Capitolo 7: Tutta per te

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Dylan

"Ma guarda! Non mi ero accorto di essere così vicino all'elegante proprietà dei tuoi genitori! Spero di non aver invaso il tuo campo, Quarterback!" Quel coglione di O'Connor mi schernisce come è solito fare, riferendosi al terreno posseduto dai miei genitori, dove sorge il villaggio di case mobili e dove lui è solito venire a pescare.

Prende parola non appena Romi si è allontanata in gran fretta. So che lei è solita rifugiarsi nella casetta sul fiume, per stare da sola con quei suoi pensieri a me ancora oscuri, ma prima l'ho vista sconvolta come poche altre volte e so per certo che non è assolutamente un buon segno. E ovviamente trovo qui anche questo idiota che porta guai ovunque vada. Giuro che se ha tentato anche solo di avvicinare Romi io...

"Già O'Connor, questa proprietà è troppo decorosa per uno che vive in un garage e che la dignità l'ha persa per strada tempo fa. Letteralmente!" lo provoco, scendendo più in basso di quanto mi aspettassi nel rinfacciargli il suo passato e vergognandomi di me stesso. Lui tuttavia, con mia sorpresa, non reagisce, ma si avvicina a passi lenti, tenendo la canna da pesca stretta in una mano e il resto dell'attrezzatura nell'altra. "Hai ragione sai?" mi dice tranquillo con un sorriso spettrale. "Ormai non ho più niente e tu di questo ne sai qualcosa, vero? Sei uno di quelli che costruiscono se stessi sulle macerie degli altri, non è così?" ribatte con tono amaro. "La vita è come te la fai O'Connor! E' quello che mi dicevi sempre da ragazzini, ricordi? Credevo fosse il tuo motto!" gli rivolto contro le stesse parole di cui è solito riempirsi la bocca.

Poi assumo un'espressione dura, mettendo da parte i convenevoli: "Se tu l'hai anche solo sfiorata..." lo minaccio andando subito al dunque e riferendomi a Romi, ma O'Connor sembra non cogliere subito: "A chi ti riferisci scusa?" Poi capisce: "Ah! Quella ragazzina di prima!" allude malizioso. "E chi la conosce! E poi scusa, credevo che la tua tipa fosse Tiffany... E sai quello che si dice delle rosse come lei..." accenna, con uno sguardo vomitevole, poi scuote il capo con teatralità: "Ah, ma perdo tempo a parlarne con te! Dovrei rivolgermi direttamente alla tua ragazza, così che possa ricordarsi quanto le ho insegnato e fartelo vedere!" A questo punto non ci vedo più e lo afferro per quella sudicia giacca militare che indossa, portando il suo viso a due centimetri dal mio. Lui, come suo solito, scoppia in una risata scettica: "Forse però dovrei prima capire quale sia delle due la ragazza che ti interessa davvero. E credo dovresti chiarirti le idee anche tu!" sibila a denti stretti, con uno sguardo tagliente.

Lo lascio andare con uno spintone e lui mi rivolge quello sguardo soddisfatto di chi sa di aver colpito nel segno. Mentre lo guardo allontanarsi lungo la riva del fiume, grido: "Salutami tuo padre O'Connor!" Lui emette un'altra risata vuota: "Tu invece non salutarmelo quando lo rivedi!" afferma, senza neanche voltarsi.

Non riesco a smettere di provare a ipotizzare quale sia il collegamento tra Romi e quel bastardo di O'Connor, perché è chiaro che quella non era la prima volta che si vedevano

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Non riesco a smettere di provare a ipotizzare quale sia il collegamento tra Romi e quel bastardo di O'Connor, perché è chiaro che quella non era la prima volta che si vedevano. Non so perché, ma la cosa mi infastidisce come un'orticaria che mi brucia su tutta la pelle: non posso permettere che una ragazza così preziosa venga rovinata da qualcuno di marcio come lui. E di sicuro non posso ammettere a me stesso il perché questa faccenda mi stia tanto a cuore né permettere a O'Connor di farne un mio punto debole di cui approfittare.

Esasperato dai miei pensieri che non mi danno tregua, mi passo una mano tra i capelli mentre risalgo dal fiume, lasciandomi il bosco alle spalle, e mi dirigo a casa, trascinando gli scarponi sullo sterrato.

