Capitolo 45: Ulisse - I

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– Devi farlo per forza? - gli chiese Margaret per la milionesima volta, mentre Fabian si aggiustava il colletto del cappotto davanti allo specchio.

Gli bastò rivolgerle un'occhiata per farle capire quello che stava pensando.

Margaret si avvicinò e gli pose le mani attorno al petto, in punta di piedi, appoggiando il mento sulla sua spalla destra. Non le piaceva affatto vederlo partire per andare allo sbaraglio, a seguire il miraggio creato dalla mente di una bambina che soffriva per la morte ingiusta di uno zio. Fabian, di solito sempre così razionale, si stava facendo trascinare in quella follia.

Margaret amava infinitamente Zoe, ma aveva dei forti dubbi sulle sue visioni. Anche lei, quando era più piccola fino ai primi anni dell'adolescenza, ne aveva avute, ma si era sempre trattato solo di possibili esiti di un futuro molto prossimo e assai mutevole: bastava la più piccola inezia per cambiare un'intera epoca, tutto si poteva decidere in una frazione di secondo e molti futuri possibili si alteravano o scomparivano in un soffio.

Allo stesso tempo, anche a Margaret sarebbe piaciuto riabbracciare Teddy, ma la sua sè più disillusa e adulta le diceva che c'erano cose cui nemmeno la magia più potente poteva porre rimedio. Quando qualcosa è andato, lo è per sempre, e se si tenta di riportarlo indietro a forza si compie un atto innaturale. Da qualche tempo Margaret aveva notato come Fabian sfogliava febbrilmente quei disgustosi tomi di magia nera e negromanzia di cui ancora si rifiutava di disfarsi e temeva stesse progettando un gesto inconsulto. In tutti i modi l'aveva spinto a parlare del suo senso di colpa per la morte di Teddy, ma dal giorno del funerale, in cui aveva avuto uno slancio di insperata emotività, Margaret non era più riuscita a fargli esprimere ciò che provava. E questo non era mai un bene per Fabian: lui tendeva ad accumulare emozioni e pensieri negativi, attribuendosi colpe che non erano sue o creandosi aspettative irreali su se stesso, finché la mancata corrispondenza di questi ideali con a realtà non lo faceva implodere o, ancor peggio, esplodere, trascinando altri nel suo naufragio.

– Fabian. - gli sussurrò, con tutta la dolcezza di cui era capace. - Lo sai che ti amo.

Il sospetto si fece immediatamente strada sul suo volto aguzzo.

– Ma? - fece, aggrottando le sopracciglia. - C'è un ma, non è vero?

– No, nessun ma. Solo, voglio dirti che ti amo e non voglio che tu ti faccia troppe illusioni riguardo Teddy, per soffrirne inutilmente.

– Che tipo di illusioni?

– Sai benissimo di cosa sto parlando.

Fabian emise uno sbuffo seccato.

– No! Non lo so.

Margaret sospirò, rassegnata. L'avrebbe obbligata a dirlo ad alta voce, vero?

– Fabian, ammettiamo che qualcosa di Teddy sia sopravvissuto. - disse, con un sospiro. - Anche se così fosse, si troverebbe ormai su un altro piano dell'esistenza.

– Dove vuoi andare a parare?

– Voglio dire che, in ogni caso, non potremmo più stare assieme con lui. Ormai non fa più parte della nostra famiglia... forse idealmente sì, ma non nella vita concreta, materiale. Il suo corpo è stato seppellito. Il suo corpo di carne, capisci? Ha finito il suo percorso in questo mondo. Ora non può far altro che proseguire e sarebbe crudele ed egoista da parte nostra fargli da zavorra, trattenendolo quaggiù più del necessario perché non siamo in grado di dirgli addio.

Fabian la fissò in silenzio, del tutto inespressivo. Poi, con voce atona, disse:

– Sai bene che tenterò lo stesso.

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