Capitolo 44: Ritorno alle origini - II

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Bonifax osò appollaiarsi su un ramo solo quando ritenne di aver messo sufficiente distanza fra sè e quella maledetta bambina.

Dopo che ebbe recuperato fiato, scese dall'albero e cercò di prendere la forma di un gatto, ma era talmente turbato che perse il controllo di se stesso e recuperò le sue vere sembianze. Si guardò le mani artigliate e fece una smorfia. Bene. Ci mancava solo questa. Era diventato così debole da non riuscire nemmeno a cambiare forma?

Il demone di Timothy, per quando potesse essere un vile e disgustoso bastardo, aveva avuto ragione: una volta lui incuteva timore, ma ora era l'ombra di se stesso. Non si nutriva da più tempo di quanto riuscisse a ricordare. Certo, più si andava avanti con gli anni meno bisogno si aveva di mangiare, ma dove un tempo c'erano stati i suoi muscoli ora c'erano solo ossa e pelle floscia. Aveva perso talmente tanto peso che si potevano intravedere tutte le sue vene. Quando si trasformava in presenza di Teddy aveva sempre cercato di nasconderlo, ma ora non aveva più senso sforzarsi di apparire più in salute di quello che realmente era.

Bonifax deglutì e annusò a fondo l'aria. Doveva andare a caccia. Ne aveva un disperato bisogno. Poi sarebbe tornato da Timothy.

Avrebbe dovuto odiare quel ragazzo, ma la compassione che lui aveva sempre rimproverato a Teddy doveva averlo contagiato. A differenza di Fabian, Bonifax non si era lasciato accecare dalla rabbia ed era riuscito a guardare la faccenda con lucidità: non era stato Timothy ad uccidere Teddy, ma il demone che aveva dentro di sè. E, anche se avesse voluto vendicarsi su di lui, non avrebbe potuto infliggergli una pena peggiore del senso di colpa per cui Timothy si stava arrovellando.

Sperava solo che Timothy non avrebbe creduto alle parole di quella bambina. Zoe non aveva cattive intenzioni, ma Bonifax non si fidava delle streghe, anche se in miniatura. Erano volubili e manipolatrici. In effetti l'unico di cui si fosse fidato davvero era Teddy.

Il demone si inoltrò nella pineta con passo felpato, tendendo le orecchie per captare eventuali rumori. Inspirava a fondo, assaggiando l'aria con la lingua. Gli giunse alle narici il caldo odore di un animale selvatico. Un cervo. Non se ne vedevano molti da quelle parti, ma Bonifax sapeva come e dove stanarli. Seguì la traccia fino a trovarsi abbastanza vicino alla preda da poterla osservare senza essere visto. Era un animale superbo e maestoso, con un folto pelo lucido. I suoi ampi palchi erano levigati ed eleganti. Era chino su un cespuglio e ne stava brucando le foglie. A Bonifax dispiaceva dover distruggere un esemplare di tale bellezza, ma la fame di un demone non conosceva il compromesso. Riusciva a contenersi per via della sua età avanzata, ma, una volta scatenata la parte più bestiale e vorace di se stesso, era difficile rimetterla in gabbia prima che si fosse saziata. Quel cervo non sarebbe stato un granché come pasto, ma l'avrebbe rinvigorito per un po', dandogli la forza per tirare avanti un altro paio di settimane. O così sperava. Ciò che gli serviva davvero era il sangue di un Immortale, ma il ricordo di Teddy era troppo vivo in lui perché riuscisse a berlo. Era stato per via della loro amicizia che non aveva più ucciso altri Immortali. Ogni volta in cui gli aveva dato la caccia, dopo aver conosciuto Teddy, nel momento in cui stava per affondare le zanne nella loro carne vedeva il suo amico. Aveva la sensazione che, se si fosse cibato e fosse tornato a casa da lui ancora inebriato dal profumo di un Immortale, non sarebbe riuscito a trattenersi. Gli sarebbe saltato addosso, succhiandogli ogni stilla di sangue.

Il cervo alzò la testa, guardandosi attorno. Aveva fiutato l'odore del pericolo, ma era troppo tardi. Bonifax lo aggredì conficcandogli gli artigli nela gola. Fu questione di pochi secondi e del meraviglioso animale non restò altro che una carcassa prosciugata.

Bonifax si alzò, le zampe che tremavano.

Ancora... ne voleva ancora...

Gli sembrava di essere più affamato di prima. Sapeva che era solo un'illusione, perchè si era appena nutrito, ma fece un'enorme fatica a soffocare la fame. La ripiegò, nascondendola in un angolo dove avrebbe potuto ignorarla per un po'.

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