Capitolo 28: Angelo custode

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Romi

Non pensavo mi potesse piacere così tanto andare in moto. Forse lo penso solo perché ero seduta dietro a Kevin sulla sella della sua motocicletta e stringevo le braccia attorno alla sua vita. Il vento che mi scompigliava i capelli mi ha permesso di rilassarmi, così ho appoggiato una guancia contro la sua schiena e ho ascoltato il suo respiro durante il tragitto di ritorno verso casa.

Il rodeo! Sono stata al rodeo! Si è trattato di un'esperienza nuova per me e mi è piaciuta a tal punto che vorrei provare a fare tante altre cose che non ho mai neppure considerato finora. Tuttavia ora la testa pare girarmi leggermente, mi sembra di non aver mai trascorso una nottata fuori casa e l'emozione di stare con Kevin è bastata a stordirmi. Adesso però subentra il timore che conosco fin troppo bene, quel leggero rimpianto che provi quanto ti risvegli da un bel sogno, uno dei pochi e rari che fai, e ti accorgi che è ormai concluso e non ti resta che assaporarne il ricordo.

Mi guardo la punta degli stivali mentre salgo la scaletta che conduce alla piccola veranda antistante la mia abitazione. Mi volto e vedo Kevin, ancora seduto in sella alla sua moto, che mi guarda dolce. "Sono stata davvero bene. Grazie" ribadisco per l'ennesima volta questa sera e lui annuisce sorridendomi. Sono ormai alla porta quando mi volto di scatto e ammetto decisa: "Non ci sto che questa serata finisca così. Insomma, non voglio che tu te ne vada." Lui sembra trattenere il fiato e poi finalmente abbassa le spalle e si lascia sfuggire un sorriso di sollievo. Parcheggia la moto e mi raggiunge in casa, togliendosi la felpa che indossa.

"Puoi sederti qui se vuoi" lo invito a sedersi a un capo del mio divano letto e io, dopo essermi tolta gli stivali, mi posiziono all'estremità opposta con le gambe incrociate. "Vuoi qualcosa da bere o da mangiare?" chiedo un po' imbarazzata, non sapendo spiegare a me stessa perché ho così tanto bisogno della sua presenza. "Hai per caso qualche altro superalcolico da offrirmi, proveniente dalla tua scorta personale?" mi prende in giro e io abbasso il capo, tentando di nascondere il rossore dietro le ciocche di capelli che mi ricadono sul viso.

"Perché vivi qui da sola?" mi chiede all'improvviso, fissando i suoi occhi nei miei. Faccio un respiro profondo, indecisa se raccontargli la mia storia oppure no; alla fine decido di fidarmi: "Io... Diciamo che me ne sono andata di casa" confesso con prudenza. Kevin sembra aspettarsi altro, così proseguo: "Non mi trovavo bene con la mia famiglia, non era uno dei posti migliori in cui stare" uso un eufemismo "e così due anni fa sono venuta a vivere qui. Conosco la famiglia di Dylan da quando sono bambina, mi hanno sempre aiutata e sono stati i miei angeli custodi nell'offrirmi questa casa in cambio di un aiuto nella gestione del villaggio" gli spiego generica. "E ti piace startene qui per i fatti tuoi? Insomma, sembra che il mondo ti intimorisca, però non hai paura a vivere da sola" commenta.

Kevin il primo con cui riesco a parlare serenamente e qualsiasi cosa lui dica, usa un tono così pacato che non mi mette in allarme, anzi, mi permette di rilassarmi ulteriormente. Non c'è mai ombra di giudizio nella sua voce, ma solo tanta tanta comprensione. Quando parlo con lui mi sento libera ed è bellissimo notare come ricordi ogni dettaglio di ciò che gli racconto.

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