Capitolo 29: Una cura - III

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Ad un certo punto, Teddy si assopì, e fu Bonifax a svegliarlo, quando fu il momento. Scesero dal bus, dopo aver fatto un cenno di saluto al Traghettatore.

–    Ricordati della gamba, Bonifax! - esclamò il demone, sogghignando, prima che il bus sparisse, inghiottito dall'ambiente circostante.

Teddy si stropicciò gli occhi, guardandosi attorno. Si trovavano in un quartiere molto povero, in periferia, e tutto sapeva di vecchio e sporco. Era quasi notte e i lampioni erano stati accesi. Lo stesso valeva per le luci al neon di alcuni piccoli locali, che brillavano ad intermittenza nella notte. Un'insegna di un rosa fluo poco lontana recitava "WunderMusik" e Teddy, deciso, avanzò in sua direzione, sebbene le gambe gli tremassero di fatica.

–    Cosa ti ha ridotto in questo stato? - chiese Bonifax, interessato, ma senza fare il minimo gesto per aiutarlo.

–    Mio zio Erasmus mi ha usato come pagamento per il patto di mio fratello con un demone. - sospirò Teddy, laconico. - Come vedi, non è stato molto clemente con me.

–    E' tanto che tu sia sopravvissuto, marmocchio. Fossi stato io, di te avrei lasciato un mucchietto di polvere.

–    Non ne dubito, Bonifax il Sanguinario.

–    Stai facendo del sarcasmo?

–    Non mi permetterei mai. - disse Teddy, con un sorrisetto.

Bonifax non fece in tempo a ribattere, perché avevano raggiunto la porta del WunderMusik.

–    Sei capace di cambiare aspetto? - gli chiese il ragazzo.

–    Ovviamente. Solo una delle mie innumerevoli capacità, marmocchio. Ti ricordo che stai parlando con il grande e potente...

–    Bene allora. Perché non prendi una forma che dia meno nell'occhio? Se ci fossero degli umani qua dentro, scapperebbero terrorizzati.

Bonifax, offeso per essere stato interrotto, emise un borbottio ricco di insulti, mentre la sua sagoma si restringeva, fino a prendere le sembianze di un topolino.

Teddy si accucciò di fronte a lui, stupefatto.

–    Eccezionale. - sussurrò, porgendogli una mano.

Bonifax ci salì e zampettò lungo il suo braccio, fino a nascondersi nella sua folta criniera ricciuta. Gli era piaciuto il suo sguardo colmo d'ammirazione. Avrebbe anche potuto abituarsi a quel trattamento.

Teddy scostò la porta del locale e le luci psichedeliche al suo interno illuminarono il vicolo, prima che la richiudesse. Keine Lust dei Rammstein li investì, fracassandogli i timpani. A Teddy non dispiaceva il metal, ma pensò che avrebbe corso il rischio di rimanere sordo, se fosse rimasto lì troppo a lungo.

Tappandosi le orecchie, avanzò fra la folla, spintonando e sgomitando, fino a raggiungere una porta dal lato opposto del locale, dove c'era scritto "Staff".

Bussò e cercò di aprirla, ma era chiusa.

Un buttafuori notò che stava cercando di entrarci e si avvicinò a lui con aria minacciosa, afferrando una delle sue braccia smilze.

–    Cosa stai facendo? - sibilò, gli occhi ridotti a due fessure.

–    Oh, salve. - lo salutò Teddy, gioviale – Sto cercando un certo Kalfer. E' molto urgente, posso parlargli?

L'omone si irrigidì e serrò la mascella, facendosi ancor più minaccioso.

–    Qui non c'è nessun Kalfer. - ruggì, trascinandolo verso la porta.

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