Lauviah passò le ore più terribili della sua vita in una buia cella, rannicchiato a riccio, a dondolare sul posto come un mentecatto. L'unica cosa cui riusciva a pensare era il cadavere di Yalel, il freddo peso fra le proprie braccia... il sangue sulle sue mani.
- No, no, no... no... - balbettò, afferrandosi la testa con le mani.
Non era stato lui.
Non poteva essere stato lui.
Eppure i suoi ricordi dicevano il contrario. Erano annebbiati, come se vi avesse assistito attraverso gli occhi di un altro, ma erano reali, su questo non c'era dubbio. Lui voleva bene a Yalel... perché l'aveva ucciso? All'improvviso, aveva sentito una rabbia non sua impadronirsi di lui, annientando ogni altro suo pensiero, e aveva provato l'impulso irrefrenabile di farlo soffrire, di porre fine alla sua vita.
Adesso non comprendeva più il motivo di tutto quell'odio. Si sentiva un guscio vuoto e voleva solo annullarsi. Qualsiasi cosa era meglio dell'orribile consapevolezza di aver posto fine alla vita di suo fratello.
Non gli era permesso ricevere visite o vedere qualcuno, nel lasso di tempo prima del processo, perciò, quando aprirono la porta di pietra nera, capì che era giunta l'ora.
Restò inerte mentre le guardie, due Immortali nerboruti e aggressivi, gli mettevano le manette con una ferocia del tutto non necessaria. Gli misero un pesante collare che a stento gli permetteva di alzare la testa e lo trascinarono a forza fuori dalla cella.
Lauviah li seguì a capo chino, mentre lo conducevano alla sala principale del Palazzo di Giustizia, la residenza ufficiale, dove c'erano anche le prigioni.
Il salone dove avvenivano i processi più importanti e per reati gravi era una replica di quello del Concilio Ristretto, solo molto più grande e dall'aria più antica. Aveva una forma semicircolare e le grandi gradinate bianche proseguivano a perdita d'occhio. Non c'era un soffitto, su di loro splendeva la luce del giorno, sebbene smorzata da un fitto strato di cumolonembi. Gli spalti erano interamente ricoperti di Immortali, c'erano tutti quelli che Lauviah aveva incontrato e molti altri ancora. In quella folla incontrò i volti di Mebahiah e Yezalel, che si sporgevano per guardarlo. Abbassò gli occhi, concentrandosi sui propri piedi. Non voleva che lo guardassero in faccia. Aveva l'impressione che la sua colpa si fosse trasformata in una seconda pelle e deformasse i suoi lineamenti, facendoli apparire come quelli di un mostro.
Una delle due guardie gli diede un colpo con una mazza, strappandolo dal suo rifugio mentale, e gli intimò di alzare lo sguardo, perché i Cinque reclamavano la sua attenzione. Lauviah sospirò e fece come gli veniva detto. I Creatori indossavano le maschere, che nascondevano la loro espressione. Non era rimasto nulla delle persone che lui aveva imparato a conoscere e apprezzare, solo la loro veste ufficiale. Erano lì per giudicarlo e l'avrebbero fatto senza badare al fatto che, fino al giorno prima, erano stati amici. Lo stesso valeva per gli eredi, che, in piedi dietro i loro Creatori, lo fissavano in silenzio. Tuttavia, erano meno bravi dei progenitori a nascondere le loro emozioni. Yelahiah sembrava furioso e stringeva le braccia al petto; Azrael, imperturbabile come sempre, osservava un punto imprecisato alle spalle di Lauviah; Gherbert aveva un'espressione colma di disprezzo; Mitzrael, invece, sembrava l'unica a provare dispiacere. Lauviah avrebbe potuto giurare di averla vista pulirsi gli occhi sulla tunica, prima che tornasse composta. Quando lo sguardo gli cadde sul posto vuoto dietro Raven, provò la sensazione di sprofondare. Oltre ad aver ucciso Yalel, aveva messo il suo Creatore in una posizione orribile.
Annis alzò una mano e il vocio che fino ad allora si era protratto nella sala si spense. Le due guardie spinsero Lauviah a terra, costringendolo in ginocchio, poi fecero un passo indietro e incrociarono le braccia dietro la schiena, pronte ad intervenire nel caso lui avesse tentato di scappare o attaccare i Cinque. Lauviah sapeva che sia l'una che l'altra cosa sarebbero state inutili e, per di più, non provava alcuna voglia di difendersi. Sapeva di aver commesso il delitto. Avrebbe potuto implorare pietà, ma a che scopo? Passare il resto dei suoi giorni a tormentarsi sulla morte di suo fratello? No. Preferiva di gran lunga che ponessero fine alle sue sofferenze subito, in modo rapido.
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La Via delle Rune [completa]
FantasíaGli Immortali sono un popolo illuminato, la legge del cosmo. Asessuati, vivono di puro intelletto, e non cedono agli istinti più bassi. In effetti, di istinti sembrano non averne affatto. Questi si sono concentrati interamente nei demoni, il loro op...