Capitolo 71: Tallone d'Achille

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Romi

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Romi

"Kevin, aspetta! Aspettami, ti prego!" continuo a urlare, mentre mi dirigo di corsa verso di lui, in prossimità del bosco, dall'altra parte dello spiazzo sterrato al centro del villaggio. Sono senza fiato quando lo raggiungo; nonostante lui non si sia mosso di un millimetro, ero spinta dal terrore che se ne potesse andare, per sempre.

Incrocio Dylan, il quale sta rientrando in casa sua. Mi rivolge un'occhiata d'intesa e annuisce; non riuscirò mai a spiegargli quanto io sia grata per il sostegno che mi ha dato in queste ore e in questi anni.

Mi fermo davanti a Kevin, piegando leggermente le ginocchia e tenendomi una mano sul fianco, ancora con il fiatone per essermi precipitata nel gelo mattutino. Attorno a noi c'è una foschia che sembra aggiungere peso e gravità alle nostre parole, quelle che io inizialmente fatico a pronunciare. Lo osservo in silenzio, facendo vagare i miei occhi sul suo viso stanco e scavato; i suoi occhi sono annebbiati e il loro verde è simile a quello cupo del muschio, carico di lacrime non versate. La barba è più lunga e disordinata del solito e anche i capelli sono spettinati; la felpa che indossa è sporca e umida. Per la prima volta mi appare fragile.

"Mi dispiace" dico, ancora senza respiro. Kevin ha uno sguardo sofferente, ma quando alza gli occhi per fissarli nei miei lo vedo confuso e smarrito. "A te dispiace?" sussurra "Romi, sono io che ho fatto un casino! Ieri sera non ero in me e ho fatto delle cose... E' a me che dispiace, scusami per tutto! Per come ti ho trattata, per quello che ho detto. Me ne vergogno così tanto! Tu meriti di meglio e io sono stato egoista nel tenerti stretta a me, ritenendo che tu fossi mia. Ma mi sbagliavo, perché quando ti sei allontanata da me ho avuto modo di ricordare chi sono e tu sei così preziosa che non puoi appartenere a uno come me" parla concitato, come se mancasse il respiro anche a lui.

Istintivamente, faccio un passo verso di lui e gli prendo il volto tra le mani, fissandolo negli occhi. Lui pare sconvolto in seguito al contatto tra le sue guance fredde e le mie mani ancora calde. "Kevin, la scorsa notte è stata davvero buia. Per entrambi. Quello che ho visto non sei tu; era la maschera che indossavi prima che ti conoscessi, quella a cui ti eri tanto abituato da ritenere che facesse parte di te, ma non è così e tu lo sai. Tu sei quello con cui ho fatto l'amore per la prima volta. E con cui lo vorrei rifare" aggiungo in un sussurro con lo sguardo basso.

A questo punto Kevin deglutisce in silenzio. "Non volevo forzarti l'ultima volta; né riversarti addosso la mia frustrazione" si giustifica, ma io lo interrompo: "Lo so. Non l'hai fatto. Sono sincera nel dirti che dispiace a me quanto a te per il fatto che le mie paure immotivate si mettano tra noi e credimi quando ti dico che è difficilissimo controllarle, nonostante io ci provi. Lo giuro" faccio una pausa, lasciando che una lacrima triste mi righi il volto. Poi riprendo: "Capisco la tua rabbia quando vedi i nostri momenti più belli rovinati e non posso prometterti che non succederà più, ma voglio prometterti che farò di tutto per affrontare quelle ombre. E soprattutto ti prometto che non ti allontanerò più. Attraverseremo ogni cosa insieme, come tu mi hai insegnato a fare. Senza di te non sarei nemmeno stata in grado di muovermi e uscire dall'isolamento di cui ero prigioniera. Mi dispiace di aver provato ad escluderti, perché non te lo meriti, non dopo tutto ciò che hai fatto per me. Quindi so che ti chiedo tanto, per l'ennesima volta da quando ci conosciamo..." distolgo lo sguardo con una debole risata, poi concludo: "TI prego, resta. Non perché io abbia bisogno di te, ma perché ti voglio. Davvero".

