Capitolo 66

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A causa dei miei incubi, spesso mi svegliavo nel cuore della notte e non riuscivo più a riaddormentarmi. Una notte, mi svegliai verso le quattro del mattino.

Ero sudata e sentivo un dolore alle tempie, era come se qualcuno avesse infilato nei chiodi ai due lati della mia fronte.  Mi alzai e scesi di sotto per bere un bicchiere d'acqua. Ovviamente, però, quello che desideravo non era un bicchiere d'acqua.

A causa di quei sogni, il mio autocontrollo cominciò a vacillare e il sangue di Amanda, non mi bastava, ne volevo sempre di più. L'istinto mi diceva di andare nella sua stanza, spezzarle il collo e nutrirmi completamente di lei. Ma non l'avrei mai fatto, io non volevo.

Uscii di casa e cominciai a camminare avanti e indietro per la campagna davanti la mia casa. Mentre riflettevo su come calmarmi e come smettere di tremare, sentii il battito di un altro cuore. In lontananza, sulla strada, vidi la luce delle fiaccole che erano poggiate su una carrozza. Mi avvicinai velocemente alla strada ed osservai come il mezzo si avvicinava.

Morivo di fame ma non volevo far del male a nessuno. Chiusi con forza gli occhi e cercai di trattenermi ma fu del tutto inutile.

Mi misi al centro della strada e quando la carrozza arrivò, si fermò subito.

- Signorina, che ci fate lì? - chiese il cocchiere preoccupato.

I battiti erano suoi, l'odore era il suo.

- Signorina dovete spostarvi, devo fare un lungo viaggio -

Non risposi e continuai a fissarlo.

- Signorina andate via! - alzò la voce.

Volevo andare via, volevo da morire. Strinsi le mani in due pugni, provai a non sentire quel suono, quell'odore e poi, me ne andai velocemente. Corsi verso sinistra, più veloce che potevo. Sentivo il rumore dei miei passi che solcavano il terreno e potevo ancora percepire la vita di quell'uomo. Corsi fino a quando non riuscii a calmarmi.

Non avevo idea di dove fossi. Mi sedetti a terra, poggiai i gomiti sulle mie gambe e le mani reggevano la mia testa. La scossi e pensai a quello che avrei potuto fare a quell'uomo. Non potevo tornare ad essere il mostro che ero stata, non volevo. 

- Maledizione - sussurrai in preda alla rabbia. Mi alzai da terra e cominciai ad urlare più forte che potevo. Nell'intera campagna, si sentii solo l'eco della mia voce. Cominciai a piangere per la paura di non poter riuscire a controllarmi sul serio. Quegli incubi, di quell'uomo con il bastone bianco, dovevano finire.

Stavo finalmente vivendo una vita normale e non ci avrei rinunciato facilmente.

...

- Clare, ma che fine avevi fatto? - chiese Amanda preoccupata quando mi vide entrare nel suo negozietto. 

- Scusa Amanda è che.. - 

- Clare non devi darmi spiegazioni di dove vai e cosa fai, non sono tua madre ma almeno la prossima volta lascia un biglietto -

Ero tornata all'alba a casa, mi ero cambiata e me ne ero andata nella vecchia casa in città. Provai a riposare ma ovviamente non ci riuscii.

- Si certo, è che sono uscita di fretta -

- Va bene - rispose tornando a spolverare i vecchi libri - Non dovresti andare dal signor John? Sono quasi le otto -

- Certo, ora vado - mi avvicinai e le diedi un bacio sulla guancia.

- Sbrigati - disse ridendo.

Uscii dal negozio e mi diressi verso la nuova panetteria. Sarei arrivata di sicuro in ritardo e così accelerai il passo. Intorno a me c'erano così tante persone, così tante vite. Cercai di mantenere la calma, come avevo sempre fatto. 

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