Capitolo 67: Qui e ora

46 4 0
                                    

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Kevin

Fuori dal pub il vento freddo della sera mi permette di riguadagnare un po' di lucidità. Romi invece continua a camminare lenta e smarrita. Così mi avvicino e la prendo in braccio: "Vieni qui, piccola. Ti porto io a casa" le sussurro, constatando il piacere di avere il suo corpo minuto tra le mie braccia e ripensando inevitabilmente a quando ci siamo conosciuti.

Il villaggio di case mobili si trova proprio in fondo alla strada dove è collocato il pub e durante il tragitto a piedi Romi resta in silenzio, ma, con mio stupore, non si addormenta. Al contrario mi fissa senza interruzione e il suo sguardo appare sorprendentemente lucido mentre sosta su ogni dettaglio del mio viso e le dita delicate mi sfiorano la barba.

"Mi piace questo genere di serate" decreta Romi, una volta che siamo entranti in casa sua e che l'ho posata delicatamente sul suo letto. "Ti piace perdere il controllo?" la sfido. Lei si siede con le gambe incrociate e fissa seria il pavimento. "Non si può vivere camminando sempre in equilibrio precario su un filo sottile. Prima o poi bisogna cedere, lasciarsi andare e io non ho più paura di cadere, perché so che ci sei tu a prendermi" mi confessa in un sussurro.

Il mio cuore accelera inspiegabilmente il suo battito; mi chino su Romi, mettendole due dita sotto il mento per far incontrare le nostre labbra in un bacio che presto si intensifica. Mi siedo sul divano letto accanto a lei, per poi farla sdraiare sopra di me, senza mia interrompere il contatto tra le nostre bocche e le nostre lingue. L'eccitazione che provavo da quando ci trovavamo al locale ora fa sì che i boxer mi siano più stretti che mai. Romi infila le mani sotto la mia maglietta e mi accarezza il torace, esercitando una lieve pressione delle dita sui miei pettorali. Così me la tolgo e sfilo anche a Romi la mia felpa nera che indossa. Mi siedo sul letto e la faccio mettere a cavalcioni su di me, in modo che i nostri bacini non interrompano quel contatto che mi sta facendo impazzire. Stringo con forza le cosce e il sedere di Romi, fasciati dai jeans attillati, che mi appresto subito a sbottonare. Lei continua a muoversi sempre più veloce, spingendosi con forza crescente contro di me.

E' la prima volta che appare libera da qualsiasi timore e credo che ormai nulla potrebbe più fermarmi dal farla mia. La voglio più che mai, perché sento di poterla avere subito e che adesso finalmente non c'è più alcun ostacolo tra di noi. Eppure una vocetta stronza nella testa continua a tormentarmi, dicendomi che probabilmente Romi in questo momento non è interamente qui. Non le farei mai del male e questo lo so io come lo sa anche lei. Non corre alcun pericolo con me, eppure in questo momento il problema non è tanto il fatto che non lo sappia, ma che non le importi, a causa dell'alcol che le attutisce i sensi. Questi pensieri tuttavia scorrono dentro di me senza porre freno ai miei gesti, che si fanno sempre più carichi di desiderio.

Senza chiedere il permesso, abbasso le spalline della canottiera aderente che Romi indossa, consapevole che sotto non porta niente. Bacio il suo seno con foga, per poi spostarmi lungo il collo e stringerla con maggior forza tra le mie braccia quando la sento sospirare per il piacere. "E' così bello perdermi con te Kevin" mormora senza fiato. "Anche io voglio perdermi dentro di te Romi, voglio sentirti stretta intorno a me" replico con voce roca. Il suo gemito è ciò che mi spinge oltre il limite: faccio sdraiare Romi sotto di me e afferro le sue cosce per portarle all'altezza dei miei fianchi, senza mai smettere di strusciarmi contro di lei. Quando faccio per slacciarmi il bottone dei pantaloni, tuttavia colgo lo sguardo di Romi passare dal perso allo smarrito, al consapevole, al panico puro.

Restando immobile si passa le mani tra i capelli e poi mi fissa, come se per tutto questo tempo non fosse stata qui e ora fosse tornata all'improvviso, rendendosi conto di quello che sta succedendo. "Stai bene?" balbetto, sentendomi anch'io pietrificato e pregando di non aver perso il controllo e di non aver esagerato. Romi scuote il capo confusa e mi allontana, mettendosi nuovamente a sedere sulla trapunta stropicciata del suo letto. Mi siedo accanto a lei e faccio per metterle una braccio intorno alla vita, ma lei si scosta. "Aspetta un attimo" dice con voce tremante, più a se stessa che a me.

No, ti prego. Non adesso! Ma perché proprio ora? Perché deve reagire così proprio adesso?! Stavamo così bene: ogni volta che le cose sembrano andare meglio, lei riporta entrambi al punto di partenza! – penso frustrato un po' egoisticamente, ma senza poterne fare a meno.