Non faccio neppure in tempo a finire la frase che Kevin preme disperatamente le labbra sulle mie, stringendomi tra le sue braccia, facendomi appoggiare il capo sul suo petto e mettendomi una mano sulla nuca, per proteggermi. Quando mi scosto, continuo ad accarezzargli il viso e a rassicurarlo, sentendo che ne ha bisogno. Nonostante tutto quello che deve aver vissuto stanotte, nonostante i segni sul viso, è comunque bellissimo, affascinante, attraente, nel suo essere vero davanti a me, senza bisogno di nascondersi o camuffarsi. "Ti amo" mormoro prima di baciarlo di nuovo.


Kevin è seduto al tavolo della cucina di casa mia. Gli ho preparato una tazza di latte caldo e cereali, che ora sta mangiando in silenzio, dopo essersi lavato e ripreso dalla nottata appena trascorsa. Faccio per sedermi davanti a lui, ma Kevin mi invita ad accoccolarmi sulle sue gambe, tra le sue braccia, mentre ci stringiamo in una coperta.

Sembra che la primavera voglia liberarsi definitivamente dell'inverno concedendogli un'ultima giornata di freddo; quel tipo di atmosfera che ti fa solo aver voglia del calore di chi ti ama. Restiamo in silenzio per un po', mentre io ripenso a tutto quello che ci siamo detti poco fa.

Ad un certo punto emetto una debole risata tra me e me e, quando incontro lo sguardo curioso e interrogativo di Kevin, gli spiego: "Hai detto di esserti arrabbiato e aver riversato su di me la tua frustrazione quando abbiamo litigato, ma credimi non è così. E io lo so bene, perché quello era esattamente ciò che accadeva in casa mia, con i miei genitori. Riversavano su di me tutte le loro schifezze, le loro ansie malate e nevrotiche, affogandomi in un vortice di frustrazione."

Mi scosto per guardarlo negli occhi; non voglio farlo soffrire raccontandogli certe cose, ma sento il bisogno di fargliele sapere, perché credo che in questo modo non si frapporranno più tra noi e così saremo più vicini. "Sai, l'abuso si verifica quando le persone conoscono il tuo punto più debole e ne approfittano. E non parlo di un semplice tallone d'Achille" abbozzo un sorriso "Mi riferisco alla parte più viscerale, intima e sensibile che si tenta sempre di nascondere e proteggere. Chi abusa di te se ne approfitta e ne gode a proprio piacimento, continuando a infliggerti sempre lo stesso strazio, riaprendo ferite che non hanno neppure il tempo di rimarginarsi."

Vedo Kevin sconvolto da ciò che sto descrivendo e mi sento in pena per sottoporlo a simili angosce quando è già stanco e consumato; per questo mi affretto ad aggiungere: "Kevin, tu hai conosciuto la mia parte più delicata, fragile, intima, personale e non ne hai mai approfittato, mai" enfatizzo quell'ultima parola "e questo vuol dire amare. Questo è l'amore che tu per primo mi hai fatto conoscere. Da questo ho capito che mi ami. È un amore gratuito, perché non è dovuto. Non eri obbligato ad amarmi con così tanta pazienza e costanza, eppure l'hai fatto e proprio questa è la mia rassicurazione più grande. Non mi dovevi niente e, nonostante questo, hai scelto di darmi tutto" concludo, prima di appoggiare delicata le mie labbra sulle sue, per poi inclinare il capo e posare leggeri baci sulla sua mascella.

Solo ora mi accorgo della presenza di lievi tagli sul suo labbro inferiore e sul mento, quando percepisco un sapore metallico derivante da residui di sangue. "Ti sei fatto male" constato apprensiva, ma lui scuote la testa sorridendo debolmente; prende la mia mano nella sua e con l'altra mi accarezza la guancia. "Non è niente. Quando te ne sei andata, questa notte, ho fatto a pugni con Vin. Avevo bisogno di sfogarmi e lui ha detto delle cose... Su di te... Non ci ho visto più!" accenna soltanto, serrando i denti nel ricordare.

Lo abbraccio per rassicurarlo: "Va tutto bene. Adesso siamo qui. Insieme" mormoro, sentendomi per la prima volta in grado di essere presente non solo per me stessa, ma prima di tutto per qualcun altro e capendo così l'amore vero.

 Insieme" mormoro, sentendomi per la prima volta in grado di essere presente non solo per me stessa, ma prima di tutto per qualcun altro e capendo così l'amore vero

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