L'abitazione dove vivo con i miei genitori è la più grande del villaggio, tanto che è facile dubitare del fatto che possa davvero essere spostata una volta agganciata ad un camion. In effetti è una bella costruzione e al suo interno è dotata di tutti i comfort e i servizi, eppure io non sono mai riuscito ad accettare lo stile di vita alternativo che i miei genitori mi hanno imposto fin da quando sono nato. Questo villaggio di graziose minicase in legno è come un mondo a sé stante, da cui ho sempre osservato gli altri sentendomi estraneo. I miei compagni la domenica giocavano in giardino con il proprio cane, mentre i genitori organizzavano un barbecue con i vicini. La mia famiglia invece gestisce una sorta di albergo a cielo aperto: mio padre è sempre impegnato nella manutenzione e mia madre è gioviale e cortese con tutti i clienti che si susseguono, accogliendo chiunque, ma senza avere mai tempo da dedicare ai miei amici, che da piccolo avrei voluto invitare a casa. Lei infatti era sempre troppo occupata nel gestire le abitazioni altrui invece che pensare alla propria e le mamme degli altri bambini non volevano che i figli si sporcassero nel fango della palude in cui questo villaggio sembra essere immerso nella stagione delle piogge. Ogni volta che mi affezionavo a qualche nuovo ospite del villaggio mio coetaneo, scadeva l'affitto e la sua famiglia decideva di spostarsi; così perdevo le uniche persone che, come me, capivano cosa vuol dire crescere come dei nomadi, senza alcuna stabilità.

Se otterrò il contratto per la prossima stagione di football con la squadra dei Texas Hunters avrò guadagnato un biglietto per andarmene da qui e costruire una vita diversa, solo mia, e non condivisa giorno e notte con degli sconosciuti che vivono a un metro da me.

Quando arrivo ai gradini che introducono al patio antistante la casa della mia famiglia, trovo seduta Tiffany con le ginocchia strette al petto e i capelli rossi bagnati dalle gocce di pioggia che hanno da poco iniziato a scendere.

Mi fermo un secondo, osservandola a poca distanza. Ricambio il sorriso sincero che mi rivolge e guardo quanto è bella nella sua ingenuità. Quando ho conosciuto Tiffany infatti non mi hanno colpito tanto le forme pronunciate, il modo di vestire vistoso e la personalità eccentrica e estroversa, che l'hanno da sempre resa una delle ragazze più desiderate della nostra cittadina. Anzi non so cosa io abbia fatto per meritarla, dal momento che è stata lei per prima ad avvicinarsi a me, e tutt'ora mi chiedo come possa un ragazzo tranquillo, riflessivo e introverso come me stare con una bella ragazza sexy come lei. Non che me ne lamenti ovviamente! Eppure ciò che mi affascina di Tiffany è il suo carattere trasparente, genuino e anche un po' ingenuo, che forse stride con l'apparenza, ma la rende meravigliosa ai miei occhi, convincendomi di essere l'unico a conoscerla davvero.

"Ti ho portato una torta!" mi dice allegra, porgendomi il contenitore di plastica da cucina che tiene tra le braccia. "Per festeggiare l'esito del tuo colloquio di oggi" mi spiega, notando la mia espressione confusa. Scuoto il capo e sorrido tra me: "Io non ti merito Tiffany, sei troppo buona!" "Aspetta dopo cena a dirlo" mi rimprovera. "Quando i tuoi genitori saranno fuori casa e resteremo soli: così mi avrai tutta per te, a quel punto penserai ancora di non meritarmi? O ti lascerai andare?" allude maliziosa, sapendo che la sensualità è sicuramente una delle sue qualità a cui non si può non arrendersi.

Rido e la abbraccio, dandole un leggero bacio sulle labbra, che mi rendo conto lei vorrebbe intensificare. Io però mi allontano subito e le chiedo: "Hai visto Romi oggi?" Quando annuisce confusa, proseguo: "Ha per caso accennato a qualcosa che la turba? Sai se conosce O'Connor?" "A me non ha detto nulla" risponde Tiffany con un'alzata di spalle, poi si acciglia e si ferma di fronte alla porta di casa che tengo aperta per lei. "E poi come potrebbe conoscerlo? O'Connor non frequenta nessuno del nostro giro" liquida la faccenda con una risata, ma un'ombra di preoccupazione non abbandona il mio volto. "Già e neanche tu lo frequenti, giusto?" indago. "Lo conosco come lo conosci tu, ma non ho nulla a che fare con lui. Cosa sono tutti questi sospetti?" mi chiede ridendo, senza riuscire a nascondere un'aria lusingata. "E' che ti voglio tutta per me!" ribadisco le sue stesse parole, chiudendo un discorso che inizio a trovare scomodo. Perché si tratta comunque della verità, giusto? E' Tiffany che io voglio tutta per me. Nessun'altra. 

LA VITA E' COME TE LA FAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora