Capitolo 47: Alleanza

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Dylan

"Arrivo!" non dico altro, così come non c'è bisogno che la voce dall'altro capo del telefono aggiunga nulla, considerata la sua insolita agitazione.

Come ho potuto essere così idiota?! Romi, cosa hai fatto? Cosa ti ho fatto?! Mi si dipingono nella testa scenari spiacevoli e radicali che tento di allontanare, cercando di mantenere un briciolo di ragione. Se solo avessi risposto alle sue telefonate!

"Dove vai?" mi chiede Tiffany, cupa in volto, mentre mi allontano dal suo armadietto. Questa mattina ero passato a salutarla prima di dirigermi verso la mia aula. Quando non sono con lei, la voglio vedere, eppure adesso non esito nemmeno un secondo ad allontanarmi, tristemente consapevole di non aver mai messo in discussione le mie priorità. Non c'è bisogno che io risponda nulla. "E' lei non è vero?" prova a indovinare Tiffany, distogliendo lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore coperto di rossetto. Scuote la testa con un sorriso amaro. "Tiff, prova a capire. E' una cosa seria" tento di spiegarle senza troppo impegno, infatti mi sto già avviando lungo il corridoio. "Lo è sempre. Per te. Io sono stanca di capire!" mi dice, voltandosi e incamminandosi nella direzione opposta con un passo risoluto, sostenuto da tacchi vertiginosi.

Raggiungo il mio pickup senza esitazione e metto in moto, diretto alla meta verso cui ritornerò sempre.


"Che è successo?" Ho il fiatone quando raggiungo la casa di Romi, una volta entrato nel villaggio. O'Connor mi aspetta ai piedi della scaletta che conduce al piccolo patio antistante l'abitazione. Ha le braccia incrociate e adesso appare calmo. "In questo momento dorme, ma era parecchio agitata quando sono arrivato; deve essere stato troppo da sostenere per lei e la sua mente era già stanca, così è svenuta" mi informa. Finalmente posso fare un respiro profondo.

"Morris" O'Connor richiama la mia attenzione: "Che cazzo hai combinato?" mi chiede con sguardo duro e la mascella serrata. Io abbasso lo sguardo, colpevole di aver baciato la sua ragazza. Cerco di trovare le parole, ma O'Connor mi semplifica inaspettatamente il compito: "Quello che provi per Romi è chiaro come il sole, così come il fatto che lei non ti ricambia" parla al posto mio, umiliandomi e sbattendomi in faccia una verità dolorosa, che a quanto pare solo io fatico ad accettare, senza la minima delicatezza. Ma cosa ci può trovare Romi in questo imbecille?

"Quello che mi chiedo è perché le hai riversato addosso tutta la tua frustrazione?" chiarisce e poi prosegue: "Specialmente dopo tutto quello che ha affrontato e le cicatrici che si porta dietro! Ciò che le ha inflitto la sua famiglia! Sai quanto è sensibile; eppure, nonostante questo, tu hai voluto insistere con una sorta di ricatto affettivo!" afferma scandalizzato.

Io faccio un passo indietro e lo osservo interdetto. Sono confuso: a cosa si sta riferendo? O'Connor capisce che non so di cosa stia parlando e, anche se potrebbe evitare, non rinuncia a spiegarmi, quasi avesse uno spasmodico bisogno di condividere un pesante macigno con qualcuno. "Gli abusi e le violenze. Gli assistenti sociali e la deprivazione in cui è cresciuta" accenna con un sussurro parole apparentemente sconclusionate. Poi sgrana gli occhi, più sconvolto di me e sembra ricordarsi di aver detto qualcosa che forse non doveva: "Tu non sapevi niente?"


Mi sembra di soffocare, di annaspare al buio: io non sapevo nulla. Non ho mai saputo niente. Non può essere vero! E' solo l'ennesima atroce stronzata che O'Connor si diverte ad infliggere agli altri. Provo a convincermi, ma mai e poi mai ho visto O'Connor trattenere le lacrime né ho sentito la sua voce spezzarsi. Sembra che avesse il disperato bisogno di sfogarsi con qualcuno, pur sapendo di custodire un segreto inconfessabile. Così però mi sta uccidendo. Come potevo non sapere nulla?! Romi, la mia Romi, ha passato tutto questo, si è lasciata alle spalle simili sevizie e io l'ho sempre ignorato! In un lampo istantaneo, la diffidenza, le paure e le fissazioni che la tenevano prigioniera acquistano un senso. Ora riesco a spiegarmi ogni comportamento oscuro della mia migliore amica, che ho sempre cercato di capire, ma che evidentemente non mi hai mai considerato uno scrigno sicuro per i suoi fantasmi, come invece ha fatto con O'Connor. Non ho mai conosciuto i genitori di Romi e credevo che fosse stata allontanata da quella casa perché la sua famiglia non era economicamente in grado di provvedere alle figlie. Come ho potuto essere così stupito e cieco?! Se ripenso a quello che le ho detto ieri! Alla rabbia che provavo e che mi ha reso mostruoso! Non conosco neppure la ragazza che dico di amare. Forse allora è vero che non sono quello giusto per lei.

Ricordo che un giorno Romi mi ha chiamato in preda all'angoscia, ma io non sono riuscito a calmarla, non capendone il motivo. Non ne abbiamo mai parlato, ma ricordo mi ha detto che si stava precipitando verso il fiume. Successivamente deve essere svenuta anche in quell'occasione, perché il giorno dopo non è venuta a scuola e Joe, il barista del pub, mi ha raccontato di averla trovata addormentata davanti al locale. Un ragazzo l'aveva soccorsa... Un ragazzo, cioè... lui, O'Connor! Improvvisamente tutto sembra avere un senso, tutto appare più chiaro. Sconvolto, lo fisso negli occhi.

"Ehi amico, stai bene?" O'Connor mi mette una mano sulla spalla, inaspettatamente cordiale, sporgendosi in avanti sulla sedia di plastica. Siamo seduti al tavolino sotto la veranda dell'abitazione di Romi e, mentre lei riposa all'interno, per un tempo incalcolabile ho ascoltato la voce pacata di O'Connor raccontarmi questa storia dell'orrore. Non so da quanto tempo siamo in silenzio e inizialmente non capisco il suo sguardo preoccupato rivolto alla mia espressione smorta, finchè la mia testa non comincia a girare e il mio stomaco sembra rivoltarsi.

Piegato in due, raggiungo con un paio di balzi il terreno sterrato sotto di noi. I miei Timberland risuonano sul legno della scaletta e con un tonfo raggiungono la terra, giusto in tempo per vomitare tutto questo schifo, tenendomi una mano sullo stomaco.

O'Connor, dopo qualche secondo, mi raggiunge, piega le ginocchia e mi mette nuovamente una mano sulla schiena. "Lo so" dice solo, riferendosi al fatto che tutto questo sia tanto, troppo da sopportare; che la mia amica, la ragazza preziosa che amo, abbia sofferto così tanto senza che me ne accorgessi; che sia riuscita a sopportare delle torture che non avevo mai neppure considerato come possibili.

"Grazie. Per avermelo detto. Io non sono mai riuscito a capirla. Non potevo immaginare..." provo a spiegare con voce strozzata. "Nessuno può" afferma O'Connor con una pacatezza nuova, di cui non lo credevo capace.

Ci sediamo per terra e, dopo qualche minuto, mi spiazza con una richiesta inaspettata: "Morris, io farò di tutto per tenere Romi al sicuro, ma se non dovesse bastare... Insomma una sola persona non può arrivare dappertutto e io, come non hai mai mancato di ricordarmi, sono uno che crea sempre casini. Be' so che nessuno, oltre a me, tiene a Romi quanto ci tieni tu ed è necessario che tu possa esserci sempre per lei. Mai e poi mai farei qualcosa che potrebbe coinvolgere e ferire Romi, ma se mai dovessi mandare tutto all'aria, tu dovrai essere pronto ad intervenire, specialmente ora che sai tutto quanto."

Mi prendo qualche minuto per interiorizzare il suo tono di voce grave e solenne, poi, alzando lo sguardo verso di lui, capisco finalmente quale era il vero motivo per cui sentiva la necessità di condividere con me questo segreto. Annuisco con altrettanta solennità ad un'alleanza che non mi sarei mai aspettato di stringere, ma che ora mi pare ciò che di più giusto possa esserci. 

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