Capitolo 41: Sopravvissuta

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Kevin

Invito Romi a sedersi con me sul divano, dopo essermi passato una salvietta sul volto sudato, e aspetto finalmente di scoprire davvero tutti i misteri celati da questa ragazzina oscura e intrigante. La vedo piuttosto angosciata, ma credo sia in controllo di ciò che prova e in grado di gestirlo. Leggo nei suoi occhi una dura determinazione.

"La mia sorellina Silvy ha cinque anni e vive con la nostra tata Mila. Io vado a trovarla appena posso e mi piacerebbe tantissimo poter vivere insieme a lei, ma non riuscirei a prendermene cura da sola, non me lo avrebbero permesso e al tempo stesso non mi va di stare da Mila. Mi piace avere i miei spazi nella casa mobile" comincia a raccontarmi; poi fa un respiro profondo, cercando le parole o forse il coraggio: "Due anni fa siamo state entrambe allontanate dalla nostra famiglia. I miei genitori vivono nella periferia di Dallas, praticamente dall'altra parte della città, quindi piuttosto distante da qui e questo garantisce a me e Silvy di essere al sicuro."

Romi non mi guarda e stringe i denti nel pronunciare ciò che la fa soffrire più di quanto potessi immaginare: "Vedi Kevin, devi sapere che mio padre è un uomo disturbato, malato di un ossessione paurosa ed eccessiva nei miei confronti. Sono cresciuta sottostando ai suoi maltrattamenti, violenze, abusi. Emotivi e fisici. Mia mamma era incapace di prendersi cura della casa e delle sue figlie, incapace di reagire alle atrocità che quell'uomo riservava anche a lei; con la differenza che lei ne era consapevole e le accettava, non solo per se stessa, ma anche per me." Fa una pausa e tira su con il naso, poi riprende: "Io invece non mi accorgevo di quanto mi accadeva: sono cresciuta credendo che i gesti di mio padre, il modo in cui mi guardava, si avvicinava a me, mi toccava, fosse normale. Ad una certa età però si inizia a cambiare e diventando grande ho cominciato a percepire quelle sensazioni sul mio corpo come sbagliate, ma non sapevo in che modo reagire. Non avevo mai conosciuto nulla di diverso. La nostra casa era piuttosto isolata e io non potevo andarmene da sola. Per molto tempo non ho conosciuto nessun altro né sperimentato niente di quello gli altri bambini vivono normalmente. Mio padre non riteneva necessario che io andassi a scuola e per un po' ho studiato a casa, ma ero completamente sola e quando ho iniziato le superiori finalmente i professori si sono accorti che ero cresciuta isolata, privata di ogni contatto sano e delle conoscenze utili a sapersela cavare nel mondo reale."

Una lacrima silenziosa le riga la guancia e io mi accorgo che il mio cuore sta battendo all'impazzata, mentre un groppo in gola mi soffoca. Romi prosegue: "Mila era l'unica persona esterna che entrava nella nostra casa e successivamente ho capito che lo faceva soltanto per me e Silvy, per non abbandonarci. A tre anni Silvy avrebbe dovuto cominciare la scuola materna, ma ormai era chiaro che presto avrebbe vissuto le stesse crudeltà che erano state riservate a me. Così Mila mi ha proposto di andare presso il centro di assistenza sociale e raccontare ogni cosa. Avevo sedici anni e ormai ero consapevole degli abusi che subivo. In questo modo, essendo io ancora minorenne e la mia sorellina così piccola, siamo state allontanate da quella casa degli orrori. Mila si è assunta la responsabilità e ha preso in affido Silvy; avrei dovuto vivere con loro anche io, ma preferivo stare sola. Dylan era stato l'unico con cui avevo legato fin da bambini, così la sua famiglia si è offerta di ospitarmi presso il villaggio e io riesco a mantenermi con i soldi dell'assistenza sociale."

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