma nemmeno freddo, e la gente se ne andava in giro vestita a strati, confusa almeno tanto quanto gli animali, la maggior parte dei quali aveva già deciso di rintanarsi in un dolce letargo.
Nessuno osava avvicinarsi al mare quando la tempesta fermentava all'orizzonte, pronta ad investirli con la sua potenza. Nessuno, ad eccezione di un ragazzo dai folti capelli biondi, appollaiato all'estrema destra del promontorio. Se ne stava a braccia spalancate, la testa gettata all'indietro, gli occhi chiusi, e immaginava di essere un dio del mare. Si illudeva di avere una piccola scintilla di Poseidone dentro di sé, e quella sensazione lo faceva sentire potente come il signore dei mari e dei terremoti. La natura era l'unica cosa che lo facesse sentire davvero vivo. Poteva avvertire la risacca dell'onda e il suo abbattersi sulle rocce, assieme agli sbuffi di vapore e gli spruzzi che arrivavano fino a lui, ricoprendogli il viso di tante piccole particelle salate, e per un istante gli sembrava di essere eterno.
Poi, un fulmine tagliò l'aria come una lama di coltello, conficcandosi nell'acqua. Il rombo del tuono arrivò pochi istanti dopo, segno che si era abbattuto molto vicino.
Teddy aprì gli occhi, dello stesso azzurro plumbeo del cielo, e pensò fosse ora di rientrare in casa. Per quanto potesse condividere l'indole di Poseidone, non era certo immune ai fulmini di Zeus e ai tuoni di Thor, che avevano la brutta abitudine di cadere molto vicino alla costa.
Guardò il mare per un'ultima volta, poi gli volse le spalle e si diresse verso la sua capanna, che si trovava al centro della pineta. Camminava scalzo, come un monaco. A stento sopportava i vestiti, figurarsi le scarpe. Quando le indossava, i piedi non facevano altro che dolergli e ricoprirsi di fastidiose vesciche. Spesso, aveva la sensazione che quel corpo gli andasse stretto, come un vestito vecchio, e indossare vestiti attillati o scarpe non faceva che accrescere quella sensazione di disagio. Tuttavia, quando non rimuginava su queste cose, si sentiva allegro e spensierato.
Viveva da solo, come un animale selvatico, e schivava la compagnia dei suoi simili, che gli avevano causato null'altro che problemi, nel corso della sua breve vita. Fino ai quindici anni era rimasto chiuso in un orfanotrofio, dove i suoi genitori l'avevano abbandonato quando era poco più che un neonato. Poi, quasi cinque anni prima, era riuscito a fuggire durante una gita, e aveva fatto in modo di non farsi più trovare. Aveva vagabondato per anni nella Gran Bretagna, percorrendola in lungo ed in largo, e la conosceva come il palmo della sua mano. Dopo tanti vagabondaggi, tuttavia, aveva avuto bisogno di riposare, ed era andato a rifugiarsi in quella capanna abbandonata, rimessa a nuovo con materiali recuperati dalla discarica. Certo, quell'abitazione non era una reggia ed era piena di spifferi, ma a lui piaceva. Aveva un non so che di decadente che lo metteva di buon umore e, se osservata da lontano, somigliava al cappello di uno stregone o alla casa di uno gnomo.
Teddy avvertì le prime gocce di pioggia cadergli sul viso e affrettò il passo, raggiungendo la casa appena in tempo. Entrò, chiudendo la porta alle sue spalle, e si tolse il giubbotto, gettandolo sul divano sformato - uno degli altri doni della discarica, sebbene vi fossero impresse diverse macchie di ketchup che nulla era riuscito a togliere. Si tolse il vecchio maglione infeltrito che indossava e la canottiera, restando a petto nudo. Così si sentiva decisamente meglio, sebbene avesse freddo.
Si avvicinò al vecchio focolare, costruito da lui stesso, delimitato da delle solide pietre bianche, e accese il fuoco con l'aiuto di una carbonella. Vi gettò sopra diversi pezzi di legno, e il fumo risalì lungo l'abbozzo di camino al centro della capanna, quello che più di tutte le altre caratteristiche la faceva sembrare l'abitazione di uno stregone. Mise il bollitore sulla gratella di metallo che posizionava sempre sul fuoco, deciso a farsi un the, e si sporse oltre le mensole per raggiungere il luogo dove teneva la scatola con i biscotti alle gocce di cioccolato, il suo tallone d'Achille.
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La Via delle Rune [completa]
FantasiGli Immortali sono un popolo illuminato, la legge del cosmo. Asessuati, vivono di puro intelletto, e non cedono agli istinti più bassi. In effetti, di istinti sembrano non averne affatto. Questi si sono concentrati interamente nei demoni, il loro op...