Capitolo 65: Catarsi

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Kevin

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Kevin

"La catarsi, nella tragedia greca, era il momento culminante dello spettacolo, quello in cui il pubblico si fondeva con la rappresentazione teatrale, vivendo in prima persona le esperienze dei personaggi e partecipando attivamente alle loro emozioni, liberandosi così di tutti gli impulsi, le paure, i tormenti e le passioni che ognuno cova dentro di sé e che possono essere consumati solo con l'espediente della proiezione su qualcun altro" mi spiega Romi, con una voce saputella un po' buffa, mentre mi stringe i fianchi con le braccia, seduta dietro di me sulla moto.

Abbiamo percorso la strada statale che circonda la nostra cittadina, quella che costeggia il fiume. La luce del sole iniziava ad affievolirsi dietro le montagne e, durante il tragitto, ho avuto modo di godermi questo paesaggio che non osservavo da tempo, gustando la pace e la maestosità dei boschi e i rumori della natura.

Adesso guido piano attraverso strade sterrate, in una periferia selvaggia e lontana dalla nostra cittadina, quella in cui Romi mi ha raccontato di essere cresciuta. Sono un po' sulle spine, in attesa della sua reazione quando si accorgerà dove siamo diretti. Si è davvero fidata ciecamente di me quando le ho proposto di fare questo viaggio in moto senza svelarle la destinazione, ormai a sera inoltrata. Questa sua fiducia mi rende felice e orgoglioso, ma mi intimorisce anche, ritenendo di avere esagerato con questo azzardo e di averla così tradita.

Tuttavia, quando arriviamo in prossimità di quella che dovrebbe essere la strada giusta, Romi appare ancora piuttosto tranquilla o, per lo meno, persa nei suoi ragionamenti concitati riguardanti gli usi e i costumi delle civiltà classiche

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Tuttavia, quando arriviamo in prossimità di quella che dovrebbe essere la strada giusta, Romi appare ancora piuttosto tranquilla o, per lo meno, persa nei suoi ragionamenti concitati riguardanti gli usi e i costumi delle civiltà classiche. "Insomma" insiste, smontando dalla moto senza neppure guardarsi intorno: "La catarsi greca era una procedura anche piuttosto violenta e sicuramente selvaggia, del tutto disinibita. Per questo mi spaventa un po' il fatto che tutto quello che hai voluto dirmi su questo viaggio fosse il suo carattere catartico." Finalmente si interrompe e, una volta in piedi davanti a me, si liscia i pantaloni come se niente fosse, per poi fissami interrogativa.

Sono un po' spiazzato, non l'ho mai sentita parlare così tanto e normalmente direi che è un buon segno, tuttavia la situazione in cui ci troviamo ora, anzi in cui io l'ho cacciata, spinto dalla mia caparbietà, potrebbe suggerire il contrario.

Senza dire una parola, allargo le braccia invitandola a guardarsi intorno. "Be', che c'è?" chiede quasi indispettita: "Lo so, l'ho capito: siamo proprio nel quartiere periferico dove vivevo e non credere che io non sia piuttosto agitata nel trovarmi qui, quello che mi chiedo è: perché mi ci hai voluta portare?"

Si guarda intorno e, tutta la parlantina e l'apparente sangue freddo che dimostrava, vengono meno quando Romi si rende conto di non trovarsi semplicemente nel suo vecchio quartiere, ma proprio all'imbocco della via che conduce alla sua vecchia casa, che sua madre le ha riferito essere ora disabitata. Infatti, da quello che Romi mi ha riferito riguardo la conversazione avuta con la madre, dopo che suo padre è stato lasciato dalla moglie se ne è andato, recandosi in una vecchia baita sui monti, dove probabilmente verrà raggiunto dagli assistenti sociali, per fargli accettare le cure di cui necessita. 

Romi ora ha lo sguardo sbarrato e le labbra schiuse: "Kevin, perché lo hai fatto? Perché proprio qui? Voglio andare via, subito! Avevo giurato di non tornarci più!" Ecco che il panico ha la meglio su di lei. Così, scendo anche io dalla moto e provo a calmarla: "Romi, ti prego, fidati" continuo a ripeterle. "E' la tua occasione per mandare davvero affanculo il tuo passato e lasciartelo alle spalle, per poter ricominciare l'anno prossimo alla US Central, finalmente libera. Si tratta di compiere ciò che io ho fatto assistendo alla Cerimonia in onore di mio padre durante le vacanze, quando tu mi sei stata accanto e mi hai stretto la mano senza mai lasciarla, mentre dicevo addio a mia sorella per poter tornare a guardare negli occhi i miei genitori" provo a convincerla.

Romi mi ascolta in silenzio e il suo respiro affannato sembra calmarsi. Dopo qualche minuto di riflessione annuisce in silenzio e insieme risaliamo a bordo della mia moto per raggiungere quella casa degli orrori. Fermo la motocicletta a diversi metri di distanza dall'abitazione, che sorge isolata tra alcune piante e strade sterrate. Romi mi guarda, quasi chiedendomi cosa deve fare ora, cosa mi aspetto da lei, ma la verità è che deve capire lei cosa aspettarsi da se stessa, provare a capire, a sentire quello di cui ora ha davvero bisogno.

Fissa la casa, con occhi che vagano impazziti e che sembrano tenere prigioniero un fiume di parole, le quali non hanno il coraggio di uscire. "Sei qui con me Romi, sei al sicuro adesso. Questo è il passato: non ti riguarda più, tu lo hai attraversato e ne sei sopravvissuta e il merito è stato solo tuo. A quello che è successo qui tu non devi nulla, quindi non permettergli di avere alcun potere su di te" le sussurro.

Romi tiene lo sguardo fisso davanti a sé e continua ad annuire con un'espressione dura e ferma. "Hai ragione" pronuncia poi con un filo di voce. "Io non devo niente a nessuno, quello che sono lo sono diventata con le mie forze e anche se sono ancora lacerata dalle ferite che mi hanno lasciato, sono ancora qui, in piedi. Sono sopravvissuta e vado avanti" dice a se stessa alzando la voce: "Quindi vaffanculo al passato e ha quello che ho vissuto, perché io non sono niente di tutto ciò. Hai capito?! Adesso sono libera!" grida rivolta a quella casa malridotta, trascurata, disabitata e morta, che traspare dall'oscurità della notte grazie alla luce fioca di alcuni lampioni. Urla, Romi. Allontana il dolore! – la incito silenziosamente, senza neppure smontare dalla sella. "Vaffanculo! Io non sono questo schifo! Vaffanculo!" continua a gridare con voce roca, con un impeto incredibile per il suo corpicino piccolo. Grida, grida, grida per non so quanto, e le sue urla si confondono presto con le lacrime e il pianto, ma la voce non viene meno; nessuno può più metterla a tacere.

Dopo un po' rimetto in moto e comincio a dare gas, facendo sì che il rombo del motore si unisca alle sue grida e che il baccano possa distruggere tutti i demoni che infestano questo posto, assordarli, ucciderli con le stesse paure di cui sono autori.

Quando la voce di Romi si affievolisce, ci allontaniamo rapidamente, lasciando che il vento asciughi le sue lacrime e permetta a entrambi di riprenderci da una catarsi, emblema della vita, che abbiamo attraversato indenni. Insieme.

LA VITA E' COME TE LA FAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora