Capitolo 36: Sguardi

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Romi

Sono stregata da questo giovane uomo meraviglioso. Se ne sta lì, seduto su quella roccia sotto ad un albero, con il blocco da disegno in mano, una matita tra le labbra, un'altra dietro l'orecchio e una in mano. Non so quale differenza ci sia tra di esse né a cosa gli possano servire. Disegna assorto e ogni tanto lo vedo sfumare con le dita i tratti rapidi che traccia sul foglio. È mancino e ha un tratto netto e deciso. Sono affascinata dalla delicatezza e precisione di questo ragazzo, con piercing e tatuaggi, con le catene al collo e la canotta nera tesa sul fisico forte e muscoloso.

Io me ne sto più avanti, in prossimità della sponda del fiume, seduta su una roccia e osservo il paesaggio. Kevin non vuole farmi vedere ciò che sta facendo finchè non sarà concluso. Sono riuscita a convincerlo di permettermi almeno di cambiarmi prima di lasciare casa mia, senza avere idea di dove volesse portarmi. Siamo ancora nel terreno del villaggio e io indosso un maglione ampio per proteggermi dalla brezza leggera di questi giorni invernali insolitamente caldi.

Ogni tanto Kevin alza gli occhi su di me e mi sorprende a fissarlo, così io distolgo lo sguardo trattenendo un sorriso

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Ogni tanto Kevin alza gli occhi su di me e mi sorprende a fissarlo, così io distolgo lo sguardo trattenendo un sorriso. Tuttavia spesso capita anche il contrario: lo colgo osservarmi con attenzione, restando immobile per diversi secondi. Così intuisco qualcosa...

"Aspetta, non starai mica..." mi alzo di scatto e lo raggiungo, tentando di afferrare il blocco da disegno, ma Kevin si divincola. "Non ho ancora finito! Non puoi sbirciare!" si lamenta. Io però ho capito e riesco finalmente ad osservare il disegno a cui ha riservato tanta cura.

Ancora una volta, schiudo le labbra per lo stupore: "Sono io!" La mia è più una domanda che una constatazione. Una ragazza bella e pura, con i lineamenti delicati e i capelli spettinati che le ricadono sul volto, è ritratta su uno scoglio, mentre osserva il corso d'acqua scorrerle accanto. Ed è nuda. Tiene le ginocchia rannicchiate al petto, proprio come facevo io poco fa sulla roccia, in modo che non si possa scorgere nulla di un corpo apparentemente perfetto e chiaramente privo di vestiti. A fondo pagina è scarabocchiata la scritta Venere. Non capisco: sono io, eppure al contempo non sono io; si tratta di una raffigurazione perfetta, io non sono così.

"Tu mi vedi in questo modo?" rivolgo il mio sguardo a Kevin sollevando il capo e trovo il coraggio di incontrare i suoi occhi. Lui tuttavia li distoglie e mormora: "Non volevo offenderti, ma mostrarti quanto tu sia bella per me" mi confessa. "No, non sono offesa né arrabbiata" lo rassicuro, non volendo che per nulla al mondo fraintenda quello che solo lui è in grado di farmi provare. "Ma io non sono così" affermo a bassa voce. Non sono neanche lontanamente così perfettamente in confidenza con me stessa come questo disegno sembra rappresentare. "Sì invece" insiste Kevin "così è esattamente come ti vedo io" scandisce in un sussurro, avvicinandosi a me e passando una mano tra i miei capelli.

Deglutisco tentando di far sì che il mio cuore rallenti il suo battito. Continuo a fissare il blocco da disegno e scosto il foglio per osservare il bozzetto che segue. Si tratta del particolare di due occhi. È incredibile come con una semplice matita Kevin sia riuscito a rendere la profondità, il tormento, ma anche la dolcezza di questo sguardo, il quale mi è familiare. Lo scruto nuovamente, sospettosa, e Kevin chiarisce subito: "Sono i tuoi occhi, quelli che mi hanno stregato. Sei tu la mia Venere" mi rivela con un lieve imbarazzo, accennando al leggero difetto che i miei occhi hanno.

Scuoto la testa senza trovare le parole, quasi spaventata da un sentimento così forte che non credevo qualcuno potesse provare per me. "Non sono io. Io non sono così bella, perfetta, ideale, sicura" ribadisco balbettando "ho paura che tu ti illuda e rimanga deluso" cerco di spiegare confusamente, ma in realtà la paura è quella di non essere abbastanza per lui, di non sentirmi abbastanza per lui e che per questo Kevin, prima o poi, mi lasci. Kevin mi prende il volto tra le mani, senza lasciare al mio sguardo via di fuga: "Romi, Venere era la dea della bellezza, ma sai cosa la rendeva tanto bella e nota? Quel difetto nel suo sguardo che lei usava come strumento di seduzione. C'è bellezza nell'imperfezione. L'ideale classico era qualcosa di divino, di distante dall'uomo. Il bello vero è quello reale, umano, ciò che uno specchio non può mostrare, perché si cela nell'interiorità. E io ti assicuro che, dopo averti incontrata e conosciuta, se mi trovassi in una stanza piena d'arte, ammirerei comunque te" mi rivela, chinandosi su di me e posando delicato le labbra sulle mie. "Grazie" scandisco muta, stringendomi quei disegni al petto e baciandolo di nuovo.

Per la prima volta, grazie ad uno sguardo, quello dell'animo e non il riflesso di uno specchio, mi sento me stessa e mi sento abbastanza. Non soltanto per me sola, ma anche per qualcun altro.  

LA VITA E' COME TE LA FAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora