Capitolo 21: Samhain - I

427 46 43
                                    

Erasmus era seduto nella sua ampia poltrona di velluto rosso e fumava pigramente un sigaro alla liquirizia, della stessa marca preferita da suo fratello Quintus. Era uno dei tanti piccoli dettagli di lui che gli erano rimasti appiccicati addosso come una seconda pelle. Nonostante avesse cercato di liberarsi del suo ricordo in tutti i modi, suo fratello era ancora dentro di lui, e non accennava ad andarsene. Alcuni popoli indigeni sostenevano che, quando si uccideva una persona, l'anima di questa penetrasse in quella del suo assassino e continuasse a tormentarla finché egli non fosse stato in grado di purificarsi dalla sua colpa.

Erasmus non credeva a nessuna di queste stupidaggini, eppure eccolo lì, a fumare quei dannati sigari alla liquirizia. Sebbene lo disprezzasse, aveva finito per trasformarsi in suo fratello. Quando si soffermava su questi pensieri, lo coglieva una rabbia tale da tentarlo di distruggere la prima cosa si fosse trovato sottomano. Non avrebbe più dovuto nutrire tali sentimenti. Avrebbe dovuto essersi liberato dal gioco delle emozioni, l'inutile pecca che frenava gli uomini nella loro corsa verso la grandezza.

Si tolse il sigaro dalle labbra e lo osservò con profondo disgusto, facendo una smorfia. Lo spense con un gesto deciso, schiacciandolo nel posacenere, e si alzò in piedi. Percorse il perimetro del laboratorio a grandi passi, riflettendo.

Lui ormai era vecchio, poteva dimostrare poco più che cinquant'anni, ma in realtà ne aveva molti, molti di più. L'unico modo con cui un uomo potesse ottenere il potere era pagando, e la sola moneta accettata in tali scambi era la vita, l'unica cosa di valore che davvero possedesse. Gli unici disposti a prestare la loro forza ad un essere umano non erano di certo gli Immortali, gli dei, i Cinque, o in qualsiasi modo si volesse chiamarli. Erano troppo oltre per potersi interessare delle faccende umane. Come diceva Epicuro, gli dei non si interessavano degli uomini. E, in fondo, perché avrebbero dovuto? Non avevano assolutamente nulla in comune e non si sarebbero mai potuti comprendere a vicenda. La beatitudine che risiedeva nell'essere liberi dalla morte era un concetto troppo lontano dalla mente umana affinché lo potesse contenere. E la morte... Erasmus la riteneva un momento di passaggio, ma non si poteva negare quanto fosse dolorosa. Essere morti era una favola, non si sentiva più niente, ma diventare morti era tutt'altra cosa. L'idea stessa di morire era l'unica cosa in grado di fargli tremare le ginocchia. Era stato disposto a sacrificare ciò che aveva di più caro pur di allontanarsi dall'ultimo addio, garantendosi uno scampo, stringendo un patto con un demone per assicurarsi di andare in un posto conosciuto, dopo il trapasso. Per fare ciò aveva barattato come minimo vent'anni di vita, portatigli via dal contatto prolungato con quella creatura. E, tuttavia, nonostante si fosse gettato tutto alle spalle, sapeva di non aver raggiunto il traguardo definitivo. Non era riuscito a superare il limite nel suo arco vitale, ma aveva scoperto che quello che aveva fatto era necessario nella strada dell'invincibilità. Forse non sarebbe stato lui a sconfiggere la morte, ma sarebbe stato Fabian a farlo per lui. Era stato per questo che l'aveva preparato in tutti quegli anni, e non avrebbe permesso a nessuno di mettergli i bastoni fra le ruote. Aveva dedicato tutto se stesso a quel ragazzo, lui gli apparteneva ormai. Lo considerava alla stregua di una propaggine di se stesso. Se lui fosse riuscito a trionfare, anche Erasmus avrebbe trionfato. Fabian era giovane, aveva tutta la vita davanti, e già un immenso potere nelle mani. Aveva del vero talento per la negromanzia, il sangue dei Faust scorreva nelle sue vene più vivo che mai. Nel giorno del Samhain, Erasmus l'avrebbe aiutato a liberarsi delle impurità che ancora lo legavano al mondo degli umani, dandogli la spinta per raggiungere le stelle. E sarebbe diventato ancor più potente degli dei, avrebbe avuto in pugno il mondo intero. Se solo avesse voluto, avrebbe potuto polverizzarlo fra pollice e indice.

Erasmus era assorto in questo genere di pensieri, quando avvertì delle chiacchiere in salotto.

Aggrottò le sopracciglia, perplesso, e si accostò alla porta per ascoltare.

La Via delle Rune [completa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora