Capitolo 43: Ritorno alle origini - I

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Raven viaggiava al massimo della sua velocità. Gli infiniti piani dell'esistenza sfrecciavano ai suoi fianchi, riducendosi ad una nube sfocata. Poi, eccola, finalmente: la Sorgente.

La luce pulsante da cui si originava ogni cosa e dove tutto tornava, dopo aver terminato il suo corso, vita allo stato grezzo.

Un numero incalcolabile di entità provenienti da diverse dimensioni emergevano dalla luce, proseguendo nella direzione opposta.

Per quanto Raven si guardasse attorno, di Lauviah non c'era nessuna traccia.

Com'era possibile?

Doveva essere lì.

Tutti tornavano alla Sorgente, prima o poi!

Il brutto presentimento che aveva avuto poco fa si concretizzò in una consapevolezza: non poteva vedere Lauviah perché lui non era mai arrivato lì.

Qualcosa doveva essere andato storto.

Non riusciva più a sentire la sua presenza, cosa di cui era sempre stato capace. Era come se avessero reciso il legame che lo univa a lui in quanto suo Creatore.

Dove poteva essere finito?

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Zoe ebbe l'impressione di cadere in un pozzo profondo e scattò a sedere, col cuore in gola.

Ci mise qualche attimo per rendersi conto che si trovava al sicuro nella sua camera da letto. Abbracciò il peluche a forma di bruco, che aveva battezzato col nome di Mr.Bubbles, e scese la scala a pioli del letto a castello.

Doveva correre da Timothy, sperando che si trovasse ancora nella capanna dello zio e non fosse scappato via, per timore delle minacce di suo padre.

Zoe infilò una felpa rossa sopra il pigiama e la mantellina da pioggia. Prese lo zaino e ci mise Bubbles, una merendina e la bottiglietta d'acqua che teneva sulla scrivania.

Così preparata per il viaggio, si diresse verso la porta.

– Zoe... - grugnì suo fratello, sbadigliando. Si stropicciò gli occhi e sollevò la testa dal cuscino, gli occhi socchiusi per via della luce che proveniva dal corridoio. - ... dove stai andando?

– Shh. Torna a dormire. - gli disse lei, infilandosi gli stivali da pioggia.

– Stai uscendo? - la interrogò Naxos, mettendosi seduto. Guardò la sveglia sul comodino. - Sono le tre di notte. Sei impazzita?

– No! - sbottò lei, seccata. - E adesso lasciami in pace. Torna a letto.

– No che non ci torno. - ribatté Naxos, alzandosi in piedi, guardandola dall'alto dei dieci centimetri che aveva in più di lei. - Se non mi dici dove stai andando, racconterò tutto a mamma e papà.

– Non lo faresti mai. - sussurrò Zoe, impallidendo. Quella era la minaccia peggiore che le avrebbe mai potuto rivolgere.

– Allora dimmi dove stai andando. - insistè Naxos, incrociando le braccia sul petto.

Zoe sospirò, poi gli porse una mano, col mignolo alzato.

– Se te lo dico, prometti che non dirai niente a mamma e papà.

– Va bene. Prometto. - rispose Naxos, stringendo il suo mignolo col proprio.

– Sto andando da Timothy e Bonifax.

– Ma papà ha detto che è stato lui ad uccidere lo zio!

– Papà si sbaglia. - disse Zoe, con decisione. - E lo zio non è morto.

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