Capitolo 16: Farfalla

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Kevin

Il sorriso insolente che ho dipinto sul volto, si spegne nel momento in cui mi volto e noto che la porta della casa di Romi è ancora aperta e lei è appoggiata allo stipite, probabilmente dopo aver sentito ogni mia parola. Merda! Il suo sguardo offeso è sufficientemente eloquente, ma a stringermi inaspettatamente lo stomaco è la tristezza che le vela il viso. "Romi aspetta, facevo per dire... Mica era un'offesa" provo a difendermi invano, non so perché io ci tenga così tanto. "Sei proprio uno schifoso maleducato!" riesce a dire, con quel suo solito sguardo scandalizzato.

In quell'esatto instante, il cielo scuro viene attraversato da una saetta, che illumina la zona circostante a giorno nonostante sia tardi, subito seguita da un boato di tuono, tipico dei temporali di mezza stagione del Sud.

Come ormai mi aspettavo, Romi sobbalza e posso vedere la pelle d'oca che le attraversa le braccia al successivo lampo, seguito da un altro potente tuono. Si rifugia velocemente in casa, correndo verso il divano letto ad un'estremità dell'abitazione. Cerco di trattenere un sorriso nel vederla così spaventata per un temporale. Sembra un cucciolo smarrito, è... tenera. Credo. Così lascio la mia attrezzatura da pesca fuori e mi azzardo a varcare la porta di casa sua, richiudendola alle mie spalle per evitare che l'acqua ormai torrenziale entri. "Ehi va tutto bene. E' solo un temporale" provo a rassicurarla con voce sommessa, ma lei sembra non ascoltarmi, sembra non vedere né sentire più nulla. Sta rannicchiata sul suo letto, con le ginocchia strette al petto e gli occhi serrati. Faccio per avvicinarmi e sedermi accanto a lei, ma mi ferma subito: "Stai lì, per favore" mi ordina, in preda ad una paura atavica che le fa tremare la voce.

Ora sono un po' spaventato anche io, non avevo mai visto nessuno vittima di una simile ansia che porti a stare così male. Qualcuno che non fossi io. "Ok" provo a tranquillizzarla, portando le mani in avanti. "Ma non ho intenzione di lasciarti sola in questo stato. Facciamo così, io adesso mi siedo qui" le dico, mentre con passi cauti, quasi tentando di non far rumore, mi dirigo verso il lato opposto della stanza e mi siedo a terra, appoggiando la schiena alla parete e mettendo i gomiti sulle ginocchia divaricate.

Mi guardo intorno: questo posto è carino. Piccolo e un po' angusto, ma ben curato. È proprio una casa in miniatura, con il divano letto, la cucina e il soggiorno in un'unica zona; dietro la semi parete a cui sono appoggiato devono esserci il bagno, un armadio e un ripostiglio.

Un altro tuono e Romi sussulta nuovamente. "Qualcosa mi dice che non ti piacciono i temporali" azzardo. Lei non risponde, preda ancora della sua agitazione. Per esperienza ritengo che, in simili momenti, qualcuno che ti distragga senza sconvolgerti ulteriormente sia il rimedio migliore. Così proseguo: "E neanche i rumori forti ti piacciono. È per questo che ti sei sentita male al cantiere" esplicito quanto ho ipotizzato dentro di me in questi giorni, quando non riuscivo a togliermi quegli occhi azzurro ghiaccio dalla testa. Romi mi sorprende rispondendo con voce tremante: "Ne ho proprio paura. I rumori improvvisi mi spaventano" mi rivela e, mentre parla, inconsapevolmente, allenta la presa delle braccia attorno alle gambe e si siede più rilassata sul suo letto. "Non sopporti neppure alcun tipo di contatto fisico. Giusto?" le chiedo sottovoce, sperando di non aver osato troppo. Non voglio smettere di parlare con lei, perché tranquillizza anche me. Romi deglutisce: "Mi dà fastidio chiunque mi tocchi o si avvicini troppo, anche nelle situazioni più banali e ovvie, anche se si tratta di qualcuno che conosco. So che è stupido, ma mi sembra una cosa su cui non ho il controllo. È come se permettessi agli altri di avere una parte di me e non voglio" prova a spiegarmi a fatica, un po' confusa. Eppure mi sembra di capire. Infatti annuisco restando in silenzio.

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