Capitolo 17: Il demone - I

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L'aria fresca della notte si infilava nelle fessure del suo giubbotto, facendolo rabbrividire. Teddy si mise il cappuccio e tirò su la cerniera fin sotto il mento per proteggersi, e continuò, cercando di ritrovare la strada che aveva percorso poche ore prima con Margaret. I lampioni erano accesi e una leggera nebbiolina permeava l'aria, trasformando Isolde's Fair in un luogo misterioso e affascinante, una piccola Avalon. Chissà cosa poteva nascondersi in quella nebbia. Amici o nemici?

Teddy avvertiva la sottile atmosfera del Samhain costruirsi sempre più rapidamente. Mancavano solo cinque giorni, eppure il velo che separava il mondo materiale da quello spirituale e i vivi dai morti si stava già assottigliando. Teddy a volte sapeva le cose e basta, dal nulla. Quello era il suo sesto senso, sebbene lui stesso non lo comprendesse fino in fondo.

Aveva quasi raggiunto Villa Faust, quando, ancora, avvertì quell'inspiegabile fremito, come se qualcuno avesse pizzicato una corda dentro di lui. Teddy volse il capo in direzione della chiesa abbandonata e, senza nemmeno rendersene conto, si avvicinò. Accarezzò il cancello sgangherato, avvertendo la ruvidezza della ruggine sotto le dita, e lo spinse da parte con un sordo cigolio. Camminò nell'erba alta, trascinando i piedi sui residui del sentiero di porfido dove erano passati in tanti prima di lui. Arrivò di fronte alla porta e passò oltre, siccome era aperta e ballava sui cardini, trattenuta solo da una semplice catenella fermata con un chiodo. I materiali erano talmente logori che cedettero alla minima sollecitazione.

L'interno della chiesa era ancor peggio dell'esterno: vetri rotti, panche fatte a pezzi, lattine, bottiglie e residui di sigarette ovunque. Non era il primo ad entrarci dopo che era stata chiusa. Tuttavia, in mezzo a tutto quel marciume, qualcosa attirò immediatamente la sua attenzione. Era un piccolo organo elettrico. Teddy si sentì attratto dallo strumento e si sedette di fronte a esso, facendone scorrere la protezione in legno. Tutto era a pezzi, eppure quell'organo sembrava nuovo e funzionante, sebbene lì non arrivasse più l'elettricità.

Mentre una parte della mente di Teddy compiva pigramente quelle osservazioni, l'altra gli fece posare le dita sui tasti. Da essi non uscì alcun suono, eppure Teddy lo sentì riverberare in ogni cellula del suo corpo, mentre si abbandonava a quella melodia silenziosa. Proprio lui, che non era mai stato in grado di suonare nemmeno un flauto semplice, stava eseguendo la Toccata e Fuga in Re minore di Bach. Non aveva idea di come ci riuscisse o perché lo stesse facendo, eppure era seduto lì e proseguiva nello spartito marchiato a fuoco nella sua mente.

Quando l'ultimo, vibrante accordo attraversò l'aria, la morsa invincibile di cui si era reso conto solo nel momento in cui si stava allentando lo lasciò, e crollò a terra, battendo la testa. Tramortito, si guardò attorno. Aveva la vista sfocata e avvertiva un calore appiccicoso - sangue? - sulla nuca.

Volse la testa a sinistra e vide che l'organo era ridotto ad un cumulo di tasti di plastica e schegge di legno ormai inservibili, un aspetto più consono a quello dell'ambiente circostante.

• Libero... sono libero! - rantolò una voce profonda e gutturale, rimbombando contro le pareti.

Seguì una fragorosa risata e, infine, il silenzio, rotto solo da un respiro pesante e affannoso.

Una sagoma oscura entrò nel campo visivo di Teddy, che a stento riusciva a restare cosciente. Le palpebre gli sembravano due macigni, non sentiva più il corpo e persino il dolore alla nuca era via via meno intenso.

Un'enorme mano lo raccolse da terra e lui restò inerte nella sua presa.

• Grazie per avermi liberato, piccolo uomo. Non ce l'avrei fatta, se non fossi stato nei paraggi. - sogghignò la voce - L'altra volta quelli che avevo convinto ad entrare qui sono scappati prima che li convincessi a suonare. Penso proprio che andrò a cercarli. Dopotutto, è da quasi cinque anni che non mangio.

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