Capitolo 2: Il Concilio Ristretto - II

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- E' da tempo che Lucius non si fa sentire. - mormorò Raven, gettando da parte la sua maschera con un gesto di spregio. Lo stufava dover supportare quella farsa: le maschere non erano altro che un modo per incutere timore e non sarebbe dovuto essere necessario per ispirare rispetto. - Non mi piace per niente questo silenzio. Ho paura che stia tramando qualcosa.

- Tu hai sempre paura che stiano tramando qualcosa, Raven, e non solo Lucius... chiunque. - lo schernì Odin, gettando la testa all'indietro, mentre se la rideva di gusto.

Raven gli scoccò un'occhiata colma di disprezzo e riservò lo stesso trattamento al suo protetto, un giovane Immortale dagli arruffati capelli rossi che lo osservava con lo stesso sorriso sprezzante dipinto sul volto del suo Creatore. Se Yelahiah condivideva anche solo un decimo della sua idiozia, sarebbe stato un erede terribile. In genere i Creatori riuscivano ad intuire quale fosse il loro ideale successore ancor prima che lo scranno comunicasse loro la decisione effettiva, ma Raven sperava che quello di Odin optasse per una creatura meno tronfia.

Una mano sul suo braccio destro lo distrasse dai suoi pensieri torbidi. Alzò lo sguardo e vide il volto armonioso di Yalel, che aveva un mezzo sorriso impresso sulle labbra.

- Raven, non ha senso perdere tempo con loro due. - mormorò, inarcando le sopracciglia.

- Hai ragione. Non so nemmeno perché mi dia tanta pena. - sospirò lui, sottovoce. Yalel sapeva sempre cosa dirgli per calmargli i nervi.

Si guardò attorno: Thanatos, all'estrema destra, ricambiò la sua occhiata con espressione incolore. Era incredibile quanto Azrael, in piedi accanto a lui, gli somigliasse. Entrambi alti e magri, silenziosi, si limitavano a fissare, ascoltando senza dare una propria opinione. Raven trovava i loro silenzi irritanti. Helios, invece, stava chiacchierando amorevolmente con la sua Mitzrael, una creatura che aveva la medesima dolcezza, ma appariva molto più sicura di sè rispetto a lui. Lo si vedeva nella piega degli occhi, di un dolce nocciola rosato, e nel sorriso spavaldo sulle sue labbra. Era leggermente china in avanti e prestava l'orecchio ai sussurri del suo Creatore.

L'unico posto ad essere ancora vuoto era quello di Annis, che amava farsi attendere. Se Raven non avesse nutrito una profonda ammirazione per lei - e, forse, qualcosa di più che semplice ammirazione -, non le avrebbe perdonato il suo modo di fare. Le piaceva arrivare in ritardo, facendo un ingresso teatrale, consapevole che non potevano cominciare il Concilio Ristretto o qualsivoglia incontro senza di lei.

- Odio queste stupidaggini. - brontolò Raven, fra sè e sè. - Le ho odiate, le odio e sempre le odierò. Perché non possiamo metterci d'accordo alla svelta, senza istituire ogni volta un dannato comizio?

- E' la legge. - fece Yalel, ironico. - E Annis è la legge fra voi cinque, se non ricordo male.

- Ricordi fin troppo bene, invece. - sospirò Raven, scoccandogli un'occhiata di divertito rimprovero.

Le ampie porte in pietra nera della sala del Concilio Ristretto si spalancarono, con un'eco che riverberò lungo le gradinate vuote, dove solo ieri erano stati seduti centinaia e centinaia di Immortali.

- Oh, santo cielo. - sentirono borbottare Thanatos, mentre si copriva il volto con una mano, come se chiedesse solo di sparire.

Raven sogghignò. Se persino l'imperturbabile Immortale in nero si lasciava prendere dall'esasperazione, allora non era lui il solo a pensare quanto fosse inutile tutto questo.

Annis fece il suo ingresso trionfale, seguita da Gherbert, che continuava a passarsi le mani fra i capelli con quel gesto odioso che gli aveva valso la sempiterna antipatia degli altri quattro favoriti.

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