Capitolo 26: Il dono di Erasmus - III

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Fabian sentì bussare alla porta e aprì gli occhi, uscendo dallo stato meditativo nel quale si era immerso.

– E' ora. - disse la voce di Erasmus.

– Arrivo.

Si alzò in piedi e si spogliò, per poi indossare la tunica cerimoniale nera che lo attendeva ripiegata con cura sulla sedia. La seta scivolò sulla sua pelle con un fruscio, mentre si allacciava in vita una fascia viola in modo che non si aprisse.

Trasse un profondo respiro e si avvicinò allo specchio. La sua pelle era pallida e le labbra contratte per l'agitazione, ma lo sguardo era deciso. Fabian si sentì soddisfatto di se stesso: nessuna esitazione, aveva detto Erasmus.

Aprì la porta e scese le scale a chiocciola. Lo zio lo attendeva in salotto, seduto nella poltrona con una posa rigida.

– Prima di andare nel mio laboratorio, nipote – esordì – Ti spiegherò delle cose fondamentali su questo rituale.

Fabian cercò di trattenere l'eccitazione: Erasmus era sempre stato misterioso su cosa vertesse di preciso il rito che l'avrebbe trasformato in un degno successore di Johann Fausten ed ora, finalmente, l'avrebbe scoperto.

– Come ben sai, lo scopo della cerimonia è di cancellare qualsiasi traccia di umanità sia rimasta nel tuo cuore. Le emozioni sono delle impurità da cancellare, guastano qualsiasi cosa tocchino, e non voglio tu debba sopportare ancora tale supplizio. Secondo, con questa cerimonia ti legherai ad un demone. Per poterlo evocare bisogna conoscere il suo nome, e...

– L'ho già scelto. - lo interruppe Fabian, senza riuscire a contenersi. - Si chiama Aides ed è molto potente.

Erasmus storse le labbra, infastidito per essere stato interrotto, ma sembrò soddisfatto della sua intraprendenza.

– Molto bene. - mormorò, alzandosi in piedi. - Vieni, allora.

Fabian seguì lo zio nel laboratorio, dove lui lo faceva entrare tanto di rado, e si guardò attorno con occhi pieni di meraviglia. Era colmo di libri, che contenevano chissà quali informazioni. Lo zio aveva promesso che, dopo il rituale, avrebbe finalmente avuto il permesso di leggerli. Non vedeva l'ora che tutto questo fosse finito per potersi rinchiudere in camera e leggere ininterrottamente per giorni e giorni.

Accostata alla parete sinistra c'era una scrivania in legno logora e chiazzata di sostanze ignote. Su di essa vi era un leggio, sopra il quale, aperto a pagina 302, c'era un libro di magia nera.

Fabian l'aveva visto altre volte, e sapeva che lì era stata rinchiusa l'anima di un mercante ebreo vissuto secoli prima, di nome Mordecai. Non aveva idea quale offesa avesse causato agli antenati della famiglia Faust, ma doveva essere stata molto grave per meritarsi una tale punizione. Non poteva morire, ma nemmeno vivere, ed era costretto a servirli fornendo loro le informazioni richieste. Con Fabian spesso si mostrava sprezzante e faceva sempre delle battute inopportune, ma con suo zio non osava scherzare e si mostrava docile ed ubbidiente.

– Mostrami il procedimento necessario per legare un umano ad un demone. - ordinò Erasmus, con voce stentorea.

Mordecai emise un gemito di insofferenza, ma ubbidì. Le pagine si animarono da sole, scorrendo fino alla numero 120. Quelli erano tutti appunti scritti dai loro antenati, ognuno con la sua grafia. Quella del legame con il demone era la formula più antica inventata dalla loro famiglia ed era stata scritta in tedesco dal dottor Johann Fausten in persona, il primo ad aver posseduto quel libro. La sua grafia era spigolosa e stretta, e presentava ancora alcuni tratti antichi, come la S gotica. Fabian conosceva poche parole di tedesco e non seppe decifrarli, ma Erasmus, invece, lo parlava fluentemente.

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