Capitolo 39: Tesoro

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Kevin

Parcheggio la mia moto sul marciapiede su cui si affaccia il complesso di case popolari, nella periferia di questa cittadina. Con il casco in mano, mi addentro tra i vecchi palazzi a passo deciso, diretto verso il cortile centrale, da cui si può accedere ai singoli edifici.

Non so bene perché io sia qui, ma di sicuro voglio parlare con Romi! Non voglio rinunciare a lei, questo non l'ho mai messo in discussione. Ma per lei è lo stesso? Oppure, invece di avvicinarsi a me come speravo io, si sta allontanando? Ho intenzione di suonare a ciascun campanello per trovare questa Mila o come si chiama e sapere finalmente ogni cosa! Tuttavia scopro presto che non ce ne sarà bisogno.

"Sei bravissima! Allora Silvy, hai visto che non faceva così paura, ti è piaciuto?" Sento la voce di Romi pregna di una vitalità che non avevo mai colto prima d'ora.

Mi blocco in prossimità del prato, al centro del quale ci sono diversi giochi per bambini, tra cui uno scivolo. Ai piedi di esso, accucciata a terra, c'è una bambina piccola e per un secondo credo che il mondo abbia smesso di girare e io di respirare. E' Lottie! O per lo meno le assomiglia così tanto! Schiudo le labbra e avverto la gola secca. Romi si inginocchia e abbraccia questa creaturina bionda e minuta, con i suoi stessi occhi azzurri e la carnagione chiara. Sono identiche, se non fosse per il colore dei capelli, un oro lucente. Proprio come i capelli lunghi e lisci di Lottie.

La bambina incontra il mio sguardo. Non dice nulla e la sua espressione resta impassibile, ma stringe più forte Romi, la quale la prende in braccio, si alza e si volta verso di me. Quando incrocia i miei occhi, il suo sorriso si spegne e finalmente capisce che il tempo di scappare e nascondersi si è concluso. Io adesso sono qui e non può più evitarmi.

La vedo pronunciare muta il mio nome, poi mette Silvy a terra e fa per raggiungermi. Tuttavia la bimba la precede e, inspiegabilmente, corre verso di me. A metà strada però inciampa e cade sulla terra fresca, mettendo le mani in avanti per non farsi male. Istintivamente faccio per avvicinarmi e aiutarla, per capire se stia bene. "Kevin, no aspetta" sento Romi riprendermi. Tuttavia si interrompe quando mi vede inginocchiarmi accanto a Silvy e guardarla, aspettando che si rialzi da sola. Due occhi grandi e azzurri mi scrutano, proprio come ha fatto Romi mille volte. Poi con cautela Silvy posa la manina piccola sul mio braccio e si rimette in piedi. Io resto in ginocchio e lei risulta così essere alta quanto me. Con un timore che ormai riconosco, passa le dita piccole sul mio braccio, scoperto dalla tshirt a mezze maniche, finché la sua attenzione è catturata dal tatuaggio di Simba. Quando lo osserva sembra sorridere impercettibilmente e poi torna a guardarmi, sempre senza pronunciare una parola. "Ti piace?" le sussurro. La sua espressione però non accenna risposta. Questa bambina incantata continua a spostare lo sguardo sul mio viso, finchè non allunga una mano e afferra l'anellino che porto all'orecchio e lo tira leggermente. Rido sommessamente e con cautela la prendo tra le mie braccia. Mi alzo e mi dirigo verso Romi, la quale, avvolta nel suo cappotto di panno, tiene le mani sulla bocca e mi fissa commossa. Resto per un istante confuso. Quando sono arrivato qui ero parecchio incazzato, eppure ora mi sento in pace, tranquillo, anzi credo che anche i miei occhi tradiscano una certa emozione.

Una donna di origini asiatiche, bassa e un po' robusta, si avvicina a noi e prende Silvy per mano, rivolge un cenno di intesa a Romi e si allontana verso uno dei portoni delle case popolari.

Tengo lo sguardo fisso su quella bambina meravigliosa, l'esatto specchio di Lottie, la quale mi saluta silenziosa con un cenno della mano che ricambio sorridendo. Credo che il mio cuore sia stretto in una morsa, dopo essermi illuso per un secondo di poter tenere la mia sorellina tra le braccia ancora una volta, con la bruciante consapevolezza che però non sarà mai più possibile.

"Kevin, lasciami spiegare" Romi mette le mani in avanti, avvicinandosi cauta a me, intuendo il mio disappunto. Stranamente è la prima volta che colgo una simile fermezza nella sua voce. "Perché non me lo hai detto?" la affronto subito. "E' complicato e, dopo ciò che mi hai confessato, non volevo farti stare male raccontandoti cose che avrebbero riportato alla memoria ricordi di tua sorella" ribatte, ma io rido amaramente: "Ma non capisci?! E' proprio perché ti ho rivelato il mio passato che mi sarebbe piaciuto sapere qualcosa di così importante per te. E sai una cosa Romi? Hai ragione! Sei tu ad essere fottutamente complicata! E questo mi piace di te, perché lo sono anche io. Tuttavia io ti ho permesso di conoscermi, ti ho raccontato tutto! E tu invece non hai fatto altro che nasconderti, quindi va bene: per te è complicato e vuoi che resti tale! Ma a me così non va, quindi preferisco lascar perdere!" mi sfogo, alzando la voce e dubitando del senso compiuto delle mie parole. "Lasci perdere me?" Romi mi chiede spiegazioni e io tento di ignorare la sua espressione ferita. "No Romi, sei tu che hai lasciato perdere noi molto tempo fa, rifiutando di esporti tanto quanto me. Io ora mi sto semplicemente adeguando".

Afferro il casco che avevo appoggiato a terra, mi volto e me ne vado a passi lunghi. "Aspetta Kevin! Lo sai che ci tengo da morire a te, ma ci sono cose più grandi di noi e avevo paura potessero schiacciarci entrambi! Cose di cui mi vergogno e che volevo dimenticare! Non voglio farti carico di tutte le mie debolezze più di quanto abbia già fatto!" il tono delle sua voce è autenticamente angosciato, tanto che devo fare appello a tutte le mie forze per non tornare sui miei passi e stringerla a me. "Se proprio vuoi saperlo Romi, la vulnerabilità è una delle cose più affascinanti in te e non è neanche lontanamente sinonimo di debolezza. Io non ti ho mai vista debole, anzi, la tua consapevolezza di essere fragile è sempre stata la tua forza più grande" le confesso con voce calma, prima di lasciare il cortile e salire di nuovo sulla mia moto.

Esito una frazione di secondo prima di accendere il motore, tormentato da quegli occhi azzurri che ora si mischiano all'oro di un tesoro che avevo perso e che credevo di aver ritrovato, per poi sentirlo impotente scivolare di nuovo tra le mie dita.


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