Capitolo 66: Schiavitù - II

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La figlia di Lucius udì un vocio in corridoio e aprì la porta della camera, cercando di capire cosa stesse accadendo. Intravide Lauviah e sussultò. Sarebbe subito corsa da lui, ma non ne ebbe il cuore, quando rammentò il monito di suo padre. Tornò a sedersi fra i soffici cuscini che ricoprivano il pavimento della sua stanza, adornata da veli e stoffe pregiate, e rifletté sul da farsi.

Avrebbe potuto usare un intermediario per comunicare con Lauviah, ma non c'era nessuno di cui si fidasse. Temeva che sarebbe andato a fare rapporto a Lucius, se lei gli avesse confidato i suoi segreti.

No, aspetta. C'è qualcuno che può farmi da messaggero.

Lauviah si fidava di Bonifax il Sanguinario, sebbene lei non lo conoscesse bene. Forse lui avrebbe risposto alla sua chiamata.

Lo fece convocare e, poco dopo, bussarono alla sua porta.

Lilith andò ad aprire e si ritrovò di fronte il demone in tutta la sua grandezza. Sarebbe stato terrificante, se nei suoi occhi viola non ci fosse stata un'indescrivibile malinconia.

– Mi hai mandato a chiamare? - le chiese, con voce spenta.

– Sì. - rispose lei, facendogli cenno di entrare. - Devo dirti una cosa molto importante.

Gli spiegò che aveva intravisto Lauviah e gli chiese se poteva fare in modo di raggiungerlo e parlare con lui, portandole delle notizie sul suo conto.

Bonifax si illuminò, come se non avesse aspettato altro.

– Dimmi solo dove trovarlo. E' da quando siamo tornati che lo sto cercando.

Lilith gli disse che l'avevano portato nelle cave di pietra, per questo non aveva più avuto sue notizie. Poi, gli indicò una camera in fondo al corridoio.

– L'hanno portato lì.

Bonifax annuì e promise di portare a termine il compito affidatogli.

Avanzò verso la stanza, sorprendendosi che non ci fossero delle guardie, e vi entrò cercando di essere il più silenzioso possibile. Si trattava di un locale piuttosto lussuoso, assai diverso dall'umido cubicolo dove lui riposava. Cercò Lauviah con lo sguardo, finché non lo identificò: una sagoma sottile adagiata su un cumulo di coperte. Aveva un'espressione di dolce abbandono, come se le sue sofferenze fossero finalmente terminate.

A Bonifax dispiaceva svegliarlo, ma doveva farlo. Lo scosse per un braccio e Lauviah aprì gli occhi. Erano del tutto privi di bianco, di un azzurro profondo, e la loro espressione ricordava quelli di Raven, sebbene fosse mitigata da una morbidezza a lui estranea. Erano ancora ciechi, eppure Bonifax sapeva che Lauviah poteva vederlo.

Un sorriso solcò il suo volto esausto e tese le braccia verso di lui, senza una parola. Il demone si sentì commuovere e una lacrima acida, una sola, gli sfrigolò sul viso, mentre lo stringeva a sè. Non avevano ancora avuto modo di parlarsi, da quando Lucius lo aveva portato nella dimensione demoniaca.

– Credevo che Lucius ti avesse ucciso. - mormorò Bonifax, lasciandolo andare, con un sorrisetto. - Ma il grande Lauviah non si lascia abbattere tanto facilmente, giusto?

– Giustissimo, socio. - disse l'altro, ricambiando il suo sorriso.

Si alzò in piedi e stese gli arti con un gemito.

– Anche io pensavo che avrebbe finito per ammazzarmi, a suon di farmi lavorare in quella cava. - sospirò, tornando a sedersi. - Ma invece ha fatto curare tutte le mie ferite, dandomi questa stanza bellissima.

– Perché l'ha fatto?

– Non ne ho idea.

Lauviah si passò una mano nei capelli, che erano in parte ricresciuti dopo il suo precedente soggiorno nella dimensione demoniaca. In mezzo all'argento stavano comparendo nuove tracce d'oro.

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