Capitolo 42: La Sorgente

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Teddy guardò in basso e vide se stesso a terra, in un mare di sangue. I suoi occhi azzurri, fissi e vuoti, lo osservavano, come se lo stessero accusando. C'era un sottile filo argenteo che lo univa al suo corpo, all'altezza del suo ombelico. Si stava sfilacciando sempre più rapidamente e la luce di cui era fatto si indeboliva a vista d'occhio.
Ad un certo punto, come un aquilone che si impenna ad una folata di vento, si sentì sollevare, per poi cadere in picchiata ad una velocità vertiginosa. Si aspettava di ritornare nel proprio corpo, ma, invece, accadde una cosa molto strana. Attraversò il pavimento e si ritrovò in piedi su un letto di piastrelle trasparenti. Sotto, non c'era nulla. La nerezza totale. Ma sopra la sua testa c'erano le stelle. Teddy riconobbe alcune costellazioni e aggrottò le sopracciglia: com'era possibile che fossero tutte lì nello stesso momento? Alcune si potevano vedere solo in determinati periodi dell'anno.

Sono reali o esistono solo nella mia immaginazione?

Non potè darsi una risposta, perché, in quel momento, le stelle vennero offuscate da una luce intensa, al centro della volta celeste. Era talmente intensa che Teddy fu costretto a distogliere lo sguardo, coprendosi gli occhi con una mano. Guardò di nuovo in basso e si rese conto che il pavimento si stava allontanando una seconda volta.
Tuttavia non aveva paura e non sentiva nessun dolore. Era libero e leggero, e voleva raggiungere la luce.
Era vicina, sempre più vicina.
Se avesse allungato le dita, era sicuro che avrebbe potuto assaporarne il tepore.

All'improvviso, qualcosa di freddo, simile ad una maglia di acciaio, si strinse attorno alla sua caviglia destra, trattenendolo.
– Dove pensi di andare? - chiese una voce suadente.
Teddy si voltò, col cuore in gola, troppo stupito per considerare l'opzione di divincolarsi.
– Valerie? - balbettò, incredulo.
– Non ho ancora finito con te, Immortale da strapazzo. - fece lei, allungando anche l'altra mano. Le sue unghie assomigliavano più ad artigli, adesso, e si conficcarono saldamente nella sua carne.

Teddy si allungò verso la luce, cercando di afferrarla prima che scappasse. Sentiva che non sarebbe rimasta lì ancora per molto. Se ne sarebbe andata e lui, nonostante avesse il biglietto, avrebbe perso il treno.
Tirò più forte, arrivò a sfiorarla, ne sentì il dolce calore. Sì, c'era quasi!

Poi, la vide allontanarsi.

Con il suo peso, Valerie lo stava facendo sprofondare come se gli avesse legato un'incudine ai piedi. Teddy urlò e urlò, mentre precipitavano. I loro corpi infransero il pavimento di piastrelle di vetro e continuarono a sprofondare nel buio. Vennero fagocitati da un'oscurità senza fine. Avvolse il corpo di Teddy come un milione di infidi tentacoli, che lo spingevano verso lo stomaco di chissà quale bestia infernale.
Liberò il braccio dalla presa dei tentacoli e lo tese verso la volta celeste, verso quella luce che non avrebbe avuto, mentre calde lacrime gli scendevano lungo le tempie. Poi i tentacoli gli tolsero anche la vista e tutto sfumò nel buio.

Attraversò una spessa barriera, saldamente ancorata ad ogni fibra del suo corpo. Era fatta di un materiale denso e gommoso, che gli richiedeva uno sforzo estremo per il minimo movimento. Avrebbe voluto gridare aiuto, ma quella sostanza gli si infilò anche in gola e gli riempì la bocca. Teddy si sentì annegare. Cercava aria, ma l'unica cosa che lo circondava era quell'oscurità gommosa.

Delle mani si strinsero attorno alla sua vita e lo estrassero dallo stato gelatinoso. Strapparono e lacerarono, liberandolo dall'involucro in cui era rinchiuso. Teddy inspirò e tossì fiumi di liquido nero, per poi accasciarsi su un fianco.
La sua vista si sfocava rapidamente. Poco prima di perdere i sensi, gli parve di scorgere due occhi rossi colmi di maligno divertimento che lo scrutavano.

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