Capitolo 40: Rifiuto

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Bonifax cercò di alzarsi, ma quel bastardo aveva ragione: non era abbastanza forte. Ogni singolo muscolo del suo corpo implorava pietà. I vetri conficcati nel suo petto e nelle sue braccia entravano più in profondità al minimo movimento e quelli nella sua sua faccia gli facevano colare sangue negli occhi.

Vide il demone avvicinarsi a Teddy e chinarsi su di lui, gli artigli sguainati. Il corpo dell'amico era ricoperto da lividi sanguinolenti e doveva avere diverse fratture, al punto da non riuscire a sollevare un dito per difendersi.

– Non mettere quelle luride mani su di lui. - avrebbe voluto dire Bonifax, ma la sua lingua era troppo intorpidita.

Come se Timothy avesse intuito quello che lui stava pensando, gli scoccò un'occhiata obliqua, con un sorriso perverso impresso sulle labbra, rosse di sangue.

Con uno scatto ferino, stracciò il giubbotto e il maglione di Teddy, e gli conficcò gli artigli della mano sinistra nell'addome, mentre con l'altra gli teneva la testa ferma. Teddy emise un flebile verso. Timothy, guardandolo dritto negli occhi, aprì uno squarcio enorme nella sua carne. Teddy tossì sangue. Timothy estrasse la mano dal suo addome, con un rumore liquido.

Lo sguardo di Teddy si fece vacuo, mentre il demone pasteggiava su di lui: se ne stava andando. Con le ultime forze, posò una mano su quella che Timothy gli aveva conficcato nella pancia. Restò lì per poco più di un secondo, ma Bonifax, sebbene avesse la vista obnubilata da una coltre di lacrime d'acido e gli altri sensi oscurati dal dolore, percepì un flusso di energia provenire da lui. Il sorriso di Timothy si affievolì e un tremito incontrollabile gli pervase il corpo, che cominciò a trasformarsi.

Gridò, gettandosi a terra, mentre si contorceva orribilmente. I suoi artigli si ritrassero, le zanne tornarono ad essere semplici denti e la sua pelle riassorbì ogni bitorzolo e ogni stilla di nero. Una volta che il processo fu completo, di lui rimase solo una piccola sagoma rannicchiata, con le braccia strette contro il petto. I vestiti che Teddy gli aveva dato erano sparsi nella stanza come coriandoli. Solo pochi frammenti di stoffa erano ancora attaccati alla sua pelle sudata.

Timothy tornò in sè poco dopo, mettendosi carponi. Respirava affannosamente e deglutiva a ripetizione.

Si guardò le mani, come se non riuscisse a credere ai propri occhi. All'improvviso, eruppe in una risata isterica.

La risata di un pazzo, pensò Bonifax, mentre si voltava su un fianco. Con delicatezza, usò gli artigli per estrarre i pezzi di vetro dalla propria carne.

Timothy, che si stava tastando il corpo come se si fosse appena reso conto di averne uno, dal riso passò al pianto.

– Oh, mio Dio, se n'è andato! - esclamò, alzandosi in piedi nonostante le gambe malferme. Sulla spalla aveva ancora il morso di Bonifax. - Sono libero!

Ebbe un mancamento e cadde a terra sul sedere. Restò lì intontito per qualche istante, poi si guardò attorno, ricordandosi che c'era anche un mondo esterno.

Vide Bonifax e gli sorrise.

– Sono libero. - ripeté.

Non c'era cattiveria nel suo sguardo e questo non era un bene. Bonifax avrebbe preferito scorgervi dell'intenzione, perchè allora avrebbe avuto una scusa per farlo a pezzi.

– Lo vedo. - sussurrò il demone, mentre si alzava in piedi a sua volta.

Si avvicinò a Timothy, che lo seguì con lo sguardo. Indietreggiò, temendo che lui gli avrebbe fatto del male, ma Bonifax lo scavalcò come se non esistesse.

Il demone si inginocchiò in una pozza di sangue, raccogliendo con delicatezza un fagotto di vestiti sbrindellati da terra. Se lo strinse al petto ed emise un mugolio soffocato. Un suono patetico, quello di chi si sente smarrito.

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