"Romi va tutto bene. Sono io" provo a tranquillizzarla: "Scusami se ho esagerato, pensavo andasse anche a te. Non fa niente, possiamo fermarci qui". "Non va tutto bene, Kevin. Non mi sento bene adesso e non è colpa tua" spiega, con una voce irritata che mi fa tirare leggermente indietro. "Dimmi cosa vuoi, di cosa hai bisogno..." provo di nuovo, ma lei si alza di scatto dal divano letto. "Io... non lo so. Ho solo bisogno di un attimo per rendermi conto di quello che sta succedendo" continua, camminando avanti e indietro, sempre con le mani nei capelli e con lo sguardo basso. "Mi dispiace Romi; è stata colpa mia? Sei al sicuro qui con me" insisto, ma lei non mi lascia proseguire: "Non è così semplice Kevin. Non è colpa tua davvero. E' a me che dispiace da morire, ma tutto quello che riesco a sentire in questo momento è un senso di nausea e quei versi orribili, i gesti, il suo tocco mentre..." non riesce a finire la frase, ripensando a quello che ha vissuto e stringendosi le braccia intorno alla vita. "Ma ora sei qui. Tutto quello è passato; devi essere tu adesso a lasciarlo andare, altrimenti non potremo mai andare avanti" tento di convincerla esasperato, ma lei non mi ascolta, anzi mi respinge.

Mi rendo conto che anche io manco quanto lei di lucidità in questo momento, della lucidità necessaria per prendermi il dovuto tempo e andare in profondità, oltre la superficie di quello che sta succedendo e che sto facendo.

Invece di fare un respiro profondo, la mia pazienza si esaurisce e, alzando esasperato le braccia, sbotto: "Cosa c'è che non va adesso Romi? Stava andando tutto così bene, perché devi rovinare i momenti più belli e importanti? Non ti ricordi quello che mi hai detto prima: che tu con me stai bene e sei felice?" non riesco nemmeno a fare in tempo ad ascoltare le mie parole, perché mi basta leggerle nello sguardo ferito e scandalizzato di Romi. "Mi dispiace, davvero. Ma non lo faccio apposta. È altrettanto frustrante anche per me, ma non hai idea di come mi senta adesso. Non posso controllarlo!" grida piangendo. Faccio per avvicinarmi a lei e metterle le mani sulle spalle, ma Romi si allontana di scatto: "Potresti per favore andare via?" mormora, senza riuscire a guardarmi negli occhi. "Romi, scusa non volevo..." tento di riparare, ma lei insiste: "Ho bisogno di restare da sola. Per favore!" A questo punto mi arrendo, getto la testa all'indietro e sbuffo: "Come ti pare. Arrangiati!" ribatto secco, afferro la mia maglietta e me ne esco a torso nudo nella brina notturna, sbattendomi la porta alle spalle.

Per un po' tutto quello che riesco a sentire è il mio respiro affannato, che emette delle nuvolette bianche di fumo, le quali si disperdono nel buio. Con rabbia sbatto a terra una delle sedie di plastica e scendo di fretta gli scalini della veranda. Riesco a dipingermi chiaramente davanti agli occhi il sussulto che Romi deve aver fatto in seguito al fracasso e la sua espressione ferita e terrorizzata di fronte a quella porta sbattuta con rancore.

Mi dispiace davvero. Insomma, è chiaro: ho esagerato. E non tanto per quello che ho fatto, ma per come ho reagito, per quello che ho detto. Tuttavia in questo momento l'esasperazione e la stanchezza, unite all'orgoglio e alla testardaggine, mi impediscono di pentirmene. Insomma, ormai stiamo insieme da diversi mesi, Romi si è fidata di me è mi ha consegnato tutta se stessa. Sa che solo io sono davvero in grado prendermi cura di lei, quindi cosa c'è ancora a trattenerla? Nel giro di pochi minuti, senza accorgermene, mi sono fatto tirare a fondo da una situazione che credevo di poter gestire. Non sono riuscito a tenere il controllo, come mi vantavo di saper fare. Ho perso la pazienza e mi dispiace, ma non ho potuto farne a meno. Però la amo. Io amo Romi con tutto me stesso e a volte la vera paura è che per lei non sia abbastanza, che il mio amore non sia materialmente abbastanza per farla guarire. So che anche lei prova le stesse cose e che è consapevole dei miei sentimenti, ma se ci fossero davvero delle difficoltà oggettive a tenerci distanti? Qualcosa che nessuno dei due potrà mai superare. E se finora mi fossi solo illuso e paradossalmente è questo il primo momento di vera lucidità che sperimento?

Piego le gambe e appoggio i gomiti sulle ginocchia, passandomi le mani tra i capelli e stringendo gli occhi, quando vedo la luce del bagno di Romi accendersi e la sento vomitare. Poi, con la vista annebbiata da lacrime di rabbia e frustrazione, forzo me stesso ad allontanarmi e a darle quello spazio di cui dice di avere bisogno, ma che temo sarà solo terreno fertile per un muro che ci separerà. Forse è inevitabile. 

LA VITA E' COME TE LA FAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora